17 marzo 2021

Raniero Paulucci di Calboli e la «tratta delle bianche»

Com’è noto, quest’anno ricorre il 50° anniversario dell’ottenimento del diritto di voto e di eleggibilità da parte delle donne svizzere (1971). Il cammino verso il suffragio femminile è stato lungo ed è merito soprattutto delle donne svizzere aver perseverato nella lotta fino alla vittoria. Ci furono tuttavia anche molti uomini che si sono battuti per il riconoscimento di tale diritto per tutte le donne e più in generale per l’uguaglianza e le pari opportunità tra uomo e donna. In questo e nel prossimo articolo desidero ricordarne uno in particolare, non solo per la rilevanza avuta in queste battaglie, ma anche per il ruolo avuto nella storia dell’immigrazione italiana in Svizzera: il diplomatico italiano marchese Raniero Paulucci di Calboli (Roma 1861- Roma 1931).

«Il pregio e l’onore»

Raniero Paulucci di Calboli (al centro) a Tokio nel 1920
Discendente da un antico e nobile casato romagnolo, i Paulucci signori di Calboli, Raniero incarnò nella sua vita di diplomatico del Regno d’Italia alcune caratteristiche che Dante riconobbe nel capostipite della famiglia, Rinieri da Calboli, ossia «’l pregio e l’onore» (Purgatorio, canto XIV).

A 160 anni dalla nascita (15 marzo 1861, due giorni prima della proclamazione del Regno d’Italia) e a 90 anni dalla morte (12 febbraio 1931) anche Raniero merita di essere ricordato per aver onorato l’Italia non solo come insigne diplomatico (nelle sedi di Londra, Vienna, Parigi, Lisbona, Berna, Tokio, Madrid), ma anche come strenuo difensore degli immigrati agli inizi del secolo scorso.

Fin dalla sua prima esperienza diplomatica a Londra (1885-1886 e poi 1890-1895) rimase fortemente impressionato dalle misere condizioni di molti immigrati italiani e soprattutto dei venditori e suonatori ambulanti, spesso con donne e bambini al seguito che praticavano l’accattonaggio. Ne denunciò la condizione in un libro, I girovaghi italiani in Inghilterra e i suonatori ambulanti. Appunti storico-critici (1893), in cui faceva anche sapere che molti di quei bambini e bambine erano stati ceduti per pochi soldi da famiglie molto povere.

Lacrime e sorrisi


L’attenzione alle condizioni sociali e lavorative degli immigrati italiani di Raniero Paulucci proseguì anche a Parigi (1895-1906), dove, oltre a seguire il famoso Affaire Dreyfus, (un ufficiale ebreo alsaziano accusato di tradimento a favore dei tedeschi e che Paulucci riteneva innocente), dovette occuparsi anche dei frequenti atti di violenza che venivano compiuti contro operai italiani, talvolta con morti, come durante i sanguinosi incidenti del 1893 nelle saline di Aigues-Mortes.

Grazie alla diplomazia venne presto ripristinata la calma e l’incidente non ebbe ulteriori gravi conseguenze, ma non tutti i problemi erano risolti. Ad attirare nuovamente l’attenzione del diplomatico italiano giunto da poco a Parigi fu lo sfruttamento disumano di molti bambini italiani nelle vetrerie francesi. Anche l’Italia fu coinvolta nella denuncia del Paulucci perché spesso anche questi bambini venivano reclutati negli ambienti più poveri del Meridione e fatti arrivare in Francia con promesse illusorie.

Attraverso una serie di articoli apparsi su La Revue des Revues fra il 1897 e il 1898 riuscì a suscitare un vivace dibattito sia in Francia che in Italia. Gli articoli furono poi riuniti nel volume Larmes et sourires de l’émigration italienne (Paris 1909), tradotto e pubblicato in italiano nel 1996 col titolo già di per sé emblematico: Lacrime e sorrisi dell’emigrazione italiana.

Per garantire una maggiore tutela degli emigrati italiani, nel 1904 si giunse a un accordo tra l’Italia e la Francia, con cui entrambi i Paesi s’impegnavano a migliorare e adeguare le rispettive legislazioni sociali garantendo condizioni migliori a tutti i lavoratori.

I temi sociali stavano così tanto a cuore al diplomatico italiano che durante la sua permanenza a Parigi fu incaricato di rappresentare l’Italia nella giuria dell’Esposizione universale per la classe «assistenza e beneficienza» (1900), nella Conferenza internazionale per la repressione della tratta delle donne (1902) e nella Conferenza sanitaria internazionale (1903).

