03 maggio 2023

Impegno costante a difesa dell’italiano in calo (7)

Per la salvaguardia dell’italiano, da decenni in calo, occorre un impegno costante da parte sia delle istituzioni svizzere e italiane e sia dei singoli italofoni. Delle istituzioni svizzere si è parlato negli articoli precedenti, in questo si tratta di quelle italiane. E’ vero che la pratica del buon italiano spetta soprattutto agli italofoni, ma spetta alle istituzioni fornire buoni esempi (limitando gli anglicismi, producendo testi corretti e facilmente leggibili, favorendo incontri culturali, ecc.), incoraggiare l’apprendimento dell’italiano, sostenere le associazioni impegnate nella lingua e nella cultura italiane, ecc. Agli italofoni sono chiesti soprattutto maggior cura della lingua scritta e parlata (evitando la sciatteria), maggiore partecipazione alle iniziative atte a valorizzare l’italianità, la pratica frequente della lettura (e della scrittura).

Il Governo dovrebbe dare il buon esempio

Il buon uso dell’italiano e il rafforzamento dell’italianità in Svizzera da parte degli italofoni non può fare a meno delle buone pratiche dello Stato e delle istituzioni. Purtroppo gli esempi che vengono forniti non sono sempre positivi. Di seguito ne vengono ricordati alcuni, non per esercitare un legittimo diritto di critica, ma per esprimere un’esigenza di molti cittadini che si aspettano dalle istituzioni buoni esempi da seguire e l’incoraggiamento a fare di più e meglio.

Il primo «cattivo esempio» lo dà il Governo italiano, il quale sembra incontrare grosse difficoltà a parlare di ministre, viceministre, sottosegretarie, direttrici e simili. La stessa Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, continua a presentarsi come «il Presidente del Consiglio», come se la Costituzione (scritta al maschile come si usava in passato) impedisse l’uso del femminile. Per inciso, anche la Costituzione svizzera parla del presidente della Confederazione al maschile, ma quando la carica è ricoperta da una donna è per tutti ovvio che si dica «la presidente della Confederazione…».

Il governo italiano sembra fortemente attratto dall'inglese parlato nei grandi mercati americani e britannico, tanto da chiamare quello che era il Ministero dello sviluppo economico Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Anche il Ministero dell'Istruzione e del Merito (già Ministero della pubblica istruzione) sembra subire il fascino dell’inglese. Tanto è vero che gli allievi italiani devono studiare l’inglese per almeno tredici anni (5 nella scuola primaria, 3 nella secondaria di primo grado, 5 nella secondaria di secondo grado). Qual è la politica linguistica dell’Italia? Quali sono le finalità?

Un caso singolare è rappresentato dal Politecnico di Milano, che chiede agli studenti stranieri come prerequisito per l’immatricolazione la conoscenza dell’italiano, ma a tutti gli studenti chiede come prerequisito per accedere a tutti i corsi magistrali e di dottorato la conoscenza della lingua inglese, perché la maggioranza dei corsi magistrali si tengono ormai in inglese.

La penetrazione dell’inglese nel mondo economico è in crescita e non riguarda solo i consigli d’amministrazione delle imprese orientate all'esportazione, ma anche le maestranze e talvolta lo stesso nome dell’impresa, come nel caso della ex compagnia di bandiera italiana Alitalia, ribattezzata ITA Airways.

Attese dalle istituzioni italiane in Svizzera

Berna, Ambasciata d'Italia

I cattivi esempi, si sa, non favoriscono le buone pratiche. E’ possibile che il calo dell’italiano in Svizzera sia dovuto anche agli esempi poco incoraggianti che vengono dall'Italia e, seguiti, almeno in parte, anche dalle istituzioni italiane operanti in questo Paese? Come giustificare, per esempio, che in alcune parti della Svizzera i corsi di lingua e cultura siano da tempo in sofferenza? L’Ambasciata d’Italia e le rappresentanze consolari fanno abbastanza per garantirli? E’ possibile dimenticare che quei corsi sono molto importanti non solo per mantenere un forte legame con l’Italia, ma anche per garantire la probabilità che un certo numero di italofoni scelga l’italiano nei licei e all'università? Oltre a sostenere la Società degli Accademici Italiani in Svizzera, che ogni anno premia tre tesi di dottorato di autori/autrici «di madre lingua italiana», benché scritte soprattutto in inglese, l’Ambasciata non dovrebbe cercare di risolvere anche i problemi dei corsi degli allievi della scuola dell’obbligo?

MCLI di Berna
Maggiore attenzione ai bisogni degli italofoni è ovviamente auspicata anche dall'Istituto italiano di cultura (IIC), dalle Società Dante Alighieri, dai Comites, dall'associazionismo italiano in generale e anche dalle Missioni cattoliche di lingua italiana (quella di Berna, per esempio, da qualche tempo sembra aver rinunciato unilateralmente al pieno utilizzo in lingua italiana dello spazio che le è riservato nel settimanale cattolico bernese Pfarrblatt).

Gli esempi negativi menzionati e altri che si potrebbero aggiungere non devono indurre a facili critiche, ma piuttosto a richiamare maggiormente la responsabilità degli italofoni a contribuire secondo le possibilità e competenze di ciascuno affinché il calo dell’italiano rallenti e l’italianità (fatta di arte, lingua, filosofia di vita…) resti e si sviluppi in questo Paese in cui anche gli italofoni devono contribuire alla coesione nazionale, al radicamento dello spirito umanistico e rinascimentale ampiamente legato alla lingua e alla cultura italiane, al rafforzamento di una delle principali culture nazionali ed europee. (Fine)

Giovanni Longu
Berna, 3.5.2023