A metà degli anni
Sessanta del secolo scorso, la realizzazione del progetto di un Centro di
formazione professionale per i lavoratori italiani immigrati in Svizzera fu
un’impresa che ha dell’incredibile. Non si deve dimenticare che il gruppo
promotore (cfr. http://disappuntidigiovannilongu.blogspot.com/2019/11/immigrazione-italiana-1950-1970-34-il.html) partiva da una base esperienziale molto
modesta (l’organizzazione dei corsi della Colonia libera italiana di
Berna), non aveva alcun supporto istituzionale (il problema non era stato
nemmeno nominato negli ultimi accordi sull’immigrazione tra l’Italia e la
Svizzera), sindacale (perché i sindacati non si erano mai occupati della
formazione professionale di base dei lavoratori stranieri) o di altro genere, non
disponeva di un progetto tecnico-organizzativo pronto per essere implementato e
non aveva ancora alcuna garanzia di un sostegno finanziario adeguato. Solo
l’idea era chiara e la volontà di realizzarla ferma: si voleva iniziare nella
primavera del 1966.
La preparazione
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Allievi automeccanici dei primi corsi CISAP (1966-1968) |
Dopo aver organizzato
la cena di lavoro con diverse personalità svizzere all’Hotel Bellevue di Berna
(28.1.1966) e gettato le basi per il futuro sostegno da parte sia del sindacato
FLMO e sia delle autorità svizzere, nel corso di un’altra riunione meno positiva
convocata al Ristorante Touring (10.2.1966) dal Consiglio della Colonia libera italiana (CLI) di Berna, il
console Mancini cercò invano di appianare le divergenze sorte all’interno della
Colonia riguardo al futuro Centro.
La preparazione intanto
proseguiva secondo un calendario fitto e impegnativo perché si era deciso di
iniziare i corsi in primavera e tutto doveva essere pronto prima. All’inizio
del 1966, in realtà, niente o quasi era pronto: non i programmi, non i locali,
non le attrezzature, non gli insegnanti e nemmeno l’organizzazione definitiva
dell’organismo di supporto.
«Nessuno dei più stretti collaboratori di Cenni, ricorderà più
tardi un sostenitore del CISAP, Graziano Pedretti, potrà dimenticare le
indescrivibili difficoltà di carattere pratico, economico e di credibilità che
il Centro ha dovuto superare agli inizi». E’ vero, c’era il sostegno morale
delle autorità italiane ed era già stato individuato e preso in affitto, grazie alla CLI di Berna, l’edificio in cui si
sarebbero svolti i corsi, ma quel che restava da preparare, entro la fine del 1965,
era ancora tanto, a cominciare proprio dalla sistemazione dei locali.
La sede
Si trattava di
una vecchia casa al n. 7 dello Jägerweg, nel quartiere Breitenrain, che
bisognava ristrutturare per ricavarne aule per le lezioni teoriche (al piano
terra) e officine per le esercitazioni pratiche (nello scantinato). Per mesi,
raccontano le cronache, si lavorò sodo ma con grande entusiasmo, le sere e i
sabati, per poter finire entro la fine dell’anno.
Uno dei partecipanti
a quelle trasformazioni, Giuseppe Gonnella, ricorderà alcuni anni dopo
in uno scritto: «Siamo partiti con alcuni locali in un vecchio scantinato,
desolanti e scadenti, ma che noi abbiamo resi accoglienti e funzionali. Abbiamo
dovuto rifare tutto, dal pavimento al soffitto, dall'intonaco alla pittura
delle pareti e degli infissi: un lavoro enorme che ci impegnava nelle ore
libere e l'unica soddisfazione era quella di osservare compiaciuti ogni metro
quadrato di restauro ultimato». Giorgio Cenni annoterà alla fine dei
lavori: «Quella mattina avevamo deciso di
finire in giornata anche col colore. Fu così che, mentre due spalmavano la malta
sul muro con le mani, il terzo ripassava sopra il colore. Quando terminammo,
con le mani gonfie ma soddisfatti, il muro reggeva bene ed il colore sembrava
splendere. Ognuno di noi tornò in fretta a casa, mancavano pochi minuti alla
mezzanotte del 31 dicembre 1965. II CISAP stava per nascere».
L’organizzazione
L’organizzazione è stata probabilmente l’elemento più
semplice da definire e infatti non risulta che ci siano stati problemi né di
organigramma né di assegnazione dei vari compiti. E’ bastato un incontro, il 18
febbraio 1966 all'Hotel Touring, in cui il gruppo promotore si costituì in
associazione senza scopo di lucro ai sensi degli articoli 60 e seguenti del
Codice civile svizzero, ne approvò lo statuto e si diede un organigramma.
