14 giugno 2023

La nuova migrazione auspicata da Mattarella (prima parte)

La migrazione, si sa, è un fenomeno complesso e universale («emigrano i semi sulle ali dei venti, […] emigrano gli uccelli e gli animali, e, più di tutti emigra l'uomo, ora in forma collettiva, ora in forma isolata…», Scalabrini 1889), per cui diviene difficile anche solo parlarne con obiettività. A chi scrive appare pertanto deprimente l'ottica e il tono con cui spesso se ne discute nelle sedi istituzionali in Italia e in Europa: l’immigrazione è vista soprattutto come un problema, quasi mai come una risorsa, salvo quando, per esempio, ci si accorge della penuria di manodopera in certi settori, quando il finanziamento della sicurezza sociale appare incerto sul medio e lungo periodo, quando risulta difficile reperire specialisti anche sul mercato internazionale del lavoro.

L’immigrazione arricchisce, se ben gestita

Scene di migranti italiani come queste probabilmente non se ne vedranno più ...
Le recenti discussioni sulla politica migratoria dell’Unione Europea (UE) e in particolare dell’Italia si prestano a qualche riflessione, da un osservatorio, quello svizzero, che si può ritenere interessante per la maniera con cui la Svizzera in questi ultimi decenni ha saputo implementare una politica d’immigrazione e d’integrazione che porta già i suoi frutti.

Anzitutto bisognerebbe considerare la migrazione un fenomeno «naturale» come sosteneva Scalabrini, ma senza dimenticare che concerne esseri umani, che vanno sempre trattati con rispetto. Ridurre i migranti a numeri e a «oggetti» da ripartire e collocare, soprattutto quelli più sfortunati, i profughi, coloro che fuggono da guerre, fame, miseria… è disumano e indegno dei Paesi civili, soprattutto quelli di matrice cristiana. A tutti i migranti va infatti riconosciuta, nell'accoglienza e nell'integrazione, la piena dignità umana.

Si può anche aggiungere che la storia delle civiltà antiche e moderne dimostra che tutti i grandi Paesi sono (stati) il risultato dell’integrazione di popolazioni differenti. Il vero problema, per questi Paesi, non è (stato) costituito dall'immigrazione, ma dalla politica d’integrazione. Un popolo incapace di accogliere e integrare finisce inevitabilmente per disintegrarsi rischiando di scomparire. Un popolo che sa accogliere e integrare prospera.

Verso una nuova politica emigratoria

Se si osservano attentamente le statistiche, l’emigrazione italiana soprattutto in Europa non è cessata negli anni Settanta del secolo scorso (quando si è cominciato a registrare tassi migratori positivi), anche se è notevolmente cambiata. Per esempio, se l’emigrazione tradizionale verso la Svizzera era costituita fino a pochi decenni fa soprattutto da persone scarsamente qualificate, oggi la percentuale di immigrati (altamente) qualificati (laureati, diplomati, personale medico e paramedico, ricercatori, specialisti, «cervelli in fuga») è in forte crescita. Questa tendenza si presta a qualche riflessione sulla nuova migrazione italiana.

... ma dall'Italia si continua a emigrare!

Il 2 giugno scorso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in un messaggio per gli italiani all'estero ha ricordato che «oggi, lavorare all'estero non dovrebbe più rappresentare, per nessuno, una scelta obbligata bensì un’opportunità, specialmente per i giovani». Usando il condizionale e avendo ben presente la lunga storia dell’emigrazione italiana nel mondo, il capo dello Stato ha lasciato intendere che purtroppo, per tanti, l’emigrazione è ancora una scelta obbligata, mentre «dovrebbe» essere, specialmente per i giovani, «una opportunità».

Per non restare nel vago dei buoni auspici, Mattarella ha anche aggiunto che «è responsabilità della Repubblica far sì che si tratti di una libera scelta» in modo da «passare dalla fuga dei cervelli, alla circolazione dei talenti, alimentando un circuito virtuoso di capacità e di competenze». Chi ha avuto la possibilità di seguire la politica italiana degli ultimi decenni ricorderà facilmente che è sempre stato nell'agenda politica di tutti i governi del dopoguerra l’obiettivo della piena occupazione per tagliare alla radice la cause dell’emigrazione forzata dovuta alla disoccupazione e alla miseria. Nessun governo ci è riuscito, anche perché finora sono mancati i mezzi necessari.

All'Italia servono investimenti e piani di sviluppo mirati

Oggi, però, i mezzi ci sono, quelli del PNRR e altri, e sarebbe auspicabile che una parte congrua venisse destinata a rimuovere concretamente le cause dell’emigrazione, ma è difficile in questo momento essere ottimisti. Per raggiungere obiettivi significativi si dovrebbero investire somme importanti nella formazione (primaria, secondaria e terziaria), nella ricerca (in grado di attrarre investimenti e competenze anche straniere), nell'innovazione, nella trasformazione digitale, nella sistemazione del territorio, ecc.

Solo con grandi piani d’intervento e una decisa volontà di realizzarli sarebbe possibile raggiungere quel «circuito virtuoso di capacità e di competenze» di cui ha parlato il presidente Mattarella. Diversamente si resterà ancora nel mondo degli auspici e si continuerà ad emigrare. (Segue)

Giovanni Longu
Berna, 14.06.2023