La clamorosa bocciatura dell’iniziativa popolare Mitenand/Essere solidali (1981) è stata considerata spesso come il rifiuto del popolo svizzero di una politica immigratoria nuova, più umana, più rispondente agli interessi degli immigrati e anche più giusta. In realtà, nemmeno il Consiglio federale metteva in dubbio la necessità di un cambiamento nella normativa e nella politica concernenti gli stranieri, ma erano forti le divergenze riguardanti le basi del cambiamento, i contenuti e i tempi di attuazione. Per i sostenitori dell’iniziativa bisognava introdurre nella Costituzione una modifica che consentisse al Governo e al Parlamento di attuare in tempi ravvicinati e in parte subito i cambiamenti chiesti. Al Governo, che considerava alcuni di essi come «pretese esorbitanti», sembrava invece prioritario proseguire la politica di stabilizzazione avviata nel 1970, che stava già dando i suoi frutti e introdurre alcuni miglioramenti importanti attraverso una nuova legge sugli stranieri già in fase di messa a punto. Il popolo svizzero preferì seguire il punto di vista del Governo. Fu un errore?
Necessità del cambiamento
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Respingere l’iniziativa Mitenand è stato un errore? |
Nei confronti degli stranieri residenti, gli
ambienti politici, economici, sindacali ed ecclesiali interessati ritenevano
urgente e necessario cercare di diminuire il disagio sociale vissuto dagli
immigrati, anche perché, sul finire degli anni Settanta, dopo la crisi, gli
stranieri rimasti e soprattutto gli italiani, venivano percepiti sempre più
come essenziali all’economia e una componente strutturale della società.
Già nel 1964, in un messaggio all’Assemblea
federale, il Consiglio federale aveva invitato i rappresentanti del Popolo
svizzero a rendersi finalmente conto che i lavoratori stranieri «sono diventati
ormai un fattore irrinunciabile della nostra vita economica» e pertanto «la
nostra futura politica dell'immigrazione non potrà limitarsi alla funzione
negativa di frenare l'entrata di nuovi lavoratori, ma dovrà assumersi anche la
funzione positiva di facilitare il mantenimento e l'assimilazione della
manodopera idonea». In questa ottica era stato concluso tra la Svizzera e
l’Italia il nuovo accordo migratorio del 1964.
Perché il Governo contestava in generale
l’iniziativa Mitenand
Il Consiglio federale, che era
istituzionalmente l’organismo più idoneo e rappresentativo per recepire gli
interessi dell’economia e le esigenze dei cittadini, già dalla metà degli anni
Sessanta aveva individuato una politica migratoria, incentrata sulla riduzione
e la stabilizzazione della manodopera straniera, che sembrava ben conciliare le
aspettative di entrambe le parti. Se l’iniziativa Mitenand fosse stata
approvata, secondo il Governo tale politica sarebbe stata compromessa e avrebbe
scontentato verosimilmente sia gli ambienti economici che i cittadini svizzeri.
Il Governo ne era talmente convinto che sembra
abbia chiesto ripetutamente agli autori dell’iniziativa di ritirarla prima di
sottoporla al voto popolare; diversamente avrebbe suggerito ai votanti di
respingerla. E’ probabile che la convinzione del Governo derivasse anche dalla
presunzione di avere una sorta di asso nella manica perché stava elaborando una
nuova legge sugli stranieri in cui riteneva che fossero meglio tutelati sia gli
interessi degli stranieri che quelli dei cittadini svizzeri.
Il Consiglio federale non si limitava a
contestare l’iniziativa nella sua impostazione generale, ma ne criticava alcuni
punti in particolare che considerava «pretese esorbitanti». Vale la pena di
seguito indicarne alcune perché di grande utilità per la comprensione della
politica migratoria svizzera, soprattutto nei confronti degli italiani.
I punti più controversi
Nelle numerose analisi dell’esito della
votazione sull’iniziativa Mitenand il punto più controverso è stato
individuato nella richiesta di sopprimere lo statuto
dello stagionale. Non credo che per i votanti questo statuto
rappresentasse un ostacolo insormontabile, ma per il Governo la richiesta di
abolirlo ha rappresentato sicuramente un motivo di rifiuto. La sua abolizione
avrebbe creato enormi difficoltà non solo ad alcuni rami importanti
dell’economia (basti pensare all’edilizia, all’agricoltura, ad alcuni comparti
del ramo alberghiero e della ristorazione), ma anche alla stessa Confederazione
nel suo ruolo di garante del mercato del lavoro e della «comune prosperità».