Vennero eletti presidente dell'Associazione e del Comitato
di direzione il professore di liceo Joseph Allenspach, direttore Giorgio
Cenni, segretario Guido Scognamiglio, cassiere Cinzio Bonaldo,
responsabile dell’ufficio acquisti Giuseppe Gonnella. Vennero inoltre
eletti come consiglieri tecnici nello stesso Comitato Giovanni e Giuseppe
Bello, Franco De Giorgi, Salvatore Di Pietro, Daniele
Ceccato, Paolo Jacchini, Pasquale Tedeschi e Floriano
Zanardo, come revisori dei conti Graziano Pedretti, Mirro
Prosperi e Dante Zola. Tutti insomma ebbero un incarico e ognuno era
pronto ad accollarsi la responsabilità che gli competeva con la serietà e
l'entusiasmo di chi si accinge a compiere una missione.
Come detto, lo statuto venne approvato senza difficoltà, ma
nei giorni precedenti si era discusso sul nome dell’associazione, che doveva
essere semplice, identificativo dell’attività svolta e unico. In un primo tempo
si era pensato all’acronimo C.A.P.I.S. che stava per Centro Addestramento
Professionale Italiano in Svizzera, ma qualcuno (probabilmente Guido
Scognamiglio) fece notare che quel nome richiamava facilmente «Cabis» che in tedesco
significa cavolo. Fu il giovane tecnico Daniele Ceccato a trovare la soluzione:
C.I.S.A.P. come acronimo di Centro Italiano in Svizzera per l’Addestramento
Professionale.
Lo Statuto , costituito da 7 articoli era semplice e chiaro,
niente era lasciato al caso. All’articolo 2 veniva precisato: «L’associazione
ha per scopo di consentire ai lavoratori italiani di formarsi culturalmente e
di apprendere un mestiere. Per conseguire tale scopo dovranno essere
organizzati dei corsi in modo che i partecipanti possano, dopo l’esame finale,
ottenere un certificato ufficiale italiano e iscriversi, se lo desiderano, ad
una scuola professionale svizzera (art. 30 della Legge federale sulla
formazione professionale)».
I primi corsi

Ai primi di marzo, attraverso annunci in vari giornali, furono
raccolte numerose candidature per l’insegnamento di «tecnologia generale,
matematica elementare, disegno geometrico e tecnico, lingua tedesca» e «personale
qualificato per l’istruzione in officina di tornitori, fresatori, aggiustatori
meccanici, automeccanici ed elettrauto». Furono scelti i candidati che davano
maggiori garanzie.
I futuri docenti furono subito coinvolti nella complessa preparazione
dei programmi, che dovevano tener conto sia della normativa italiana che delle
esigenze della formazione professionale svizzera. Infatti, il diploma
conseguito col superamento degli esami finali avrebbe dovuto garantire agli
ex-allievi la possibilità di inserirsi agevolmente sia nel mondo del lavoro italiano
(in caso di rientro) che di quello svizzero (se decidevano di restare).
Intanto si era sparsa la voce della prossima apertura dei
corsi e le iscrizioni non tardarono ad
arrivare. Al momento dell’iscrizione non veniva promesso un percorso semplice, ma
si raccomandava di non scoraggiarsi alle prime difficoltà e di frequentare
assiduamente. I risultati non sarebbero mancati. Il diploma conseguito avrebbe
potuto cambiare la loro vita anche notevolmente. A metà aprile gli iscritti
erano già 128 e con essi, il 18 aprile 1966, furono avviati i primi corsi per
tornitori, fresatori, aggiustatori, automeccanici ed elettrauto.
Non tutti arrivarono al traguardo finale, ma di quelli che
per primi l’hanno superato è giusto indicarne i nominativi (in riquadro) perché
furono di esempio alle migliaia di giovani e meno giovani che li hanno seguiti
in un percorso gratificante.
Perché i corsi potessero funzionare secondo i programmi
(teoria e pratica) e il CISAP potesse guardare con sufficiente fiducia al
futuro mancavano ancora alcuni passi importanti da compiere, specialmente verso
le autorità svizzere, il sindacato FOMO e gli ambienti economici interessati. (Segue).
Giovanni Longu
Berna, 27.11.2019
Berna, 27.11.2019