22 marzo 2024

Elezioni russe: perché ha vinto Vladimir Putin?

Alle recenti elezioni russe ha vinto Vladimir Putin e, forse, non poteva essere altrimenti. Infatti Vladimir non è un nome qualunque, ma il nome di un vincitore divenuto un simbolo (nomen omen, un nome un destino, avrebbero detto i latini), il simbolo della vittoria e della continuità russa. Comunque le si voglia considerare, regolari o falsate, sono un dato di fatto di cui bisogna tener conto, anche in Occidente, perché rispecchiano una tendenza e una continuità più che millenaria. Non si può infatti dimenticare che la nascita della Russia avvenne a Kiev quando il principe Volodymyr, capo di una delle tribù slave che abitavano nella regione, riuscì a costituire un regno chiamato Rus’ di Kiev, confinante a sud con l’Impero bizantino, grazie a una politica e una fede divenute tradizionali in Russia.

La riuscita di Vladimir

Quando sul finire del Novecento alcuni generali cercarono di spodestare l’imperatore di Bisanzio (già Costantinopoli) Basilio II (976-1025), questi chiese rinforzi proprio alla Rus’ di Kiev, che inviò i soccorsi richiesti, pretendendo in cambio la promessa di un’alleanza su base matrimoniale: l’imperatore avrebbe acconsentito al matrimonio di sua sorella Anna Porfirogenita col principe Volodymyr. Nel 988 gli alleati sconfissero i generali ribelli e l’imperatore dovette mantenere le promesse.

Prima del matrimonio, Volodymyr dovette però convertirsi al cristianesimo e farsi battezzare, prendendo il nome slavo-russo di Vladimir. A sua volta, dopo il matrimonio, fece battezzare il suo popolo e da allora Kiev divenne capoluogo di una nuova provincia ecclesiastica (con un metropolita sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli) e un importante centro di diffusione del cristianesimo tra i popoli slavi, che poteva contare sul sostegno di numerose chiese e monasteri.

Quando Vladimir morì (1015) il suo corpo fu diviso in tante parti per essere distribuite fra le chiese e i monasteri che aveva fondato, ma anche il suo regno andò a pezzi (principati indipendenti). Cercò di raccoglierne l’eredità politica e spirituale dapprima il principato di Vladimir, allora il più esteso (a nord-est della Rus’ di Kiev), con capitale Vladimir (fondata tra il 990 e il 1108), che venne ingrandita e abbellita con chiese, monasteri ed edifici associati (oggi appartenenti al patrimonio mondiale dell’UNESCO). Nel XIII secolo, quando la Rus’ di Kiev fu invasa dai Mongoli, il principato si disgregò in 11 piccoli principati autonomi, uno dei quali era quello di Moscova, la regione attorno a Mosca (originariamente un villaggio di pescatori fondato nel 1147 sulle rive del fiume Moscova).

Da Vladimir a Mosca

Nel XIII-XIV secolo il principato di Moscova si estese fino a comprendere non solo il principato di Vladimir, ma l’intero territorio della Rus’ di Kiev, raccogliendone di fatto l’eredità politica e spirituale. Il suo potere politico era diventato così incontrastato da giungere a patti anche con i Mongoli (i quali riconobbero al principe Ivan I il titolo di Gran Principe di Vladimir nel 1328). Sul terreno religioso, invece, i successi arrivarono più lentamente a causa di difficoltà interne ed esterne alla Chiesa d’Oriente dopo il Grande Scisma del 1054, che aveva sancito la separazione dalla Chiesa di Roma.

Data l’importanza crescente della Russia, nel 1448 la chiesa russa decise di separarsi dal Patriarcato di Costantinopoli. Nel 1453, quando Costantinopoli fu presa dai musulmani Ottomani, per la chiesa russa sembravano aprirsi nuove prospettive. Le ambizioni cominciarono a diventare realtà nel 1547 quando il Granducato di Mosca divenne Regno russo e Ivan IV assunse il titolo di zar. Nel 1589 la sede ecclesiastica di Mosca fu elevata a patriarcato alla pari, di fatto, degli altri quattro patriarcati della Chiesa ortodossa (Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Antiochia e Gerusalemme).

A quel punto Mosca poteva ambire a diventare una grande capitale, corrispondente al prestigio e all'importanza che il Regno stava acquistando nel mondo. Tra le prime costruzioni della nuova capitale, che nelle intenzioni dello zar doveva diventare per prestigio e importanza la «terza Roma», va ricordata la cattedrale di San Basilio sulla Piazza Rossa (1555-1561), con lo stile inconfondibile di molte chiese russe con evidenti influenze dell’architettura bizantina.

Più tardi, con lo zar Pietro il Grande (1672-1725), la capitale fu trasferita in una città nuova di zecca, San Pietroburgo, edificata e abbellita secondo i modelli più accreditati dell’Occidente. Mosca perse prestigio, ma conservò sempre una certa vivacità, diventando un importante centro commerciale e industriale. All'inizio del secolo scorso fu investita dalla rivoluzione russa seguita dalla guerra civile che provocò gravi danni alla città. Nel 1918 la capitale fu nuovamente riportata a Mosca, ma solo dopo la guerra civile (1921) si riprese completamente dallo sfacelo. I moscoviti riebbero la «loro» città, che amavano più di San Pietroburgo, benché meno bella, perché più corrispondente al sentimento «slavo» e alla coscienza religiosa del popolo. Per molti credenti Mosca era rimasta la «città santa», la più vicina alla Gerusalemme celeste dell’Apocalisse di san Giovanni, tanto da chiamare la cattedrale di San Basilio anche Ierusalim.