Altri punti decisivi dell’opposizione
del Governo all’iniziativa erano la richiesta di accordare agli stranieri la libertà
di domicilio, la libera scelta del posto di lavoro, il diritto al rinnovo del permesso di dimora sin
dall’inizio della loro residenza in Svizzera, il ricongiungimento
familiare, l’obbligo per la legislazione di considerare «in ugual misura
gli interessi degli svizzeri e degli stranieri», ecc. Nessuno di questi punti
si conciliava con la legislazione vigente e nemmeno con quella che il Consiglio
federale stava preparando. In breve, l’iniziativa appariva al Governo
incompatibile con l’attuale politica di stabilizzazione e con il disegno di
legge sugli stranieri in preparazione.
Il punto di vista del Consiglio federale
Il Consiglio federale era evidentemente
convinto di svolgere bene il suo ruolo nella nuova politica immigratoria, ma
non negava che fossero possibili e anzi auspicabili cambiamenti per assicurare
agli stranieri migliori condizioni di vita e di sviluppo personali e familiari.
A differenza degli autori dell’iniziativa Mitenand riteneva tuttavia che
i cambiamenti si potessero e dovessero attuare nel quadro costituzionale
attuale.
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Berna, manifestazione a sostegno dell’iniziativa Mitenand (1978) |
I cambiamenti che il Consiglio federale intendeva apportare alla legislazione sugli stranieri non dovevano stravolgere il quadro giuridico fondamentale previsto dalla legge federale sugli stranieri del 1931. Per esempio, il principio che lo Stato in tempi di crisi deve garantire la priorità dell'impiego alla manodopera indigena era insuperabile. In questo campo, l’assoluta parità tra cittadini e stranieri chiesta dall’iniziativa appariva priva di senso. «D’altra parte - scriveva il Consiglio federale in un Messaggio - non si può dimenticare che la protezione prioritaria della manodopera indigena è un principio valido ugualmente in altri Paesi, anche con una proporzione di stranieri molto inferiore».
Il Consiglio federale appariva invece più
flessibile su altri punti quali il ricongiungimento familiare e persino lo
statuto dello stagionale. Nel disegno di legge in preparazione era previsto,
per esempio, che il dimorante (annuale) potesse far venire in Svizzera il coniuge e i figli
minorenni già dodici mesi dopo il suo arrivo, purché dimostrasse di avere
un’attività sufficientemente stabile e disponesse di un alloggio familiare
conveniente. In casi particolari il termine avrebbe potuto essere addirittura
ridotto o annullato del tutto.
Quanto allo statuto dello stagionale, pur considerandolo al momento
insopprimibile, il Consiglio federale era fortemente intenzionato a riservarlo
esclusivamente ad attività davvero stagionali, in modo da eliminare gli abusi
dei «falsi stagionali».
Fu davvero un errore
respingere l’iniziativa?
Come noto, seguendo l’invito del Consiglio federale, il popolo svizzero
ha respinto clamorosamente l’iniziativa Mitenand, ritenendola inadeguata
ad eliminare il disagio degli stranieri e la difficile convivenza con gli
svizzeri. A questo punto, per rispondere alla domanda iniziale se sia stato un
errore seguire il punto di vista del Governo si sarebbe tentati di dire NO perché soprattutto
alcune richieste dell’iniziativa apparivano irrealizzabili, la politica di
stabilizzazione stava dando i suoi frutti, le promesse del Governo lasciavano
ben sperare.
E’ tuttavia possibile rispondere anche SÌ, alla luce della bocciatura nel 1982, sia
pure per una manciata di voti, della nuova legge federale sugli stranieri,
perché le due bocciature (a cui hanno contribuito anche le organizzazioni degli
stranieri (italiani), come si vedrà in seguito) hanno lasciato la situazione
invariata, rallentando gravemente tutti i miglioramenti auspicati e il processo
integrativo avviato nel 1970. Accettando l’iniziativa e introducendo magari
successivamente qualche correttivo, i cambiamenti sarebbero arrivati probabilmente
prima. (Segue)
Giovanni Longu
Berna 20.10.2021