Sicuramente molti svizzeri, ma soprattutto molti stranieri si saranno domandati più d’una volta perché in Svizzera il tema dello straniero, dell’immigrato, è sempre d’attualità. La risposta non può essere semplice, come dimostra proprio il fatto che si tratta di un tema ricorrente fin dalla costituzione della moderna Confederazione (1848). Inoltre, il tema è talmente vario, con connotazioni diverse, che non può avere di per sé un’unica risposta definitiva.
Immigrazione: una costante fin dal 1848
Chi conosce, anche sommariamente, la storia di questo Paese
sa bene quanto sia cambiata nel tempo la politica migratoria svizzera, in
funzione non solo delle esigenze dell’economia, ma anche della società. Negli
ultimi decenni dell’Ottocento e agli inizi del Novecento la Svizzera aveva
bisogno di un certo tipo di manodopera, per la realizzazione delle grandi
infrastrutture ferroviarie. Ne aveva talmente bisogno che le frontiere con i
Paesi vicini erano aperte e chiunque poteva facilmente passarla in cerca di
lavoro. Nonostante la proporzione degli stranieri avesse raggiunto livelli
molto elevati per quei tempi (fino al 15,5%), fino allo scoppio della prima
guerra mondiale non venne mai presa in considerazione la possibilità di chiudere
le frontiere e lasciar passare solo contingenti limitati di stranieri.
Tra la prima e la seconda guerra mondiale l’immigrazione si
ridusse spontaneamente a causa delle guerre e delle crisi e ciononostante la
Svizzera cominciò a introdurre limitazioni varie agli ingressi e al soggiorno
degli stranieri. Dopo la seconda guerra mondiale, grazie all’eccezionale
sviluppo dell’economia svizzera, i flussi migratori s’intensificarono fino a
suscitare le note reazioni dei movimenti xenofobi degli anni ’60 e ’70, che portarono
a numerose votazioni, che si conclusero tuttavia sempre senza grossi danni.
L’iniziativa Ecopop
In realtà anche dopo l’uscita di scena dei vari
Schwarzenbach, Oehen e compagni le votazioni concernenti gli stranieri non sono
mai terminate. L’ultima, per il momento, potrebbe aver luogo ancora quest’anno
e verterà sull’iniziativa popolare denominata «Stop alla sovrappopolazione – sì
alla conservazione delle basi naturali della vita», meglio conosciuta come iniziativa
Ecopop.
Secondo questa iniziativa, il
numero di residenti in Svizzera dovrebbe essere «compatibile con la
conservazione a lungo termine delle basi naturali della vita». Per raggiungere
questo obiettivo, «in Svizzera la popolazione residente permanente non può
crescere in seguito a immigrazione di oltre lo 0,2 per cento annuo [ossia circa 16.000 persone] nell’arco di tre anni». L'iniziativa
chiede in pratica una nuova politica d’immigrazione basata su tetti massimi, su
un’adeguata «pianificazione familiare volontaria» e altre misure a carico della
Confederazione.
Il Consiglio federale ha
proposto di respingerla e altrettanto hanno fatto di recente le Camere federali.
Molto probabilmente sarà spazzata via dal Popolo e dai Cantoni, ma guai a
prenderla sottogamba, perché anche un’alta percentuale di voti favorevoli
rappresenterebbe una ulteriore difficoltà alla politica federale in questa
delicata materia, soprattutto dopo il voto del 9 febbraio scorso sulla
limitazione dell’immigrazione.
Autoaffermazione della
Svizzera
Ma, tornando alla domanda iniziale, perché il tema
dell’immigrazione è così presente nella politica interna ed estera svizzera?
Credo che tutta la storia della moderna Confederazione confermi quanto più
volte affermato in questa rubrica, ossia l’assoluta necessità per gli svizzeri
di rafforzare la propria identità e coesione «nazionale» e nell’essere
riconosciuti liberi e indipendenti soprattutto dai Paesi confinanti. Si tratta,
insomma, di una sorta di autoaffermazione, che mal si concilia, ad esempio, col
principio della «libera circolazione» delle persone, non appena questa rischia
di essere o anche solo di apparire incontrollabile e ingestibile. Per questo,
approvando l’iniziativa popolare del 9 febbraio scorso, ha voluto fissare nella
Costituzione in modo chiaro e netto che « la Svizzera gestisce autonomamente
l’immigrazione degli stranieri» (art. 121a, cpv. 2).
