16 ottobre 2024

34. L’Europa di Giovanni Paolo II (4a parte)

Giovanni Paolo II accolse di buon grado i risultati della Conferenza di Helsinki (1973-1975) perché contenevano l’impegno dei Paesi firmatari (Unione Sovietica compresa) a rispettare «i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo, per tutti senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione».  Inoltre, s’impegnavano a promuovere e incoraggiare «l’esercizio effettivo delle libertà e dei diritti civili, politici, economici, sociali, culturali ed altri che derivano tutti dalla dignità inerente alla persona umana e sono essenziali al suo libero e pieno sviluppo». Quanto bastava, per Giovanni Paolo II, per poter proseguire la «politica del dialogo» dei suoi predecessori, ma anche per andare oltre, se gli fosse stato possibile e se soprattutto gli europei lo avessero seguito, come sperava.

Diritti fondamentali

Medaglia del 2004 per ricordare le radici cristiane dell'Europa.
Il riconoscimento dei diritti fondamentali degli individui e dei popoli rappresentava per Giovanni Paolo II un ottimo punto di partenza perché sanciva ai suoi occhi la centralità dell’uomo in ogni attività politica, economica, sociale e culturale, a livello nazionale e internazionale. Lo affermò chiaramente fin dalla sua prima enciclica «Redemptor hominis» del 4 marzo 1979, ricordando lo sforzo compiuto per dare vita all'Organizzazione delle Nazioni Unite, «uno sforzo che tende a definire e stabilire gli oggettivi ed inviolabili diritti dell'uomo, obbligandosi reciprocamente gli Stati-membri ad una rigorosa osservanza di essi», anche a garanzia della pace.

Ribadì questo concetto nel discorso tenuto all'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 ottobre 1979, affermando che «tutta l’attività politica, nazionale e internazionale […] viene dall'uomo, si esercita mediante l’uomo ed è per l’uomo» e costituisce «l’adesione, piena di sollecitudine e responsabilità, ai problemi ed ai compiti essenziali della sua esistenza terrena, nella sua dimensione e portata sociale, dalla quale contemporaneamente dipende anche il bene di ciascuna persona».

Nei rapporti tra Stato e Chiesa, Giovanni Paolo II, ispirandosi al precetto evangelico («Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio, Mt 22, 21), sottolineò più volte l’autonomia delle due sfere d’azione, per cui in materia civile la Chiesa non deve proporre opzioni «tecniche» che sono di competenza dello Stato, ma lo Stato «deve rispettare la missione specifica della Chiesa nella diffusione del Vangelo e nella formazione delle coscienze. Chiesa e Stato, tuttavia, in quanto a servizio delle stesse persone hanno l’obbligo morale del dialogo e della mutua collaborazione.

«Europa, ritrova te stessa!»

Nella visione dell’Europa di Giovanni Paolo II c’è sempre meno spazio per anatemi, concordati e rivendicazioni, ma una gran voglia di dialogo interreligioso (soprattutto tra cattolici e ortodossi per ricomporre la frattura che divise la cristianità nel 1054) e un’insistenza senza remore sui principi sottoscritti dagli Stati all'ONU e a Helsinki. C’è anche la visione di una «grande Europa» che si estende dall'Atlantico agli Urali, che dovrebbe riuscire a superare la divisione inaccettabile seguita alla seconda guerra mondiale.

Giovanni Paolo II si aspettava probabilmente un grande sostegno delle popolazioni europee alla sua visione dell’Europa, ma nonostante i viaggi trionfali in molte capitali, la situazione sembrava bloccata. Solo nella sua terra d’origine, la Polonia, qualcosa si muoveva anche grazie al sindacato Solidarnosc, ma nel resto d’Europa i suoi richiami sembravano inascoltati.

PapaWojtyła voleva il dialogo anche con l'URSS. L'incontro con M. Gorbachev 
in Vaticano nel 1989 fu molto importante per la Chiesa, l'URSS e il mondo.
Nel resto d’Europa non si registrava alcun movimento in direzione dell’unità e autonomia politica dell’Europa anche perché i due blocchi sembravano insensibili e intransigenti. Non si registrava alcuna voglia di recuperare le radici cristiane, perché una sorta di apatia religiosa si era diffusa ovunque in Europa anche nei Paesi cosiddetti «cattolici». Anche in essi, infatti, erano ormai diffusi materialismo, relativismo e secolarizzazione. 

Eppure la voce del papa venuto da un Paese lontano non si attenuava e come la goccia che scava la roccia agiva, lentamente, ma agiva, tanto da far tremare alcuni palazzi, compreso il Cremlino. Verrebbe persino da chiedersi se con Giovanni Paolo II sarebbe stata possibile una così evidente violazione degli obblighi della Carta delle Nazioni Unite, dell’Atto Finale di Helsinki, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) nelle regioni orientali dell’Ucraina.

Che fine ha fatto il grido del papa lanciato dal santuario di Compostela (1982): «Europa: ritrova te stessa, sii te stessa!»). Giovanni Paolo II era un visionario ma non un illuso. Era soprattutto un sincero cristiano, convinto che la sua visione corrispondesse al disegno di Dio sull'uomo e sulla società, che prima o poi avrebbe finito per trionfare. Sapeva anche che altri dopo di lui avrebbero proseguito la sua azione. Persino nel periodo più doloroso della sua vita seppe conservare l’ottimismo che lo aveva sempre animato, anche riguardo all'Europa.

Giovanni Longu
Berna 16.10.2024