11 settembre 2024

30. L’Europa dei Papi: Giovanni Paolo I

Per segnalare che intendeva continuare il cammino di rinnovamento della Chiesa tracciato da Giovanni XXIII e proseguito da Paolo VI, il successore di quest’ultimo, il cardinale Albino Luciani, prese il nome di entrambi: Giovanni Paolo I. Morto dopo soli 33 giorni di pontificato, non ebbe il tempo di incidere profondamente sul cambiamento che il Concilio aveva prescritto alla Chiesa. Ciononostante è ancora presente nella memoria di molti cristiani come il «Papa del sorriso» e, dal 2022, come «Beato Giovanni Paolo I». Il suo pensiero sull'Europa resta incompiuto, ma chiaro e merita di essere richiamato in questa serie di articoli volta a evidenziare le radici cristiane del continente.

Per un’Europa «cristiana»

Giovanni Paolo I, «papa del sorriso»
Albino Luciani (1912-1978) divenne papa nel 1978 quando era patriarca di Venezia da otto anni, un periodo abbastanza lungo per consentirgli di capire quello spirito aperto al mondo che si può respirare in una città simbolo di mediazione tra Occidente e Oriente. L’Europa auspicata da papa Giovanni Paolo I era un continente che prescindeva dai blocchi creatisi nel dopoguerra e che andava dall'Atlantico agli Urali. Era anche l’Europa dei suoi predecessori di cui aveva ripreso il nome e che volevano l’apertura della Chiesa al mondo e il dialogo tra tutte le comunità cristiane e soprattutto con le Chiese orientali. «Vogliamo continuare l’impegno ecumenico... con attenzione a tutto ciò che può favorire l’unione» aveva dichiarato nel suo primo messaggio Urbi et orbi del 27 agosto 1978.

Giovanni Paolo I, come i predecessori, non aveva dubbi che la nuova Europa avesse un’«anima cristiana» perché «cristiane» erano le sue radici e «cristiani» erano i suoi fondatori. Ispirandosi a Pio XII sosteneva che per svilupparsi non dovesse basarsi su una qualche idea romantica di super-nazione, ma sul «dialogo sereno e costruttivo», sullo sviluppo comune, in un clima di giustizia, solidarietà, fratellanza. Costatava comunque con amarezza che in Europa si stavano perdendo i valori del Vangelo e auspicava che la Chiesa contribuisse con tutte le sue forze a creare quel «clima di giustizia, fratellanza, solidarietà e speranza, senza la quale il mondo non può vivere».

Condividendo il pensiero sull'Europa dei predecessori, anche Giovanni Paolo I era convinto che dopo la morte del famoso trio Schuman-De Gasperi-Adenauer il loro esempio rischiava una pericolosa soluzione di continuità per il diffondersi del materialismo, del marxismo, del comunismo, del laicismo e, a livello politico, per il riemergere in molte parti di interessi nazionalistici. Trovava nefasto che ci fossero in Europa uomini politici che «continuano a opporre veti nazionali alle proposte di respiro europeo, dimenticando che solo unita l’Europa potrà giocare il ruolo di protagonista nei problemi internazionali».

Sulla CEE (Comunità Economica Europea) Giovanni Paolo I condivideva le buone intenzioni iniziali perché si prefiggeva «l’eliminazione tra gli associati degli ostacoli alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, una comune politica dell’agricoltura e dei trasporti, garanzie per tutelare la concorrenza, un fondo sociale europeo per migliorare l’occupazione e altro ancora», ma ne vedeva anche le criticità: era qualcosa di più che un’unione doganale, ma molto carente politicamente e socialmente.

Pericolosità dei nazionalismi

Papa Luciani si rendeva conto che almeno per il momento l’esistenza dei due blocchi era insuperabile, ma ne auspicava la fine e riteneva insufficiente la distensione che si registrava negli anni Settanta tra le due superpotenze. Trovava invece pericolosi e perciò da arginare i nazionalismi, perché non favorivano la pace. Riteneva anche che i governi nazionali, «depositari di ogni volontà decisionaria», non favorissero l’Unione Europea, per la quale auspicava «uno dei tanti sistemi federali». Il federalismo, se bene applicato, avrebbe limitato il potere dei singoli Stati avvantaggiando l’Europa nel suo complesso grazie al «principio di sussidiarietà», secondo cui ciò che il singolo Stato non può fare con le proprie forze «può essere demandato alla comunità europea».

Giovanni Paolo I non ebbe il tempo di esprimersi ulteriormente sull'Europa, ma i principi che avrebbe potuto sviluppare erano noti, tanto è vero che nel 1977 tutti gli episcopati europei erano concordi sull'esigenza che la Chiesa non dovesse restare indifferente di fronte al processo di una sempre più stretta integrazione europea, per evidenziare le radici cristiane della nuova Europa. L’episcopato belga ricordava anche che lo stesso umanesimo, la tolleranza, la democrazia, il pluralismo, ecc. provenivano dal Vangelo e concludeva un suo intervento affermando che i popoli europei «continueranno a dare solo se aumenteranno il loro peso morale con un’unione più stretta e omogenea». Era anche l’auspicio di Giovanni Paolo I.

Giovanni Longu
Berna, 11.9.2024