La svolta registrata negli anni Settanta nella politica immigratoria federale non fu dovuta unicamente alla volontà delle autorità federali di dare risposte sostenibili alle richieste dell’economia (che chiedeva una maggiore certezza e stabilità riguardo alla presenza dei lavoratori stranieri), alle esigenze della società svizzera (che non voleva più essere strumentalizzata dai movimenti xenofobi) e nemmeno alle pressioni dell’Italia e poi anche di altri Paesi (che esigevano cambiamenti radicali nei confronti dei propri cittadini, soprattutto di quelli della seconda generazione), ma anche alle esigenze, alle proposte e alle iniziative della prima generazione di immigrati (dunque specialmente italiani), che dopo la crisi della metà degli anni Settanta aveva scelto di restare in questo Paese, ma non a qualunque condizione. Alcune di queste iniziative furono particolarmente rilevanti, lungimiranti ed efficaci nel campo della formazione professionale. Per questo è bene ricordarle.
Inizi fecondi negli anni Sessanta
Berna: CISAP, aula di elettronica (inizio anni ’90) |
A giusta ragione le principali
associazioni di immigrati italiani, benché soddisfatti di alcune agevolazioni
promesse e specialmente dell’attenzione rivolta ai problemi della seconda
generazione, non furono affatto soddisfatte dell’assenza nell'accordo di
qualunque agevolazione per consentire agli immigrati l’acquisizione di
competenze professionali idonee a soddisfare le esigenze crescenti
dell’industria svizzera.
Si trattava di una lacuna grave
perché la maggioranza degli immigrati era priva di una qualifica professionale
riconosciuta in Svizzera e l’esigenza di personale qualificato era in aumento
in tutti i rami economici, quelli tradizionali e quelli che cominciavano a
sfruttare le nuove tecnologie. Si poteva accettare che gli italiani senza
qualifica restassero a vita manovali e a rischio di restare senza lavoro alla
prossima crisi del settore? Certamente no, pensarono alcuni immigrati
qualificati e improvvisarono soluzioni spesso insufficienti, ma efficaci.
Di efficace e straordinario ci
fu, nella seconda metà degli anni Sessanta, che tra gli italiani si cominciò a
parlare di formazione professionale, di apprendistato, di tirocinio, di rischio
di restare senza lavoro se certe occupazioni ripetitive e a scarso valore
aggiunto fossero state affidate a macchine meno costose. In tutta la Svizzera
si moltiplicarono le iniziative formative (corsi e corsetti organizzati da
associazioni, consolati, missioni cattoliche, ecc.) che ebbero fra l’altro il
merito di coinvolgere sempre più le autorità diplomatiche e consolari italiane,
che cominciarono a erogare contributi, inizialmente molto modesti, ma significativi
dell’interesse crescente dell’Italia alla formazione professionale degli
emigrati.
Il modello CISAP
Dopo alcuni tentativi ben
riusciti (per esempio un corso di telefonia della durata di quattro semestri
organizzato dalla Colonia Libera di Berna), nel 1966 fu avviato a Berna un vero
e proprio centro di formazione professionale per italiani, il CISAP, di cui si
è già trattato lungamente. Giova ricordarlo ancora perché questa istituzione
divenne presto il paradigma degli enti di formazione professionale per
stranieri in Svizzera soprattutto per la sua organizzazione e la qualità dei
corsi organizzati. Fino al 1969 era anche di gran lunga quello più
sovvenzionato da parte della Confederazione: in tre anni aveva già ricevuto
oltre 200.000 franchi, quando le istituzioni di Basilea ne avevano ricevuti
poco più di 10.000, quelle di Zurigo 11.000 e quelle di San Gallo 24.300. Anche
lo Stato italiano si dimostrava nei confronti del CISAP abbastanza generoso.
