19 giugno 2024

21. L’Europa verso l’unità col sostegno di Pio XII

Pio XII favorì la ricerca dell’unità europea perché vedeva in essa l’espressione della volontà di Dio di «condurre all'unione degli spiriti e dei cuori in una stessa fede e in uno stesso amore» tutti i popoli europei. Nel 1947 volle dare all'Europa un patrono, San Benedetto da Norcia, per ricordare al Vecchio Continente la sua vocazione cristiana, lasciando intendere che i confini dell’Europa erano almeno quelli del monachesimo, che andavano ben oltre i confini segnati dai blocchi della «guerra fredda». Dotato di grande senso pratico, Pio XII riteneva che all'unità dell’Europa si sarebbe arrivati solo a tappe, perché così era stato tentato in passato con Carlo Magno, col Sacro Romano Impero, col monachesimo e con le crociate. Pio XII ha anche sperato invano di vedere il superamento dei blocchi, la riconciliazione delle Chiese d’Occidente e d’Oriente e l’unione dell’Europa. Gli è riuscito di vedere solo l’avvio di quest’ultima e dev'essere stata comunque per lui un grande consolazione.

Le condizioni di una pace durevole

Con la fine della seconda guerra mondiale (5 maggio 1945), l’aspirazione di tutti, vincitori e vinti, soprattutto in Europa, era quella di una pace vera, giusta e durevole. Era pienamente condivisa anche dalla Santa Sede, ma doveva fondarsi «sul timore filiale di Dio, sulla fedeltà ai suoi santi comandamenti, sul rispetto della dignità umana, sul principio sacro della uguaglianza dei diritti per tutti i popoli e tutti gli Stati, grandi e piccoli, deboli e forti». E poiché «la guerra ha suscitato dappertutto discordia, diffidenza e odio, […] se il mondo vuol ricuperare la pace occorre che spariscano la menzogna e il rancore e in luogo loro dominino sovrane la verità e la carità». Pio XII si è speso moltissimo per la pace.

Sosteneva anche l’idea di intellettuali, personalità politiche e attenti osservatori, molti dei quali appartenenti al mondo cattolico, che per evitare in futuro disastri come quelli vissuti auspicavano per l’Europa non solo una riconciliazione dei popoli che si erano combattuti, ma anche un processo d’integrazione per «associare gradualmente […] vincitori e vinti in un’opera di ricostruzione» e per assicurare una pace durevole.

Pio XII credeva sinceramente all'idea di un’Europa unita, da raggiungere con gradualità, com'era stato tentato nel passato con Carlo Magno e il Sacro Romano Impero, unendo «la romanità e il Vangelo», e mettendo insieme «i popoli d’Europa sotto il vessillo e l’autorità di Cristo». Tale processo non sarebbe stato possibile né accelerarlo né frenarlo, ma bisognava agevolarlo. Pio XII ha cercato di farlo in tutti i modi possibili e non fu sempre facile. «Forse non vi è campo della vita pubblica i cui si sia tanto impegnato come quello dell’Europa unita» (Le Monde, 10 ottobre 1958).

Dovette, infatti, accettare suo malgrado gli impedimenti provenienti dai Paesi dell’est europeo, dominato dal comunismo vessatorio e senza Dio, ma dovette anche non cedere all'anticomunismo ossessivo e miope statunitense, per tenere aperta la porta del dialogo col mondo comunista qualora la diplomazia vaticana, quella ufficiale e quella informale, gli avesse indicato qualche possibilità.

Pio XII e l’unità dell’Europa

Ci credeva ed era convinto che fosse realizzabile, anche se le condizioni che suggeriva potevano apparire a molti irrealizzabili. Laicismo e secolarizzazione erano infatti in crescita. Nondimeno Pio XII era fiducioso e nel 1946 indicò nella Svizzera un modello di organizzazione politica per l’Europa, non solo perché «in piccolo è ciò che molti desiderano che l'Europa sia in grande», ma anche perché gli sembrava un esempio di come l’unità, «difficile da creare artificialmente», può essere raggiunta se lasciata libera di crescere organicamente, come la vita nascente, animata da una fede incrollabile in Dio e ancorata alla storia e alla cultura.

(Da sinistra) Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, e Robert Schuman:
tre statisti che fecero compiere all'Europa i primi passi verso l'unità.
A lungo termine il processo d’integrazione europea avrebbe potuto coinvolgere anche i Paesi dell’est. L’ottimismo di Pio XII non si spense con la sua morte (1958), perché la preparazione della sua Ostpolitik (politica verso l’Oriente) risulterà preziosa per i suoi successori.

Pio XII riuscì comunque a vedere l’avvio promettente di quel processo (1951: fondazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio, 1957: Trattato di Roma che istituiva la Comunità economia europea (CEE) e la Comunità europea dell'energia atomica (Euratom), anche se limitate inizialmente ad alcuni Paesi dell’Europa occidentale. 

E dev'essere stato per lui una grande soddisfazione osservare che a sostenere quel processo fossero soprattutto la Francia, la Germania e l’Italia, ossia le tre nazioni che avevano costituito la struttura portante dell’Impero di Carlo Magno e poi del Sacro Romano Impero, che avevano contribuito non poco all'evangelizzazione del resto del Vecchio Continente, «dal Mar Baltico al Mediterraneo», dall'Oceano Atlantico alle pianure della Polonia» attraverso «legioni di benedettini» e che, di recente, avevano superato la divisione tra vincitori e vinti. 

A ciò si aggiungeva la circostanza straordinaria che in quel momento alla guida delle tre più grandi nazioni c’erano tre ferventi cattolici: Robert Schumann, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi. Di essi si continuerà a parlare nel prossimo articolo.

Giovanni Longu
Berna 19.06.2024