Se il linguaggio dei media fosse più franco,
oggi parlerebbe senza mezzi termini della diffusione in Europa di una
pericolosissima epidemia, fatta di nazionalismo, populismo, giustizialismo, radicalizzazione,
xenofobia, tanti mali che rischiano di cronicizzarsi come l’evasione fiscale,
lo sperpero di denaro pubblico, la corruzione, la disattenzione al bene comune,
la marginalizzazione dei più deboli e altro ancora. L’Italia da alcuni anni
sembra volersi candidare a campione di tutto ciò senza riuscire a produrre al
suo interno gli anticorpi necessari a combattere questa grave malattia. La
prima cura dovrebbe consistere nella franchezza del linguaggio, nella denuncia
di ciò che è inaccettabile e pericoloso e nella proposta di rimedi efficaci a
breve e a medio termine.
La situazione italiana: un problema per
l’Europa

Si rende conto Giuseppe Conte che su
questa strada il suo governo non fa che alimentare sospetti e rischia
l’isolamento in Europa? Si rende conto che se Mario Draghi, Governatore
della Banca centrale europea (BCE), afferma pubblicamente che le dichiarazioni
populiste del governo hanno già fatto danni all'Italia, si sta andando davvero sulla
cattiva strada? Se poi si aggiunge anche la dichiarazione del Commissario agli
Affari Monetari della Commissione europea Pierre Moscovici («L’Italia è
oggi un problema, deve essere credibile, con un bilancio credibile»), che fa il
presidente Conte per salvaguardare l’immagine dell’Italia? Tanto più che il
commissario europeo aveva poco prima denunciato il clima che si respira oggi in
Europa, «che assomiglia molto agli anni Trenta», perché, se è vero che «non c’è
Hitler», ci sono «forse dei piccoli Mussolini».
Perché Conte non è intervenuto a commentare
l’intervento di Moscovici? O ha preferito condividere i commenti stizziti dei
suoi vicepremier Luigi Di Maio («L’atteggiamento da parte di alcuni
commissari europei è inaccettabile […] Dall’alto della loro Commissione si
permettono di dire che in Italia ci sono tanti piccoli Mussolini») e Matteo
Salvini («Il commissario UE Moscovici si sciacqui la bocca prima di
insultare l’Italia, gli italiani e il loro legittimo governo»)? Si è mai
chiesto il presidente Conte dove vuole condurre l’Italia, a stare saldamente in
Europa o nell’isolamento?
Provo difficoltà a comprendere come gran parte
dei media italiani sembrino non accorgersi del danno d’immagine che Di Maio e
soprattutto Salvini stanno procurando all’Italia col loro atteggiamento
populista e xenofobo in Europa e nel mondo. Trovo particolarmente deleteri i
loro continui scontri con alcuni Paesi europei, con le istituzioni europee, con
le Organizzazioni non governative (ONG) operanti nel Mediterraneo per il
salvataggio dei profughi e persino con l’Alto Commissariato dell'ONU per i
diritti umani e l’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati. Ritengo
pericolosissime anche le scelte di campo del ministro Salvini con l’estrema
destra di alcuni Paesi. Mi chiedo se l’Italia si meriti tutto ciò.
Il vice Luigi Di Maio: che figura!
Che il governo Conte non si esprima quasi mai con
voce unanime è ormai notorio. Il silenzio del capo del governo su alcune
esternazioni dei due vicepresidenti Salvini e Di Maio non aiuta tuttavia a
capire quanto lui sia consenziente e quanto in disaccordo. Sta di fatto che
sulle pagine dei giornali finiscono soprattutto i due vice, disorientando i
lettori sull’autentica opinione del governo, anche perché a tacere è spesso
anche il ministro dell’economia Giovanni Tria. Alcuni esempi
per chiarire queste affermazioni.
Alcune settimane fa il ministro Luigi Di
Maio ha parlato del contributo dell’Italia al bilancio dell’Unione Europea
quantificandolo in 20 miliardi, mentre ne riceverebbe appena 12. Falso. Perché il
Presidente del Consiglio non è intervenuto a correggere almeno le cifre? Ha
forse preferito che gli rispondesse per le rime il commissario europeo al
bilancio Ghuenter Oettinger? Questi ha infatti osservato: «La cifra di
20 miliardi che alcuni esponenti del governo indicano come contributo
dell’Italia al bilancio dell’Unione Europea è una farsa. Non sono 20 miliardi
di euro l’anno. L’Italia contribuisce con 14, 15, 16 miliardi in un anno. Se si
tiene in conto ciò che ottiene dal bilancio UE, il risultato è un contributo
netto di 3 miliardi l’anno». Che figura! Peccato che non fosse né la prima né l’ultima.
Non è stata la prima
perché molti certamente ricordano gli atteggiamenti da vincitore dopo le
elezioni di marzo, quando osò chiedere l’impeachment
per il capo dello Stato!