La tratta delle bianche

Il contributo di Raniero Paulucci fu notevole soprattutto alla Conferenza internazionale del 1902, che permise al rappresentante italiano di approfondire un tema così vergognoso e attuale come la tratta delle bianche, che riguardava purtroppo anche l’Italia. In un saggio del 1902 sulle ragazze italiane avviate ai mercati mondiali della prostituzione (La tratta delle ragazze italiane) accusò sedicenti «uffici d’emigrazione» e alcuni intermediari di fare «tratta regolare di ragazze» per avviarle ai mercati mondiali della prostituzione.

L’eco della denuncia di Raniero Paulucci non si è ancora spenta e sono tuttora frequenti le citazioni e gli articoli riguardanti questo illustre diplomatico italiano. Qualche anno fa Gian Antonio Stella ricordava in un capitolo della sua famosa opera L’orda che «decine e decine di poverette furono mandate all’inferno: i bordelli dell’Africa orientale» e che Raniero Paulucci «si scagliava furente contro quel losco ufficio d’emigrazione napoletano” che faceva “tratta regolare di ragazze per l’Egitto” […] dove anche i bordelli erano gestiti da italiani». Non risparmiava soprattutto quegli intermediari che approfittando delle disgrazie altrui, per esempio il terremoto calabrese del 1894, reclutavano giovani donne da inviare in Egitto come domestiche, ma in realtà per immetterle nel circuito della prostituzione.

Per risolvere il problema, alla conferenza di Parigi Paulucci propose di adottare una legislazione internazionale che superasse le rigide barriere innalzate dai nazionalismi imperanti. Un primo risultato fu raggiunto già nel 1904 con l’«Accordo internazionale inteso a garantire una protezione efficace contro il traffico criminale conosciuto sotto il nome di tratta delle bianche conchiuso a Parigi» e poi nel 1910 con l’adozione della «Convenzione internazionale per la repressione della tratta delle bianche», che sarà adottata da quasi tutti gli Stati (dall’Italia nel 1924, dalla Svizzera nel 1926).

L’emancipazione femminile

Nella rivista Nuova Antologia di scienze, lettere ed arti Paulucci scrisse a più riprese oltre che sulla tratta delle bianche anche su altri temi connessi con l’emigrazione e sulla questione più generale dell’emancipazione femminile, un tema che gli stava molto a cuore. Nel 1912 si era espresso chiaramente a favore dell’«abbandono definitivo di ogni pretesa di superiorità sulla donna da parte dell’uomo, reclamando il suffragio femminile».

Raniero Paulucci di Calboli denunciò severamente
soprattutto il fenomeno della «tratta delle bianche»

L’impegno del diplomatico italiano contro il mercato della prostituzione e lo sfruttamento dei minori, come pure i suoi interventi sempre ben documentati, gli avevano procurato una vasta notorietà, grazie alla quale nel 1921 fu nominato delegato alla Società delle Nazioni nelle commissioni contro la tratta delle donne e dei fanciulli e nel 1926 presidente dell’Unione internazionale per la protezione dell’infanzia.

Gli storici sono concordi nel ritenere importante il contributo di Raniero Paulucci di Calboli al miglioramento della legislazione internazionale sull’emigrazione. A differenza di molta stampa che denunciava sì il fenomeno ma lo amplificava inutilmente con ricostruzioni fantasiose ed esagerazioni, Paulucci alla denuncia faceva seguire le proposte di soluzione dei problemi, richiamando per esempio la responsabilità dei governi, suggerendo accordi internazionali, sollecitando misure efficaci di protezione delle donne e dei minori, ma anche sanzioni per i criminali. Più in generale, egli sosteneva misure efficaci di emancipazione femminile, la crescita sociale delle donne, l’uguaglianza dei diritti e dei doveri tra uomo e donna (per esempio in fatto di morale sessuale) e non da ultimo il suffragio femminile.

Circa il diritto di voto delle donne, il Paulucci provò inizialmente una grande soddisfazione nel costatare che almeno nel suo Paese era stata approvata una legge che garantiva alle donne il diritto di voto amministrativo (22 novembre 1925). Almeno altrettanto grande dev’essere stata però la delusione nell’apprendere pochi mesi dopo che quella legge era stata vanificata da un’altra riforma che l’annullava. (Segue)

Giovanni Longu
Berna 17.3.2021