Il successo della nuova politica immigratoria svizzera, finalizzata
in ultima analisi all’integrazione dei residenti, sarebbe stato garantito solo se
le due componenti principali, quella svizzera e quella italiana (di gran lunga
maggioritaria tra gli stranieri), avessero collaborato intensamente non solo alla
rimozione di vecchi pregiudizi e luoghi comuni (cfr. articolo precedente) ma
anche alla creazione delle condizioni indispensabili per costruire insieme un’efficace
integrazione ed effettive possibilità di sviluppo almeno per le nuove
generazioni di stranieri. Entrambi i compiti apparvero fin dagli anni Settanta
alquanto impegnativi e non privi di ostacoli, alcuni in particolare.
Rigidità delle posizioni sugli stagionali
Uno dei principali ostacoli alla collaborazione
italo-svizzera era costituito dalla rigidità delle posizioni riguardanti lo
statuto dello stagionale. Nonostante fosse chiaro fin dal negoziato per
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Negli anni '70 l'apprendimento della lingua locale divenne fondamentale soprattutto per i giovani (Foto Cisap) |
Forse si sarebbe ottenuto di più se si fosse insistito maggiormente
su un più efficace controllo dei veri stagionali e sui rimedi possibili alla
condizione dei cosiddetti «falsi stagionali», su una maggiore flessibilità
nella trasformazione dei permessi stagionali in annuali, tenendo conto della sicurezza
del lavoro degli interessati e della reale durata dell’impiego nell’arco
dell’anno, sul miglioramento delle condizioni abitative, ecc.
Saranno soprattutto la trasformazione del mondo del lavoro, il
maggiore coinvolgimento dei sindacati e degli ispettorati del lavoro, la
concorrenza internazionale, l’accresciuta sensibilità delle istituzioni e dei
cittadini svizzeri a indurre le autorità federali e cantonali a migliorare nel
tempo le condizioni generali degli stagionali. Di fatto, nel periodo in esame
1970-1990, il numero degli stagionali (italiani) è andato via via riducendosi,
da 175.496 (italiani: 101.555) a 121.704 (13.470)
Comunicazione e conoscenza reciproca
Un altro ostacolo da superare preliminarmente per migliorare
la reciproca conoscenza era l’incomunicabilità, dovuta soprattutto alle carenze
linguistiche degli immigrati. E’ vero che il Nello
Celio, inaugurando nel 1972 il moderno laboratorio linguistico del
CISAP, aveva auspicato che molti più connazionali imparassero l’italiano, ma è
evidente che sarebbe stato logico che molti più italiani imparassero la lingua
locale, tedesco o francese.
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N.Celio all'inaugurazione del laboratorio linguistico del Cisap (1972). |
Purtroppo i corsi di lingua per immigrati all’epoca erano
rari e scarsamente frequentati, per cui la comunicazione, per altro sempre più
richiesta non solo sul lavoro, ma anche in ambito scolastico, amministrativo, sociale,
avveniva ancora a fatica. Molti genitori cominciarono a rendersi conto della
necessità di una certa conoscenza della lingua locale quando i loro figli
cominciarono a frequentare l’asilo e la scuola. Per meglio seguirli era
indispensabile un contatto diretto con gli insegnanti, ma anche con altri
genitori.
Bisogna tuttavia riconoscere che molti genitori seppero costituire
c
omitati molto efficienti con funzioni di sostegno, di aggregazione, di
formazione, di organizzazione di doposcuola, ecc. Molti bambini trovarono in
loro una valida intermediazione con la scuola e un sostegno nella prima esperienza
d’integrazione.
L’adesione ai sindacati svizzeri
Un terzo ostacolo che dovettero superare molti italiani che
avevano deciso di restare in Svizzera dopo la crisi del 1974-76 era la loro
scarsa adesione ai sindacati svizzeri. La gravità della crisi e le conseguenze
disastrose specialmente per i lavoratori privi di un’assicurazione contro la
disoccupazione e dell’assistenza dei sindacati fece aprire gli occhi a molti
italiani. Apparve chiaro, infatti, che solo i sindacati svizzeri e non quelli
italiani o qualche associazione di immigrati erano i migliori interlocutori dei
datori di lavoro e delle autorità. L’adesione ai sindacati divenne negli anni
Settanta un’esigenza non solo di un generale senso di solidarietà tra
lavoratori, ma anche un investimento che, come si vedrà in altro articolo,
tornerà di grande utilità anche per gli immigrati. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 24.06.2020
Berna, 24.06.2020