10 luglio 2019

Immigrazione italiana 1950-1970: 20. Giovani, forti e … belli!


Quando si parla degli emigrati italiani residenti (stabilmente) in Svizzera nel periodo considerato (1950-1970), si omette spesso di caratterizzarli sotto l’aspetto culturale, socio-demografico e socio-economico, benché soprattutto allora alcune caratteristiche abbiano determinato il successivo sviluppo dell’intera collettività italiana. In questo e nei prossimi articoli ne verranno presentate alcune.

Giovani e forti…


Che le italiane e gli italiani immigrati in Svizzera nel secondo dopoguerra fossero giovani non ha bisogno di spiegazione perché è risaputo che ad emigrare erano soprattutto i giovani tra i diciotto e i trent’anni. Solitamente non erano sposati e questa condizione li rendeva facilmente adattabili anche a condizioni di vita e di lavoro difficili. Inoltre, non avendo vincoli familiari stretti, godevano di una grande libertà non solo nei comportamenti, ma anche mentale. Per esempio, soprattutto gli uomini soffrivano molto meno delle donne la nostalgia di casa, la solitudine, l’isolamento, la depressione.
Per molti giovani, maschi e femmine, l’emigrazione rappresentava una sorta di liberazione da molte forme di chiusura vissute prima di partire e un’opportunità irrinunciabile di nuove esperienze. Il coraggio non mancava. La speranza, più che la fortuna, era la stella polare.
Data l’età, gli immigrati del dopoguerra erano anche forti. Dovevano esserlo, anche perché il diritto di entrata e di soggiorno in Svizzera era dato, allora, solo da un permesso di lavoro e le attività che dovevano svolgere erano spesso dure e pesanti. Del resto la visita medica al passaggio della frontiera doveva accertare non solo l’assenza di malattie trasmissibili, ma anche l’idoneità a svolgere il lavoro indicato sul permesso. Spesso si trattava di lavori oltre che pesanti anche rischiosi, che fecero, purtroppo centinaia di vittime. Il loro contributo al miglioramento delle condizioni di lavoro degli immigrati è stato determinante.

… e belli!
Quanto gli immigrati del dopoguerra fossero belli nel senso comune del termine è difficile da stabilire, ma non c’è dubbio che quei giovani esprimevano una bellezza interiore particolare, che si manifestava in mille forme, per esempio cantando o mostrando una certa spavalderia, ma soprattutto con il coraggio nell’affrontare ogni tipo di difficoltà, la lotta per la realizzazione di un sogno, la voglia di andare avanti, la gioia di vivere nonostante tutto, ecc.
L’allegria di molti giovani immigrati fu contagiosa anche nel campo femminile svizzero. Il desiderio di nuovi contatti spinse molti italiani a rompere la cerchia dei connazionali e, superando l’ostacolo della comunicazione dovuto alle note difficoltà linguistiche, a tentare l’approccio con le giovani svizzere. Riuscì spesso, anche perché molte di esse, indifferenti alle paure dell’inforestierimento, non lo erano al carattere estroverso e allegro degli italiani, subendone il fascino.

Matrimoni e divorzi
Man mano che l’immigrazione si stabilizzava, cresceva tra gli italiani la propensione al matrimonio, con qualche particolarità che merita di essere rilevata. Poiché fino ai primi anni Cinquanta le donne italiane erano più numerose dei coetanei maschi (nel 1950: 77.423 contro 62.857), questi sposavano soprattutto concittadine, mentre un numero cospicuo di italiane sposava cittadini svizzeri (negli anni Cinquanta con una media di circa 1150 l’anno). Quando invece negli anni Sessanta i maschi divennero prevalenti rispetto alle connazionali (217.428 contro 128.795) fu inevitabile che molti italiani volgessero lo sguardo anche alle giovani indigene.
Comunque, dagli anni Sessanta i matrimoni tra italiane/i e svizzeri/e divennero sempre più numerosi e all’inizio degli anni Settanta i matrimoni misti cominciarono a prevalere (51,3%). Anche a causa della diversa proporzione tra maschi e femmine, fino al 1961 prevalsero i matrimoni tra svizzeri e donne italiane (nel 1960: 1041, contro soli 764 tra italiani e svizzere), dal 1962, invece, furono sempre più numerosi i matrimoni tra italiani e svizzere (nel 1970: 1326, contro appena 524 tra svizzeri e italiane). Occorre tuttavia aggiungere che molti di questi matrimoni, talvolta dopo soli pochi anni, si conclusero con un divorzio.
Da questi matrimoni con almeno un coniuge italiano nacquero molti figli, in numero proporzionalmente superiore a quello dei nati da connazionali svizzeri. Dalla seconda metà degli anni Sessanta la seconda generazione verrà sempre più alla ribalta e sarà essa, anche se indirettamente, a far cambiare (lentamente) la politica immigratoria svizzera. Dovrà tuttavia passare ancora molto tempo prima che diventi protagonista. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 10.07.2019