Recentemente, poi, deve
aver detto che «fra le agenzie di rating ed il
popolo noi stiamo con il popolo» beccandosi questa replica del giornalista Beppe
Severgnini: «È una scemenza quella di Di Maio,
perché il nostro debito è detenuto da investitori stranieri, e se questi li
spaventi scappano e lo spread sale, bruciando i risparmi». Ma è proprio
così sprovveduto il ministro dello sviluppo economico e
ministro del lavoro e delle politiche sociali? Non sarebbe meglio che si
occupasse di sviluppo economico, di formazione professionale, di politiche
sociali efficaci?
Il vice Matteo Salvini: arrogante e
ambizioso
Nel governo Conte, tuttavia,
non è solo Di Maio ad alzare la voce, anzi risuona più forte, quasi
quotidianamente, quella del ministro dell’interno Matteo Salvini. Forte
dei sondaggi che lo danno in crescita costante, al dialogo, ritenuto
probabilmente una perdita di tempo, preferisce la lotta. Incurante, almeno
apparentemente, della propria persona, sembra convinto che l’ora del destino
per la riscossa del popolo italiano (ormai quello padano è definitivamente
scomparso!) è scoccata e che lui ne sia il suo condottiero principale.
Negli scontri, quasi
quotidiani, con le istituzioni europee, con la Francia, con la Germania, ultimamente
col Lussemburgo, col governatore della BCE Mario Draghi (al quale ha
ricordato: «conto che gli italiani in Europa facciano gli interessi dell’Italia
come fanno tutti gli altri Paesi, aiutino e consiglino e non critichino e
basta»), Salvini si comporta come il condottiero predestinato a guidare
l’Europa, che non si lascia intimorire da nessuno, perché sembra godere di un
sostegno incondizionato dell’opinione pubblica.

Il ministro lussemburghese è poi intervenuto
nuovamente per ricordare al ministro Salvini che «in Lussemburgo abbiamo
accolto decine, migliaia di immigrati italiani. Sono arrivati come migranti a
lavorare in Lussemburgo affinché voi poteste avere in Italia soldi per dare da
mangiare ai vostri figli». Per chiudere lo scontro Salvini ha affermato: «Se in
Lussemburgo avete bisogno di nuova immigrazione, in Italia preferisco aiutare
gli italiani a tornare a fare figli».
Faccio fatica, forse a causa della distanza di
osservazione delle cose italiane da Berna, a comprendere non tanto
l’atteggiamento arrogante e ambizioso del ministro Matteo Salvini (ormai
convinto di avere in pugno l’intero governo, e domani, dopo le prossime
votazioni europee, addirittura il governo dell’Unione Europea insieme al Primo
ministro ungherese Viktor Orban), quanto, stando ai sondaggi, il
gradimento del suo operato e soprattutto delle sue promesse nell’opinione
pubblica.
La questione dei migranti
Possibile che gli osservatori della politica
italiana non si rendano conto dell’insensatezza di espressioni, attribuite a
Salvini, quali: «Prima i nostri, poi gli altri (se ne avanza)», «Migranti, è finita la pacchia», «migranti =
clandestini», «migranti = invasori», e simili. Il premier Giuseppe Conte è meno
drastico ma non meno negativo nei confronti dei migranti: «Non possiamo
accoglierli tutti» e crede di giustificare questa affermazione con questi
pseudo argomenti: «Con l'accoglienza indiscriminata non possiamo risolvere il
problema dell'immigrazione, perché noi possiamo assicurare il soccorso, ma non
possiamo offrire l'accoglienza indiscriminata». Più che un giurista Conte mi
sembra un leguleio, perché non può mescolare indistintamente l’accoglienza, il
soccorso, la procedura d’asilo, l’immigrazione (regolare), l’integrazione.
All’Italia in questo momento è chiesto soprattutto di farsi carico del
«soccorso» in mare (e quindi dello sbarco in un porto sicuro), dell’accoglienza
almeno provvisoria per l’identificazione, l’avvio delle procedure d’asilo per
appurare chi ne ha diritto e chi dev’essere rimpatriato nel Paese da cui è
partito.
Alla base del pensiero politico del
governo e soprattutto del ministro Salvini, camuffato in una serie di
espressioni atte a far presa sul sentimento di frustrazione e di rancore di
molta gente che si sente in gravi difficoltà e abbandonata, c’è una valutazione
essenzialmente xenofoba della situazione. Poiché la xenofobia è una malattia
grave sebbene non incurabile, desidero affrontare il tema con un certo distacco
dalla situazione italiana e un atteggiamento propositivo. Prenderò in
considerazione una situazione analoga verificatasi in Svizzera nel secolo
scorso e risolta direi felicemente, anche se so bene che la radice della
xenofobia è inestirpabile in maniera definitiva. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 19.09.2018
Berna, 19.09.2018