02 gennaio 2020

Italia: risultati PISA preoccupanti - indispensabile riforma della scuola


Stando ai risultati dell’ultima indagine PISA (Programme for International Student Assessment), promossa dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nel 2018, gli allievi quindicenni italiani sono largamente insufficienti. Nella prova di «Lettura» hanno ottenuto solo 476 punti, undici in meno della media OCSE (487). Non è un conforto trovarsi vicini agli svizzeri (484 punti) in questa materia, perché nelle altre due prove di «Matematica» e «Scienza» sono ben al di sotto, mentre gli svizzeri si collocano nella fascia alta della classifica. E’ deludente soprattutto il confronto dell’Italia con gli altri Paesi dell’Unione europea (UE).

Risultati preoccupanti
Indagine OCSE-PISA 2018: allievi italiani sotto la media OCSE!
Per capire meglio la portata di questa indagine va precisato che la «Lettura» include la comprensione e l’analisi dei testi letti. Per questo è ritenuta una «competenza chiave» anche per conseguire altri obiettivi conoscitivi. Ma sono ritenute determinanti per il futuro delle giovani generazioni anche le altre due competenze esaminate, «Matematica» e «Scienza».
L’indagine PISA è importante non solo perché valuta, con un sistema di prove equivalenti, le competenze scolastiche degli allievi quindicenni di molti Paesi (nel 2018 sono stati circa 600.000 appartenenti a 79 Paesi), ma anche perché, indirettamente, valuta pure il sistema scolastico che ha prodotto quei risultati.
Ebbene, limitando l’osservazione all’UE, non solo gli allievi italiani risultano lettori insufficienti, ma anche l’Italia non supera la media. Resta infatti in fondo classifica (20° posto su 28). In tutte e tre le materie esaminate la prestazione media degli allievi italiani è stata inferiore, tra gli altri Paesi, a quella di Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Svezia e Regno Unito. L'Italia ha ottenuto un punteggio simile a quello del Portogallo e della Spagna in matematica, ma inferiore a questi due Paesi in scienze e inferiore a quello del Portogallo in lettura.
Commentando questi dati, l’ex ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti, ha ammesso: «Questi risultati ci preoccupano perché è un problema che ci trasciniamo da troppo tempo»; rispetto alle precedenti rilevazioni, i risultati «sono molto peggiori di quelli di una ventina di anni fa». Questo significa, ha proseguito, che bisogna investire con forza nella scuola.

Riforma necessaria del sistema formativo
Le preoccupazioni e le intenzioni di Fioramonti sono condivisibili, ma non bisogna farsi troppe illusioni. Le dimissioni del ministro, per protesta contro gli stanziamenti insufficienti per la scuola e la ricerca, non basteranno a produrre il cambiamento auspicato. Una vera e profonda riforma del sistema formativo italiano è impresa difficile e complicata non solo per i finanziamenti ingenti che comporterebbe, ma anche perché bisognerebbe ripensare profondamente l’idea stessa di scuola, la sua funzione, la preparazione degli insegnanti, la partecipazione delle famiglie, dell’economia, degli enti territoriali, dello Stato.
Trattandosi di una riforma colossale ma decisiva per il futuro non solo dei giovani interessati ma dell’intero Paese, dovrebbe cominciare subito sensibilizzando l’opinione pubblica a considerare la buona scuola la condizione indispensabile per la prosperità e lo sviluppo della società. Nella scuola bisogna investire non solo molto denaro, ma anche fiducia, serietà, competenze da parte degli insegnanti (tenuti alla formazione continua), ma soprattutto prospettive concrete di valorizzazione delle conoscenze acquisite.

Il sistema svizzero
Non so se la Svizzera possa rappresentare per l’Italia un modello, ma è certamente un Paese che investe molto nella formazione e nella ricerca, che riesce (quasi sempre) a far funzionare armoniosamente una ventina di sistemi scolastici differenti, che riesce a integrare allievi con provenienze e culture diverse, che offre a tutti sbocchi professionali interessanti e adeguati alle competenze acquisite.
La Svizzera è invece sicuramente un modello nel superamento dell’annosa diatriba tra studenti e apprendisti, ossia tra chi segue un curriculum scolastico destinato a concludersi con un titolo accademico e chi, invece, segue un percorso formativo teorico-pratico finalizzato al conseguimento di competenze tecniche. Le due filiere sono infatti entrambe pienamente apprezzate e riconosciute di pari grado.
L’Italia farebbe sicuramente un grande passo avanti a livello europeo e mondiale se riuscisse a far avanzare armoniosamente le due filiere, sviluppando sinergie che, come in Svizzera, sono alla base della prosperità generale e della valorizzazione delle risorse territoriali in ambito industriale, agricolo, commerciale, turistico, ecc.
BUON ANNO A TUTTI!
Giovanni Longu
Berna, 2.1.2020