08 marzo 2023

8 marzo: giornata internazionale della donna!

Per ragioni d’età, alle giovani generazioni può sfuggire quanta strada abbiano dovuto percorrere le donne in Svizzera per giungere alla situazione attuale di quasi assoluta parità uomo-donna. Chi obiettasse che l’uguaglianza non è stata ancora raggiunta avrebbe ragione, ma dovrebbe ammettere che i pochi punti percentuali ancora mancanti sono ben poca cosa rispetto alla distanza che separava i due sessi 70-80 anni fa, quando l’uguaglianza appariva un’utopia. Rievocare oggi alcuni obiettivi raggiunti dovrebbe rafforzare l’ottimismo anche tra le donne con un passato migratorio.

Donne, forza di lotta e di sviluppo

Le donne sono sempre state in prima linea nella lotta contro le ingiustizie e per i diritti, ma sempre pacificamente. Durante la guerra avevano sperimentato con successo che potevano sostituire senza grossi problemi gli uomini in quasi tutti gli ambiti tipicamente maschili del lavoro agricolo e industriale. Purtroppo questi titoli di merito non hanno accelerato il processo di avvicinamento all'uguaglianza.

Ciò nonostante, da allora le donne sono state e sono sempre in prima fila nella lotta per la pace, la salvaguardia dei diritti umani, la tutela dell’ambiente, lo sviluppo sostenibile e contro la guerra, la dittatura, il razzismo, la discriminazione, il sottosviluppo. Nella Giornata internazionale della Donna si ricorda, in Svizzera, soprattutto la conquista (tardiva, rispetto ad altri Paesi) del diritto di voto delle donne nel 1971, ma andrebbe ricordato che non furono meno importanti altre conquiste in ambito sociale, formativo e professionale.

Nel dopoguerra le donne partivano svantaggiate in quasi tutti i campi rispetto agli uomini ed è difficile rendersi conto di quanto abbiano lottato per superare gli ostacoli non solo in politica, ma anche nell'istruzione (perché la formazione superiore non era un diritto uguale per tutti), nella preparazione professionale (perché si riteneva che il lavoro «femminile» non richiedesse grandi conoscenze), in campo retributivo (parità salariale per un uguale lavoro), nell'accesso a tutte le professioni e a tutti i livelli (anche a quelli riservati tradizionalmente agli accademici e agli ufficiali dell’esercito).

Le lotte per la formazione e la professione

Molti ricordano sicuramente che fino a poco tempo fa si faceva la distinzione tra professioni maschili e femminili. In effetti la statistica, che registra solo i fatti e non le intenzioni, registrava e forse continua a registrare che certe professioni sono praticate più dalle donne che dagli uomini e viceversa. Solo che in passato si attribuiva a questa costatazione un significato che in realtà non aveva. Spesso infatti non si trattava di propensioni (ai lavori domestici, alla cura dei bambini, all'assistenza…) ma di convenienze (soprattutto degli uomini).

la formazione e la professionalità hanno spianato
alle donne la strada del successo e dell'uguaglianza. 
Oggi non sorprende più nessuno che accanto alle casalinghe (per altro diminuite negli ultimi trent'anni dal 64,4% al 27,3%) ci siano anche uomini dediti a tempo pieno alle «faccende domestiche» e accanto ai meccanici o ai camionisti lavorino donne meccaniche e camioniste. Da tempo quella distinzione ha cominciato a vacillare perché nessun campo di attività professionale è rimasto estraneo all'interesse e alle capacità delle donne, che partecipano sempre più alle formazioni superiori e nell'attività professionale dimostrano di non essere meno brave degli uomini a tutti i livelli, anche dirigenziali.

I risultati si vedono

Negli ultimi trent'anni l’attività lavorativa delle donne dai 15 ai 64 anni è notevolmente cresciuta. Se nel 1991 il tasso di attività femminile era del 68,2% e quello degli uomini del 91,1%, nel 2022 i due valori si sono notevolmente avvicinati (risp. 79,6% e 87,4%). Per altro, del 20,4% di donne senza un’occupazione professionale quasi il 30% era in formazione (mentre 30 anni fa lo era solo il 17,5%). Nel 2022 sono risultati assai vicini anche i valori riguardanti la disoccupazione (donne: 4,7%, uomini: 4,2%), mentre nel 1991 il tasso di disoccupazione delle donne era più che doppio rispetto a quello degli uomini (risp. 2,6% e 1,2%), denotando che in campo professionale le differenze di genere si attenuano sempre più.

Ancora, nello stesso periodo è cresciuta più che nel campo maschile non solo l’occupazione, ma anche la posizione professionale delle donne perché le lavoratrici autonome sono passate dal 7,6% all'11,7% (uomini: dal 14,3% al 15,7%) e le dipendenti con funzione direttiva dal 12,2% al 14,1% (uomini: dal 21,5% al 20,5%), denotando anche qui che il livello professionale delle donne è in continua crescita.

Infine, mi sembra opportuno ricordare che a beneficiare di questo processo di avvicinamento tra i due sessi soprattutto in ambito professionale sono anche le donne con origini migratorie. Insieme è auspicabile continuare a lavorare per il raggiungimento della piena uguaglianza.

Giovanni Longu
Berna 8.3.2023