07 settembre 2011

Tra sacro e profano: sul filo della memoria


Quest’estate ho percorso in macchina, insieme a mia moglie, un lungo tratto al di qua e al di là del fiume Reno, da Basilea a Düsseldorf e da qui a Reims, Verdun, Nancy, Basilea attraversando regioni straordinariamente belle, varie, interessanti e suggestive e per questo oggi molto battute dal turismo internazionale.
Le impressioni riportate sono tante, anche perché queste regioni (Baden-Würtenberg e Renania-Vestfalia in Germania, Champagne-Ardenne, Lorena e Alsazia in Francia) sono ricchissime oltre che di incantevoli paesaggi, di storia, di cultura e di arte. Inaspettatamente si è trattato per me di un recupero di reminiscenze scolastiche e di considerazioni su alcuni aspetti fondamentali della storia europea e della realtà d’oggi.
La centralità del Reno nella formazione dell’Europa
In direzione nord, costeggiando per un lungo tratto il corso medio del Reno, gli innumerevoli castelli e rovine di fortificazioni che si intravvedono da una parte e dall’altra del grande fiume costringono anche il turista più distratto a immaginare non solo storie di principi e principesse, ma anche lotte sanguinose per il possesso di una via di trasporto fondamentale per i commerci tra nord e sud. Già i romani avevano compreso l’importanza commerciale e strategica di questa arteria e, quando il tentativo di conquistare l’intera Germania (e forse di unificare per la prima volta l’Europa) si dimostrò impossibile dopo la disfatta delle legioni imperiali nella foresta di Teutoburgo nel 9 d.C., stabilirono il limes, il confine lungo il Reno, più facilmente difendibile, data la sua larghezza mediamente di alcune centinaia di metri. Riuscirono infatti a mantenerlo per 400 anni, ma dovettero passarne molti di più perché il Reno divenisse una delle grandi vie di comunicazione pacifica dell’Europa. La presenza romana di duemila anni fa ha lasciato numerosi segni. Basterebbe ricordare le città di origine romana Basilea, Heidelberg, Magonza, Worms, Coblenza, Bonn, Colonia, per citarne solo alcune.

Tra romanità e cristianesimo
In epoca successiva, frutto di uno dei processi di assimilazione tra i più virtuosi della storia, tra romanità, germanesimo e cristianesimo, sugli stessi insediamenti sorsero scuole e più tardi università, monasteri e alcune tra le più belle cattedrali del mondo in stile romanico e gotico. Nonostante le distruzioni dovute a eventi naturali e alla violenza di sanguinosissime guerre, le cattedrali si ergono ancora, maestose e suggestive, come testimoni di un’epoca caratterizzata dalla centralità del sacro e della trascendenza e come richiamo ancora oggi ai valori cristiani che sembrano svanire in un mondo mosso da interessi materiali e contingenti.
Ma è soprattutto in epoche più recenti che la regione del Reno, dimenticando i valori culturali e cristiani che racchiudeva, diventò l’oggetto del contendere e un vasto campo di battaglia soprattutto tra la Germania e la Francia. I segni più vistosi di queste guerre si trovano soprattutto nelle regioni delle Ardenne, nell’Alsazia e nella Lorena.

Marcinelle e Mattmark
Marcinelle, Le Bois du Cazier, dove l’8 agosto 1956
perirono 262 minatori
Nel viaggio di ritorno, da Düsseldorf a Basilea, passando attraverso il Belgio e la Francia, la memoria di drammi antichi e recenti si è fatta viva e palpitante già durante la visita di quel luogo divenuto simbolo del sacrificio degli emigranti italiani di tutti i tempi, Marcinelle, in Belgio. L'8 agosto 1956, in una miniera di carbone, nel Bois du Cazier, perirono 262 minatori, di cui 136 italiani. L’eco di quella tragedia si sparse nel mondo intero e giunge ancora oggi alla vista e alle orecchie dei visitatori di quel luogo reso sacro dal sacrificio di vittime innocenti. Dopo la chiusura definitiva della miniera nel 1967 è divenuto un museo assai frequentato anche da italiani, tanto che l’italiano, caso forse unico tra le migliaia di musei europei fuori d’Italia e di alcune regioni italofone, è la seconda lingua dei pannelli esplicativi che illustrano lo stato della miniera e le condizioni di lavoro dei minatori al momento del disastro.
Omaggio ai 136 minatori italiani morti nella disgrazia del 1956
Nel vicino cimitero, i fiori, moltissimi, deposti sulla tomba dei minatori italiani erano ancora freschi, una decina di giorni dall’anniversario, segno che anche quest’anno in occasione della commemorazione annuale il ricordo delle vittime è ancora vivo. Spontaneamente il pensiero corre anche ad altre disgrazie che hanno colpito l’emigrazione italiana nel mondo e in particolare in Svizzera, sia all’epoca dei grandi trafori alpini, da quello del San Gottardo a quello di AlpTransit, e sia all’epoca della costruzione delle maggiori centrali idroelettriche, specialmente la tragedia di Mattmark, in Vallese, il cui anniversario è stato commemorato il 30 agosto scorso. E’ bene che il ricordo di queste tragedie non muoia per riaffermare in maniera assoluta che l’uomo e niente altro deve stare al centro dell’attenzione e delle preoccupazioni, soprattutto nell’economia e nei rapporti sociali.

