In questi tempi turbati dagli orrori di molte guerre, che evidenziano quanto odio e quanta ingiustizia ci siano ancora nel mondo, invano s’invocano le «Convenzioni di Ginevra» perché venga rispettato almeno il diritto umanitario internazionale. L’opinione pubblica è sconvolta da quel che avviene in Ucraina, nel Vicino Oriente e in altre parti del pianeta, ma non riesce a mobilitarsi contro i veri responsabili di crimini di guerra. Talvolta si ha l’impressione che trincerandosi dietro un senso d’impotenza, di fatto si voglia lasciare ad altri il compito di denunciarli, per esempio all'ONU, alla UE, al Papa o a qualche governo influente. Del resto è difficile escludere che questo senso d’impotenza nasconda una diffusa indifferenza e acquiescenza di fronte alla presunta inevitabilità della guerra.
Necessità di una presa di coscienza universale
Purtroppo, anche quando si richiamano le Convenzioni di
Ginevra, adottate soprattutto per proteggere le popolazioni civili, si dà per
scontato che le guerre siano inevitabili, benché tutti aspirino a vivere in
pace. Eppure è difficile dar torto a Papa Francesco,
quando sostiene che «la guerra è sempre una sconfitta», che «non dobbiamo
abituarci alla guerra, a nessuna guerra» e che «non dobbiamo permettere che il
nostro cuore e la nostra mente si anestetizzino davanti al ripetersi di questi
gravissimi orrori contro Dio e contro l'uomo».
Manca evidentemente la volontà comune di estirpare la guerra
non solo dai vocabolari di tutto il mondo, ma anche e soprattutto dalle
coscienze di quanti non hanno ancora recepito i nuovi orientamenti del diritto internazionale
basato sui diritti delle persone prima che sul diritto degli Stati. Una falsa
coscienza patriottica impedisce ancora di superare il vecchio principio dell’integrità
territoriale degli Stati e di accettare principi come la soluzione pacifica
delle controversie internazionali, l’uguaglianza dei popoli, il
rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza
distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione, ecc.
Le Convenzioni di Ginevra
Le Convenzioni di Ginevra, di cui ricorre quest’anno il 74°
anniversario della loro adozione, hanno sempre ricordato ai belligeranti alcune
esigenze minime nel condurre le operazioni militari, ma non sono ancora
riuscite a indurli a risolvere pacificamente le controversie, evitando l’uso
delle armi. Eppure, per citare ancora Papa Francesco, «la pace è sempre
possibile», basta cercarla e volerla! Ma basterebbe anche solo ricordare
l’origine di quelle Convenzioni. La prima e la seconda guerra mondiale avevano prodotto
decine di milioni di vittime militari e civili, intere generazioni di giovani decimate,
nazioni devastate dalle distruzioni e dalle lacerazioni profonde nel tessuto
sociale, popolazioni ridotte alla fame e costrette ad emigrare.
Di fronte a questi disastri umani, su invito del Consigliere
federale Max Petitpierre, nel 1949 si
riunirono a Ginevra i rappresentanti di molti Paesi per cercare strumenti
efficaci di protezione delle vittime della guerra. Furono discusse e firmate
quattro Convenzioni (note appunto come Convenzioni di
Ginevra), che impegnano gli Stati belligeranti a rispettare la dignità
dei combattenti, a proteggere le strutture sanitarie (ospedali, posti di
soccorso, infermerie, ambulanze, ecc.), il personale medico e paramedico, in
particolare i malati e i feriti, ad assistere, curare e rispettare i
prigionieri, a proteggere da atti di violenza e dall'arbitrio i civili che si
trovano in mano nemica o in territorio occupato.
A distanza di 74 anni, nessuno può negare la necessità e
l’utilità di quelle Convenzioni nei conflitti armati, ma non si può dimenticare
che si tratta di misure «curative». E’ tempo di porre mano a misure
«preventive» e non c’è dubbio che l’opinione pubblica può determinare la
volontà delle Nazioni Unite e degli Stati membri ad adottarle e a farle
rispettare.
Giovanni Longu
Berna 6.12.2023