La Svizzera cerca di avere buoni rapporti con tutti, soprattutto
con i Paesi vicini, ma rifiuta qualsiasi forma di adesione a patti troppo
stretti e vincolanti, riduttivi della propria sovranità, come potrebbe essere
l’adesione all’Unione Europea. Per questo ha istituzionalizzato la «democrazia
diretta» attribuendo al Popolo la piena sovranità statale. Ha scelto la
neutralità nei confronti degli Stati belligeranti, ma anche di dotarsi di un
esercito ben equipaggiato e credibile per potersi difendere da qualsiasi
aggressore.
Con questo spirito sorveglia attentamente le proprie frontiere,
non perché si aspetti da un momento all'altro eserciti aggressori, ma perché
attraverso di esse passano o tentano di passare, oltre alle merci e alle
persone in regola con le leggi, anche trafficanti, gruppi di clandestini,
passatori e delinquenti vari insieme a droghe, merci contraffatte, valuta di
dubbia provenienza, merci di contrabbando, ecc. Recentemente l’Ufficio federale
di polizia ha messo in guardia anche contro i tentativi della criminalità
organizzata italiana di insediarsi anche in Svizzera.
Rispetto della Costituzione e del Popolo
Gli svizzeri sembrano consapevoli anche del pericolo non
tanto della «sovrappopolazione», quanto piuttosto di un’immigrazione
incontrollata e per questo sembrano più che mai decisi a volere un controllo
più attento anche sugli stranieri. Si rendono conto sicuramente anche delle
difficoltà che potrebbe procurare all’economia svizzera il voto del 9 febbraio
scorso «contro l’immigrazione di massa», ma hanno fiducia che il Consiglio
federale sia in grado di gestire una nuova forma controllata d’immigrazione in
funzione dei bisogni, reintroducendo i «contingenti» anche per i frontalieri e per
tutte le categorie di immigrati a partire da un soggiorno in Svizzera di 4
mesi.
Qualche giorno fa, prima di presentare alla stampa il
progetto di attuazione della norma costituzionale voluta da Popolo e Cantoni e
forse per prevenire qualche domanda magari ovvia ma prematura sulle reazioni
dell’Unione Europea (UE), la consigliera federale Simonetta Sommaruga ha
affermato senza mezzi termini che oggi quello che fa stato è la Costituzione. Con
questa affermazione voleva probabilmente affermare che in questo momento al
Consiglio federale non interessa nemmeno tanto la reazione di Bruxelles, quanto
il rispetto della volontà popolare. Starà poi al governo il compito di rinegoziare
gli accordi con l’UE e a seconda del risultato eventualmente riconsultare il
Popolo sovrano. E il popolo svizzero attende consapevole e fiducioso.
Immigrazione e integrazione
La politica immigratoria svizzera non è tuttavia solo controllo,
limitazione, contingentamento. Essa mira anche, nei confronti dei residenti
stabili, all’integrazione e alla naturalizzazione. Il concetto di integrazione
è ormai ben radicato nella legislazione e nella politica, ma si fa molto anche
nella pratica. L’integrazione è un punto qualificante della politica migratoria
svizzera e d’ora in poi anche della procedura di naturalizzazione ordinaria.
Nei giorni scorsi infatti il Parlamento ha adottato una
nuova legge sulla cittadinanza. Da ora in poi sarà se non più facile certamente
più chiara la procedura per la naturalizzazione. Occorreranno il possesso del
permesso di domicilio e 10 anni di soggiorno in Svizzera per poter chiedere il
passaporto elvetico. Un periodo, secondo il governo, generalmente sufficiente a
garantire un buon livello d’integrazione, che è la condizione principale per
ottenere la cittadinanza svizzera.
Altre condizioni sono una certa integrazione «vissuta»,
dimostrata ad esempio da una certa familiarità con i modi di vita svizzeri, ma
soprattutto dalla capacità di comunicare con gli altri (conoscenza di almeno
una lingua nazionale), oltre che, naturalmente dal rispetto delle leggi e dei
valori della Costituzione federale. Naturalmente, come finora, l’acquisizione
della cittadinanza comporterà anche un certo costo, tanto per ricordare ai
futuri candidati: «pas d’argent, pas de Suisse».
Giovanni Longu
Berna, 25.06.2014
Berna, 25.06.2014
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