Nei due ultimi articoli si faceva notare sia l’estraneità tradizionale degli emigrati alla politica attiva e sia il tentativo di attivisti, spesso appositamente venuti dall'Italia, di farne una forza in grado d’influire sulle decisioni del governo italiano in materia di emigrazione. Fatta salva la buona fede della quasi totalità degli emigrati aderenti ai partiti e alle associazioni che si incaricavano di questa specie di «missione», non si possono non riconoscere in queste organizzazioni limiti ed errori anche gravi. Per esempio, di non aver capito che qualunque battaglia s’intendesse compiere in Svizzera in favore degli immigrati, per aver successo non poteva prescindere dalle istituzioni svizzere più vicine agli stranieri: alcuni partiti politici, i sindacati svizzeri e le chiese (comprese le Missioni cattoliche italiane).
Visione parziale della realtà
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Spesso gli italiani hanno ridotto l’attività
politica al diritto di voto comunale, trascurando altre forme di partecipazione (nei partiti, gruppi di lavoro, ecc.) |
Il compito principale
di alcune organizzazioni sembrava, da una parte, quello di intercettare il
malessere di molti immigrati e di inoltrare alle autorità italiane proteste e
rivendicazioni e, dall'altra, quello di mantenere alto il senso di appartenenza
all'Italia di tutti gli italiani. Fu relativamente facile trasmettere al
governo elementi del disagio e ottenere alcuni diritti, per esempio il diritto
di voto all'estero. A molti lavoratori italiani in età pensionabile risultò
sicuramente utile anche l’informazione sui diritti pensionistici in Italia e in
Svizzera e ai possessori di case l’informazione sui relativi diritti e doveri e
possibili agevolazioni.
Per molti immigrati fu
un successo anche essere riusciti a ottenere una rappresentanza di deputati e
senatori nel Parlamento italiano, il rafforzamento dei patronati, il
potenziamento del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE), la
valorizzazione dei Comitati degli italiani residenti all'estero (Comites), la
possibilità di attivare un’infinità di contatti con esponenti politici
italiani, ecc.
Dei ragazzi della
seconda generazione in età scolastica erano in molti, dall'ambasciata alle
associazioni dei genitori, a preoccuparsi che non perdessero le conoscenze
basilari della lingua e della cultura italiana; ma quanti s’interessavano al
loro grado d’integrazione nella scuola svizzera locale, alla loro capacità di
superare la selezione tra i vari tipi di scuola con esigenze variabili, al loro
orientamento scolastico e professionale, alla valorizzazione del loro
bilinguismo e biculturalismo, al loro potenziale d’innovazione nella società
svizzera e nei rapporti bilaterali tra l’Italia e la Svizzera, ecc.? Non poteva
fare di più la politica italiana?
Scarsa efficacia rivendicativa in Svizzera
Non vanno certamente sottovalutate le difficoltà delle organizzazioni degli
immigrati (italiani) d’intervenire nel mondo della politica, del sindacalismo,
dell’associazionismo svizzeri, ma non si può nemmeno negare che i tentativi
d’intervento, soprattutto ad alto livello, sono stati scarsi. Per decenni gli
italiani sono stati più assenteisti che partecipi nelle commissioni e nei
gruppi di lavoro misti, preferendo agire sul versante (solo) italiano
attraverso il Comitato nazionale d’intesa (CNI), Comitati cantonali e cittadini
d’intesa, Comites.
Talvolta i «politici» italiani non erano presi sul serio dalla Svizzera perché,
sottovalutando i problemi, le difficoltà istituzionali e la psicologia di massa
invocavano per esempio il diritto di voto agli stranieri in quanto
contribuenti, ma non incoraggiavano la naturalizzazione e non favorivano la
partecipazione dei naturalizzati nelle organizzazioni degli stranieri.
Considerando i sindacati svizzeri poco efficaci nella lotta e più vicini ai
padroni che ai lavoratori stranieri, per molto tempo grandi associazioni di
immigrati non hanno incoraggiato la sindacalizzazione, preferendo affidarsi a
strutture similari italiane. Un atteggiamento analogo è stato tenuto in ambito
ecclesiale, in cui agli sforzi d’integrazione nella chiesa locale si è spesso
preferito l’ambiente più rassicurante delle Missioni cattoliche italiane.
Anche in altri campi le organizzazioni italiane si sono rifugiate nell'autoreferenzialità
piuttosto che impegnarsi a stabile contatti e avviare collaborazioni, ma gli
esempi citati sono sufficienti per evidenziare limiti e talvolta pregiudizi
nell'atteggiamento politico di molti italiani. Per completare il quadro sarà
comunque analizzato nel prossimo articolo anche lo scarso contributo delle
stesse organizzazioni alla valorizzazione della lingua italiana e
dell’italianità in generale. (Segue)
Giovanni Longu
Berna 29.06.2022