La Cattedrale di Reims, gioiello dell’architettura gotica
La cattedrale di Reims
Sebbene provati dalle immagini di Marcinelle, a Reims la vista della cattedrale ci ha abbondantemente rincuorati. Questo monumento della cristianità, che quest’anno compie 800 anni, ha una bellezza che lascia attoniti. Molti turisti, probabilmente, collegano più facilmente Reims allo champagne, della cui regione è capoluogo, che alla sua cattedrale. Eppure questo monumento è una delle massime espressioni dell’architettura gotica, a giusta ragione dichiarato dal 1991 patrimonio mondiale dell’UNESCO. Esso ha anche una grande importanza storica per la Francia, basti pensare che nel luogo dove sorge, nel 496 fu battezzato il re dei Franchi Clodoveo, avviando così la conversione al cristianesimo dell’intera popolazione. In questa cattedrale vennero poi incoronati anche tutti i 25 re di Francia dal 987 (Ugo Capeto) al 1825 (Carlo X).
Purtroppo, giusto per seguire il filo della storia, occorre ricordare che, in tempi recenti, Reims fu quasi completamente distrutta, compresa la cattedrale, dai bombardamenti tedeschi nella prima guerra mondiale e parzialmente durante la seconda guerra mondiale.
Dalla fine della guerra (proprio qui il 7 maggio 1945 fu firmata la resa della Germania agli Alleati) e soprattutto dopo l’incontro nella cattedrale tra il Capo dello Stato francese Charles De Gaulle e il Cancelliere tedesco Konrad Adenauer l’8 luglio 1962, Reims è divenuta un simbolo della riconciliazione franco-tedesca.
Soprattutto quest’anno a Reims si respira aria di pace, anzi di festa, per l’800° anniversario della splendida cattedrale. Per celebrarlo, quest’anno da maggio a ottobre uno straordinario spettacolo notturno di luci e di colori proiettato sulla facciata offre agli spettatori una suggestiva rievocazione artistica della costruzione di una cattedrale come centro di elevazione e di preghiera, in nome di una Trascendenza che soprattutto in passato costituiva una forte Presenza consolatrice e ispiratrice.


I luoghi della tragedia umana attorno a Verdun

Lungo il percorso da Reims a Basilea e guidati dal filo della memoria, è un continuo susseguirsi di luoghi e di simboli, che acquistano ancora oggi un valore universale. Questa regione è ricca, ad esempio, di espressioni della cristianità tali da giustificare pienamente il richiamo alle origini cristiane dell’Europa. Oltre a Reims hanno cattedrali imponenti e importanti città come Châlons-en-Champagne (la chiesa di Notre-Dame-en-Vaux è iscritta al patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 2000) e Metz (cattedrale gotica, un gioiello architettonico con 6500 m2 di splendide vetrate), o piccoli villaggi come L’Épine, che ha una grandiosa basilica di Notre-Dame, anch’essa patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Durante la prima guerra mondiale morì nella regione di Verdun
circa mezzo milione di soldati
Questa regione, tuttavia, soprattutto tra Reims e Metz è stata per me fortemente evocativa di reminiscenze scolastiche riguardanti la prima guerra mondiale. Questi tre nomi da soli, Reims, Verdun e Metz, mi hanno fatto venire in mente centinaia di migliaia di morti e un’intera regione martoriata. C’è un tratto di strada, tra Bar-le-Duc e Verdun, che ancor oggi è chiamata Voie sacrée per l’importanza fondamentale che svolse durante la prima guerra mondiale perché era l’unica arteria percorribile per i rifornimenti francesi della piazzaforte di Verdun. Questa doveva sbarrare l’avanzata tedesca verso Parigi.

L’offensiva tedesca, invece, iniziata nel febbraio del 1916 e terminata nel dicembre dello stesso anno, con la vittoria tedesca, lasciò una città distrutta, nove villaggi dei dintorni totalmente annientati, un’intera regione devastata e quasi mezzo milione di soldati morti. Fu una delle battaglie più lunghe e violente della storia, con la maggiore densità di morti per metro quadrato. Di quella battaglia restano molti segni, fra cui un Memoriale, una parte delle fortificazioni e immensi cimiteri di guerra. Oggi sono diventati anche importanti mete turistiche, ma conservano soprattutto la funzione della memoria storica.

Il valore della memoria
Nel leggere le indicazioni e le spiegazioni ad uso del turista curioso di quel che vede o sta per vedere, oggi non c’è traccia dell’odio che è stato all’origine delle interminabili guerre combattute in queste regioni. Per fortuna, viene spontaneo dire. Ma forse è insufficiente, perché purtroppo dal 1945 fino ad oggi lo spettro della guerra è stato allontanato solo da alcuni Paesi, mentre per altri è ancora oggi una dolorosa realtà e purtroppo la reazione contro ogni guerra è troppo tiepida, quasi inesistente. I cimiteri di Verdun e le rievocazioni del Memoriale dovrebbero essere d’insegnamento perenne per tutti.
Lasciati i luoghi più tristi della memoria, raggiungiamo un’altra bella città francese, Nancy. Quasi per
dimenticare, ci godiamo sorseggiando una bevanda fresca, la Piazza Stanislao, una delle più belle piazze europee, gioiello di architettura, eccellente esempio del classicismo francese (fu inaugurata nel 1755 e riportata al suo antico splendore nel 2005), iscritta nel Patrimonio mondiale dell’UNESCO. A Nancy c’è persino un arco di trionfo, ispirato all’arco di trionfo di Settimio Severo di Roma, anche se Nancy ha origini medievali. Ma tant’è, l’aria ispiratrice di Roma, soffia ancora, quasi a voler ricordare che l’Europa dev’essere unita, non ci sono confini interni da difendere né terre da conquistare, ma solo una civiltà da rivitalizzare e sviluppare.

Giovanni Longu
Berna, 7.9.2011