Stando ai risultati dell’ultima indagine PISA
(Programme for International Student Assessment), promossa dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nel
2018, gli allievi quindicenni italiani sono largamente insufficienti. Nella
prova di «Lettura» hanno ottenuto solo 476 punti, undici in meno della media
OCSE (487). Non è un conforto trovarsi vicini agli svizzeri (484 punti) in
questa materia, perché nelle altre due prove di «Matematica» e «Scienza» sono
ben al di sotto, mentre gli svizzeri si collocano nella fascia alta della
classifica. E’ deludente soprattutto il confronto dell’Italia con gli altri
Paesi dell’Unione europea (UE).
Risultati preoccupanti
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Indagine OCSE-PISA 2018: allievi italiani sotto la media OCSE! |
Per capire meglio la portata di questa
indagine va precisato che la «Lettura» include la comprensione e l’analisi dei
testi letti. Per questo è ritenuta una «competenza chiave» anche per conseguire
altri obiettivi conoscitivi. Ma sono ritenute determinanti per il futuro delle
giovani generazioni anche le altre due competenze esaminate, «Matematica» e
«Scienza».
L’indagine PISA è importante non solo perché
valuta, con un sistema di prove equivalenti, le competenze scolastiche degli
allievi quindicenni di molti Paesi (nel 2018 sono stati circa 600.000
appartenenti a 79 Paesi), ma anche perché, indirettamente, valuta pure il
sistema scolastico che ha prodotto quei risultati.
Ebbene, limitando l’osservazione all’UE, non
solo gli allievi italiani risultano lettori insufficienti, ma anche l’Italia non
supera la media. Resta infatti in fondo classifica (20° posto su 28). In tutte e tre le materie
esaminate la prestazione media degli allievi italiani è stata inferiore, tra
gli altri Paesi, a quella di Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia,
Slovenia, Svezia e Regno Unito. L'Italia ha ottenuto un punteggio simile a
quello del Portogallo e della Spagna in matematica, ma inferiore a questi due Paesi
in scienze e inferiore a quello del Portogallo in lettura.
Commentando questi dati, l’ex ministro
dell’istruzione Lorenzo Fioramonti, ha ammesso: «Questi risultati
ci preoccupano perché è un problema che ci trasciniamo da troppo tempo»; rispetto
alle precedenti rilevazioni, i risultati «sono molto peggiori di quelli di una
ventina di anni fa». Questo significa, ha proseguito, che bisogna investire con
forza nella scuola.
Riforma necessaria del sistema formativo
Le preoccupazioni e le intenzioni di
Fioramonti sono condivisibili, ma non bisogna farsi troppe illusioni. Le
dimissioni del ministro, per protesta contro gli stanziamenti insufficienti per
la scuola e la ricerca, non basteranno a produrre il cambiamento auspicato. Una
vera e profonda riforma del sistema formativo italiano è impresa difficile e
complicata non solo per i finanziamenti ingenti che comporterebbe, ma anche
perché bisognerebbe ripensare profondamente l’idea stessa di scuola, la sua
funzione, la preparazione degli insegnanti, la partecipazione delle famiglie,
dell’economia, degli enti territoriali, dello Stato.
Trattandosi di una riforma colossale ma
decisiva per il futuro non solo dei giovani interessati ma dell’intero Paese,
dovrebbe cominciare subito sensibilizzando l’opinione pubblica a considerare la
buona scuola la condizione indispensabile per la prosperità e lo sviluppo della
società. Nella scuola bisogna investire non solo molto denaro, ma anche
fiducia, serietà, competenze da parte degli insegnanti (tenuti alla formazione
continua), ma soprattutto prospettive concrete di valorizzazione delle
conoscenze acquisite.
Il sistema svizzero
Non so se la Svizzera possa rappresentare per
l’Italia un modello, ma è certamente un Paese che investe molto nella
formazione e nella ricerca, che riesce (quasi sempre) a far funzionare armoniosamente una
ventina di sistemi scolastici differenti, che riesce a integrare allievi con
provenienze e culture diverse, che offre a tutti sbocchi professionali
interessanti e adeguati alle competenze acquisite.
La Svizzera è invece sicuramente un modello
nel superamento dell’annosa diatriba tra studenti e apprendisti, ossia tra chi
segue un curriculum scolastico destinato a concludersi con un titolo accademico
e chi, invece, segue un percorso formativo teorico-pratico finalizzato al
conseguimento di competenze tecniche. Le due filiere sono infatti entrambe
pienamente apprezzate e riconosciute di pari grado.
L’Italia farebbe sicuramente un grande passo
avanti a livello europeo e mondiale se riuscisse a far avanzare armoniosamente
le due filiere, sviluppando sinergie che, come in Svizzera, sono alla base
della prosperità generale e della valorizzazione delle risorse territoriali in
ambito industriale, agricolo, commerciale, turistico, ecc.
BUON ANNO A TUTTI!
Giovanni Longu
Berna, 2.1.2020
Berna, 2.1.2020