Nel 1850, due anni dopo la costituzione dello Stato federale e 11 anni prima dell’Unità d’Italia, la Svizzera trovò negli Stati confinanti i suoi principali partner commerciali, ma il Regno di Sardegna (Regno d’Italia dal 1861) risulterà tra i più affidabili. La giovane Confederazione, ancora in fase di consolidamento ma con un sistema industriale ben avviato, aveva bisogno di sbocchi commerciali sicuri e il Regno di Sardegna, che il Congresso di Vienna aveva ampliato con i territori della Repubblica di Genova, era in grado di offrirle anche un porto efficiente per le esportazioni d’oltremare. Alla luce della storia dell’immigrazione italiana in Svizzera ritengo opportuno rievocare l’Accordo commerciale del 1850, a cui ne seguiranno molti altri, perché consente di ricordare tre costanti della politica svizzera nei confronti dell’Italia: cura dei rapporti di buon vicinato, disponibilità alla collaborazione in tutti i campi, garanzia della reciprocità.
Rapporti di buon vicinato
Prima del 1850 esistevano già frequenti scambi tra la Svizzera e l’Italia ((considerata nel suo complesso) soprattutto in campo religioso (monachesimo, Riforma e Controriforma), militare (importanti contingenti di mercenari di stanza nel Mezzogiorno), economico (notevoli flussi migratori dalla Svizzera verso l’Italia e forti investimenti specialmente nel settore industriale) e umano (Svizzera terra d’asilo per molti perseguitati religiosi e politici), ma non erano né sistematici né regolamentati. Anche per questo acquista grande rilevanza l’accordo commerciale tra Svizzera e Italia del 1850.
Per comprendere maggiormente la portata di quell'accordo, è tuttavia
necessario ricordare che il Lombardo-Veneto era allora (fino al 1866) sotto il
dominio austriaco e tra la Svizzera e l’Austria i rapporti erano pessimi per la
minaccia austriaca di cacciar via dalla Lombardia tutti i ticinesi perché il
Ticino accoglieva (con spirito di fratellanza) i numerosi renitenti, disertori
e perseguitati politici lombardi che riuscivano a passare la frontiera.
E’ vero che la Svizzera, anche in ossequio alle regole introdotte dal Congresso di Vienna, ospitava malvolentieri i rifugiati politici (renitenti, disertori, rivoluzionari) perché le procuravano facili recriminazioni da parte degli Stati europei interessati, ma non accettava ingerenze nella sua politica d’asilo. Del resto, per limitare le richieste di espulsione di rifugiati «pericolosi» (soprattutto da parte dell’Austria-Ungheria, ma anche del Regno sardo), la Confederazione proibiva loro di fare propaganda politica contro gli Stati vicini sul suo territorio, sia che si trattasse di Mazzini, di Lenin, di Trotsky o di chiunque altro, ma non poteva impedire che migliaia di svizzeri sostenessero i patrioti italiani e i loro moti rivoluzionari o vi partecipassero direttamente, come durante l’insurrezione di Milano (le famose cinque giornate del marzo 1848).
Accordi con l’Italia
Non si può dire che con l’accordo commerciale del 1850 la
Svizzera considerasse l’Italia più affidabile degli altri Stati confinanti, ma quella
scelta fu certamente facilitata dalla circostanza non di poco conto che in quel
momento i rapporti col Regno di Sardegna erano meno tesi e più promettenti di
quelli con l’Austria-Ungheria, la Germania e la Francia. Con questi Stati, le
difficoltà erano dovute non solo alla questione dei rifugiati politici, ma
anche a rivendicazioni territoriali (per esempio, la Prussia rivendicava il
controllo sul Cantone di Neuchâtel, nonostante la contrarietà della maggioranza
della popolazione), all'introduzione unilaterale di dazi doganali su alcuni
prodotti, a divergenze politiche, ecc.
Col Regno di Sardegna, invece, le relazioni erano più
tranquille, essendo chiaro a tutti che i ticinesi sentissero una forte empatia
verso i «fratelli» italiani, in lotta per una giusta causa (tanto da spingere alcune
migliaia di ticinesi a partecipare attivamente al Risorgimento italiano
combattendo, inviando armi, accogliendo i fuggitivi e nonostante le limitazioni
e gli obblighi imposti dal Consiglio federale).
I numerosi accordi che seguirono a quello del 1850,
evidentemente di buon auspicio, hanno consolidato quella «amicizia perpetua e
libertà reciproca di domicilio e commercio» tra la Svizzera e l’Italia sancita
dall'accordo fondamentale del 1868, stabilendo per sempre la direzione e lo
spirito dei rapporti italo-svizzeri, che hanno raggiunto, oggi, «un livello di
eccellenza senza precedenti» (Ambasciatore d’Italia Gian Lorenzo Cornado).
Giovanni Longu
Berna 22.01.2025