06 dicembre 2023

ANNIVERSARI: 5. 1949-2023: Le Convenzioni di Ginevra necessarie e utili, ma insufficienti

In questi tempi turbati dagli orrori di molte guerre, che evidenziano quanto odio e quanta ingiustizia ci siano ancora nel mondo, invano s’invocano le «Convenzioni di Ginevra» perché venga rispettato almeno il diritto umanitario internazionale. L’opinione pubblica è sconvolta da quel che avviene in Ucraina, nel Vicino Oriente e in altre parti del pianeta, ma non riesce a mobilitarsi contro i veri responsabili di crimini di guerra. Talvolta si ha l’impressione che trincerandosi dietro un senso d’impotenza, di fatto si voglia lasciare ad altri il compito di denunciarli, per esempio all'ONU, alla UE, al Papa o a qualche governo influente. Del resto è difficile escludere che questo senso d’impotenza nasconda una diffusa indifferenza e acquiescenza di fronte alla presunta inevitabilità della guerra.

Necessità di una presa di coscienza universale

Si può comprendere don Abbondio nei Promessi Sposi del Manzoni, che di fronte al rimprovero del cardinale Federico Borromeo di essere venuto meno ai suoi doveri cerchi di giustificare le sue paure dicendo che «il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare»; infatti il povero prete rischiava davvero. Ma come si può comprendere che le nostre società, securizzate da servizi d'«intelligence» efficienti, da potenti sistemi di difesa e da alleanze militari superdotate, accettino che continui la guerra devastante in Ucraina con centinaia di migliaia di morti e una regione altamente popolata come la Striscia di Gaza sia rasa al suolo con migliaia di morti? Come si può non denunciare che la guerra è una violazione evidente dei diritti umani, del diritto alla vita, del diritto alla prosperità comune?

Purtroppo, anche quando si richiamano le Convenzioni di Ginevra, adottate soprattutto per proteggere le popolazioni civili, si dà per scontato che le guerre siano inevitabili, benché tutti aspirino a vivere in pace. Eppure è difficile dar torto a Papa Francesco, quando sostiene che «la guerra è sempre una sconfitta», che «non dobbiamo abituarci alla guerra, a nessuna guerra» e che «non dobbiamo permettere che il nostro cuore e la nostra mente si anestetizzino davanti al ripetersi di questi gravissimi orrori contro Dio e contro l'uomo».

Manca evidentemente la volontà comune di estirpare la guerra non solo dai vocabolari di tutto il mondo, ma anche e soprattutto dalle coscienze di quanti non hanno ancora recepito i nuovi orientamenti del diritto internazionale basato sui diritti delle persone prima che sul diritto degli Stati. Una falsa coscienza patriottica impedisce ancora di superare il vecchio principio dell’integrità territoriale degli Stati e di accettare principi come la soluzione pacifica delle controversie internazionali, l’uguaglianza dei popoli, il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione, ecc.

Le Convenzioni di Ginevra

Le Convenzioni di Ginevra, di cui ricorre quest’anno il 74° anniversario della loro adozione, hanno sempre ricordato ai belligeranti alcune esigenze minime nel condurre le operazioni militari, ma non sono ancora riuscite a indurli a risolvere pacificamente le controversie, evitando l’uso delle armi. Eppure, per citare ancora Papa Francesco, «la pace è sempre possibile», basta cercarla e volerla! Ma basterebbe anche solo ricordare l’origine di quelle Convenzioni. La prima e la seconda guerra mondiale avevano prodotto decine di milioni di vittime militari e civili, intere generazioni di giovani decimate, nazioni devastate dalle distruzioni e dalle lacerazioni profonde nel tessuto sociale, popolazioni ridotte alla fame e costrette ad emigrare.

Di fronte a questi disastri umani, su invito del Consigliere federale Max Petitpierre, nel 1949 si riunirono a Ginevra i rappresentanti di molti Paesi per cercare strumenti efficaci di protezione delle vittime della guerra. Furono discusse e firmate quattro Convenzioni (note appunto come Convenzioni di Ginevra), che impegnano gli Stati belligeranti a rispettare la dignità dei combattenti, a proteggere le strutture sanitarie (ospedali, posti di soccorso, infermerie, ambulanze, ecc.), il personale medico e paramedico, in particolare i malati e i feriti, ad assistere, curare e rispettare i prigionieri, a proteggere da atti di violenza e dall'arbitrio i civili che si trovano in mano nemica o in territorio occupato.

A distanza di 74 anni, nessuno può negare la necessità e l’utilità di quelle Convenzioni nei conflitti armati, ma non si può dimenticare che si tratta di misure «curative». E’ tempo di porre mano a misure «preventive» e non c’è dubbio che l’opinione pubblica può determinare la volontà delle Nazioni Unite e degli Stati membri ad adottarle e a farle rispettare. Se si è in pochi ad invocare la pace e la giustizia, quell'invocazione è come una voce che grida nel deserto; ma se è una moltitudine a reclamarle a gran voce è come un vento che scuote la foresta rigogliosa ma intorpidita.

Giovanni Longu
Berna 6.12.2023