Scorcio laboratorio elettronico CISAP (anni ’80) |
Inoltre, la partecipazione negli
organi di direzione e gestione dei corsi e nell'organizzazione e gestione degli
esami finali dei sindacati e dei datori di lavoro, principali gestori del
sistema di formazione professionale in Svizzera, dava al CISAP una connotazione
che nel periodo in esame (1970-1990) risultava la più vicina all'istituto
dell’apprendistato svizzero. Del resto anche le prove d’esame, soprattutto
quelle pratiche, corrispondevano a quelle che sostenevano gli apprendisti
svizzeri al termine del tirocinio.
L’interesse che avevano suscitato
i primi corsi (128 allievi nel 1966, 238 nel 1967, 360 nel 1968, 491 nel 1969,
713 nel 1970, 800 nel 1971, 820 nel 1972), la qualità dei risultati finali e il
sostegno delle parti sociali non potevano lasciare indifferenti le autorità
italiane e svizzere, ma anche l’opinione pubblica e persino alcune istituzioni
europee e mondiali (cfr. https://disappuntidigiovannilongu.blogspot.com/2021_06_13_archive.html).
Grazie al CISAP il sistema della
formazione professionale applicato alle condizioni particolari degli immigrati
(inizialmente solo italiani e successivamente anche appartenenti ad altre
nazionalità) venne ampiamente riconosciuto e legalmente sovvenzionato, pur non
riuscendo mai ad ottenere, essenzialmente per questioni formali (soprattutto
per la durata dei corsi e la professione praticata dai corsisti spesso diversa
da quella appresa), l’equivalenza con l’«attestato federale di capacità».
Importanza degli Enti
Scorcio officina elettronica CISAP (anni '80) |
Purtroppo, a parte una o due pubblicazioni della Commissione
federale per i problemi degli stranieri (CFS) e una ricerca generale di Paolo
Barcella, non esistono studi specifici d’insieme sugli enti di formazione
professionale attivi in Svizzera nel ventennio in esame, ma da quanto si
conosce è facile dedurre ch'essi svolsero una funzione molto importante per l’integrazione
professionale e sociale di molti immigrati. Infatti, essi permisero a migliaia
di connazionali di acquisire con metodologie particolari quelle conoscenze e
abilità professionali richieste per un lavoro qualificato e che difficilmente
avrebbero potuto acquisire altrimenti.
Il risultato più sostanzioso fu
tuttavia indiretto, perché si diffuse tra gli immigrati (italiani) la
consapevolezza che almeno i giovani di prima e seconda generazione dovevano
disporre di un’adeguata preparazione prima di accedere a qualunque posto di
lavoro. Non solo, fu anche grazie al CISAP e agli enti che ne seguirono l’esempio,
che cominciarono ad allargarsi gli orizzonti delle scelte professionali (non più solo automeccanica, meccanica, parrucchiere/a, venditore/venditrice, ma anche elettronica, disegno tecnico, informatica, robotica, assistente medico, impiegato/a di commercio, diplomato/a di segreteria, ecc.)
La battaglia per l’uguaglianza
Allievi di disegno tecnico (CISAP anni '80) |
I risultati confermarono
ampiamente che anche i giovani stranieri con esiti scolastici modesti potevano
ambire a qualificarsi in professioni diverse da quelle esercitate dai loro
genitori e indubbiamente più esigenti. Da allora l’accesso alla formazione
professionale per gli stranieri è decisamente cambiato ed oggi appare
obiettivamente difficile trovare differenze significative tra i qualificati
stranieri e i qualificati svizzeri.
Quel processo di avvicinamento,
tuttavia, ed è bene scriverlo e ricordarlo, è stato avviato dagli stessi
immigrati i quali capirono chiaramente fin dalla seconda metà degli anni
Sessanta, che una via sicura all'integrazione e alla soddisfazione personale,
familiare e sociale è certamente quella di una formazione professionale solida
e aperta.
Giovanni Longu
Berna 19.1.2022