La Svizzera e l’Italia sono state le principali beneficiarie dell’immigrazione italiana in Svizzera del secondo dopoguerra, ma anche gli stessi emigrati/immigrati e specialmente i loro discendenti ne sono grandi beneficiari. Chi volesse negarlo avrebbe parecchi argomenti a favore in riferimento alla prima generazione (perché, in un ipotetico bilancio, quel che ha dato è forse più di quel che ha ricevuto), ma non in riferimento alle generazioni successive. Infatti, osservando la popolazione italiana complessiva con un passato migratorio (compresi i doppi cittadini), si deve ammettere che già la seconda generazione ha beneficiato abbondantemente del benessere che la prima ha contribuito a creare. Pertanto mi sembra giusto considerare (in questo e nel prossimo articolo) anche la collettività italiana residente in Svizzera grande beneficiaria dell’epopea migratoria italiana della seconda metà del secolo scorso.
Beneficiari nonostante condizioni iniziali difficili
Per rendersi conto delle affermazioni precedenti basterebbe mettere a confronto, anche solo sommariamente, le condizioni iniziali della prima generazione e la situazione attuale complessiva riguardante l’intera collettività italiana.Dei primi immigrati basterebbe ricordare le precarie
condizioni abitative, l’incomunicabilità a causa delle difficoltà linguistiche,
i grossi rischi che correvano i lavoratori nei cantieri di montagna e in alcune
attività industriali, le frequenti morti sul lavoro, i disagi psicologici per
la lontananza dalla famiglia, la mancanza di una rete sociale solidale, la
percezione di non essere ben visti da una parte consistente della popolazione
locale, la precarietà dei permessi, le espressioni spregiative con cui venivano
talvolta designati gli italiani tipo «cinkali» o peggio «chaibe Tschingg» (lurido italiano) e «sau Tschingg» (porco
italiano), ecc.
Se poi si aggiungessero le carenze scolastiche e
l’impreparazione professionale di gran parte degli immigrati italiani degli
anni Sessanta, si capirebbero facilmente i loro problemi d’inserimento non solo
nella società, ma anche nel mondo del lavoro qualificato e le difficoltà a
conseguire successivamente una qualifica professionale (eventualmente
frequentando corsi serali e durante il fine settimana), a pretendere salari più
elevati, a migliorare le condizioni abitative e il tenore di vita della
famiglia, ecc.
Oggi basta guardarsi intorno, osservare come i pensionati
italiani si godono la meritata pensione, parlare con gli immigrati rimasti di
quei folti gruppi giunti in Svizzera alla fine degli anni Cinquanta e negli
anni Sessanta e chiedere loro se la decisione di restare è stata un errore,
osservare con quanta pacatezza giustificano tutte le loro scelte di vita, senza
rimpianti e nostalgie, e quanto volentieri parlano della riuscita dei loro
figli, che hanno potuto studiare, apprendere un mestiere «come si deve» e che
oggi hanno un lavoro sicuro, ben retribuito e soddisfacente, una bella
famiglia… per rendersi conto che la vita difficile e quasi eroica dei primi
immigrati è ormai un lontano ricordo.
Beneficiari soprattutto i discendenti
Quegli immigrati, grazie a quella politica, ma soprattutto
alla loro intraprendenza, al loro coraggio e ai loro sacrifici, possono essere
considerati a giusta ragione anch’essi beneficiari dell’esperienza migratoria.
Ma non c’è dubbio che a beneficiarne maggiormente sono stati i loro discendenti
diretti e indiretti (seconda e terza generazione). Ad essi sarà dedicato il
prossimo articolo, senza dimenticare tuttavia che la loro riuscita è dovuta in
larga parte alla prima generazione.
Giovanni Longu
Berna, 21.12.2022