Nell'Europa del XVI e XVII secolo, mentre si andava esaurendo la spinta innovativa dell’Umanesimo e del Rinascimento, cominciavano a svilupparsi i particolarismi degli Stati nazionali «sovrani», basati sul diritto delle popolazioni omogenee (specialmente per lingua, religione e cultura) di evolversi autonomamente sul territorio dove abitavano. La Riforma protestante, il nazionalismo, la debolezza del Sacro Romano Impero e della Chiesa favorivano tale tendenza ed escludevano, di fatto, qualsiasi possibilità di unione degli Stati europei. Sembrava tramontare per sempre pure la possibilità, in caso di bisogno, di raggiungere un'unità d’intenti e l’organizzazione necessaria. Inoltre, dopo il «Grande Scisma», Oriente e Occidente evolvevano differentemente e un loro avvicinamento appariva utopistico.
Chiesa
in difesa
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Europa nel XVI e XVII secolo. |
Ben
diversa si presentava la situazione in Oriente, dove lo zar disponeva di un’autorità
incontrastata anche sull'organizzazione ecclesiastica. Dopo la Pace di Augusta
(1555), anche i capi di governo occidentali divennero in alcune aree
(specialmente nell'Europa settentrionale) determinanti sulla confessione
religiosa delle loro popolazioni, ma il loro potere al confronto con quello
degli zar di Russia era quasi irrilevante.
Venendo
meno il ruolo-guida della Chiesa, in Occidente si affermavano i vari
nazionalismi, che portarono alla creazione di grandi Stati (spesso coloniali) o
alla formazione di signorie e principati e all'indipendenza di piccoli Stati,
come certi Cantoni svizzeri e alcuni Comuni rivieraschi italiani, francesi,
spagnoli, germanici. In un’Europa così frammentata, l’idea di un’unione di
Stati o di popoli ad ampio raggio sarebbe apparsa utopistica.
Dal
canto suo, la Chiesa di Roma pensava a curarsi le ferite e a organizzare le
proprie difese contro gli attacchi di riformatori ed eretici, istituendo nel 1542
l’Inquisizione romana, convocando
un concilio della Controriforma (Concilio di Trento, svoltosi tra il 1545 e
il 1563) e incaricando di difendere la fede cristiana teologi ben preparati e
combattivi, soprattutto Domenicani e Gesuiti.
Divario
crescente tra Occidente e Oriente
Intanto, mentre nell'Europa occidentale crescevano i particolarismi, in Oriente lo zar poteva decidere persino di far costruire dal nulla una nuova capitale. Inoltre, mentre in Occidente gli Stati erano perennemente in competizione fra loro e alla ricerca di alleanze, compromessi, accordi nel tentativo, spesso vano, di evitare la guerra, ad Oriente l’espansione della Russia in tutte le direzioni era praticamente incontrastata. I tentativi di imporre qualche freno, per esempio da parte dei lituani, dei polacchi o degli ottomani, non avevano effetto.
L’impero
russo, sempre più grande e saldamente centralizzato, benché avesse la parte più
estesa del suo territorio in Asia, non intendeva perdere l’aggancio all'Europa,
essenzialmente per due ragioni: per il fascino e la modernità provenienti in
particolare da alcuni Paesi (Italia in primis) e per una sorta di
missione religiosa di cui la Russia si sentiva investita.
Lo
zar Pietro il Grande e la zarina Caterina II, introducendo l'«europeità»
nel loro vasto Impero, attraverso lo splendore rinascimentale della nuova
capitale Pietroburgo, in sostituzione di Mosca, intendevano verosimilmente non
solo creare una città moderna e bella, ma anche legare l’Impero
indissolubilmente all'Occidente, ritenuto simbolo della modernità, in
contrapposizione alla Moscovia medievale.
Pietroburgo, inoltre, non doveva essere solo la degna capitale
di un grande Impero, ma anche la capitale vivente della Cristianità, riconoscibile
già dal nome («città di san Pietro») in continuità ideale con la «prima Roma»,
capitale dell’Impero Romano, e con la «seconda Roma», madre della Chiesa
d’Oriente e sede del patriarcato di Costantinopoli, e antagonista della Roma
dei Papi.
Giovanni Longu
Berna, 3.4.2024