L’attualità nella continuità

Vladimir I, alleandosi con l’impero bizantino e convertendosi al cristianesimo, allora le due forze che reggevano il mondo, «riuscì a fondere in un solo popolo tutte le sue tribù e introdusse la Russia intera nella famiglia dei popoli europei. Da quel momento la Russia [Rus’ di Kiev] non era più un paese barbarico» (Bonanate M. 1988). Per essere riconosciuta un grande Paese, la Rus’ di Kiev aveva avuto bisogno di una capitale rappresentativa, una «città santa» in grado di esprimere contemporaneamente il potere terreno e il potere spirituale, come era avvenuto con Kiev, poi con Vladimir e ora con Mosca.

Vladimir Putin, vincitore assoluto delle elezioni 2024
A Vladimir si sono ispirati, chi più chi meno, tutti i suoi successori al vertice della Russia, utilizzando soprattutto due leve: la coesione del popolo russo (impresa tutt'altro che facile, data la varietà delle popolazioni che lo compongono) alimentata anche da un forte sentimento religioso e i rapporti di buon vicinato con i Paesi vicini. Anche Vladimir Putin, nelle ultime elezioni, ha fatto leva soprattutto sulla coesione e il sostegno del popolo russo, non potendo far leva sui rapporti di buon vicinato praticamente con tutti i Paesi occidentali.

Per capire la portata delle recenti elezioni russe bisognerebbe tener presente la tradizione politica russa, che ha sempre considerato il «popolo russo» non come una somma di etnie diverse, ma come un’unica entità, da tenere unita e da difendere a qualunque prezzo, dovunque si trovasse. Come avrebbe reagito chiunque avesse avuto il potere di Vladimir Putin se avesse avuto la convinzione che propri concittadini fossero stati privati di diritti fondamentali?

E siccome in Russia tra potere politico e potere religioso non c’è vera separazione ma piuttosto sovrapposizione, bisognerebbe tener conto anche del fatto che pure per la chiesa russa non esiste separazione tra i russi che stanno in Russia e i russi che ne stanno fuori, dunque, per esempio, tra Russia e Ucraina. «Per questo, nel 2018, quando il patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha riconosciuto l’autonomia alla Chiesa ortodossa nazionale dell’Ucraina, con la nascita del patriarcato di Kiev, Mosca ha rotto qualsiasi relazione con entrambi, catalogando la nuova conformazione ucraina come “scismatica”» (Mattonai P. 2022).

Considerazioni finali

Il patriarca Kirill per una pace russa!
Ci si può rammaricare che la nostalgia della Russia imperiale sia ancora presente sia in Kirill che in Putin e sulla base di questo mito facciano scelte e compiano azioni ispirate a una forma di nazionalismo inaccettabile, ma non va dimenticato che dello stesso mito si sono nutrite generazioni di russi. Non si tratta di giustificare l’annessione della Crimea o l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, ma di spiegarle, ricordando, come ha fatto recentemente la rivista Limes, che «per la Russia il futuro è il passato».

Non ci si dovrebbe dunque meravigliare se Putin abbia stravinto le elezioni presidenziali del 2024 e tantomeno non accettare l’esito elettorale, perché esso corrisponde in larga misura al sentimento nazionale (nazionalistico?) dei russi. L’esito non piace? Putin non piace? Bisogna farsene una ragione, perché questo è il mondo russo, piaccia o non piaccia, e non saranno certamente le sanzioni, le esclusioni o, peggio ancora, una guerra ad oltranza a far cambiare idea e sentimenti a generazioni di russi.

A noi occidentali Putin può non piacere, anzi non piace affatto; ma non per questo dovrebbe non piacere nemmeno ai russi. Nella storia russa ci fu uno zar, Ivan IV, che il popolo aveva soprannominato «Il terribile». A noi potrebbe sembrare che il popolo dovesse odiarlo, ma non lo odiava affatto, anzi gli era devoto perché era «terribile» nei confronti dei «boiardi», i grandi burocrati (oggi diremmo i grandi oligarchi), perché spesso non agivano nell'interesse del popolo.

Non credo che di Putin si possa dire la stessa cosa, ma non dovrebbe essere il suo popolo a deciderlo? E se il popolo lo ha in qualche modo premiato per il suo modo di agire risoluto, perché non prenderne atto? A meno che si preferisca pensare che la stragrande maggioranza del popolo russo sia stata turlupinata dalla propaganda ingannevole di Putin o costretta a votare sotto minacce o, peggio ancora, che i russi siano incapaci d’intendere e di volere!

Domande fondamentali

Papa Francesco, da anni invoca la pace!
Ma, posto pure che il popolo russo abbia sbagliato a votare Putin, non sono forse legittime le domande seguenti?
1. Per rimediare al presunto errore bisogna continuare ad alimentare l’odio, proseguire una guerra micidiale e distruttiva, incoraggiare la produzione di armamenti che dilapidano i risparmi dei popoli coinvolti, sostenere partiti ottocenteschi nazionalisti?
2. Davvero non è possibile trattare su un assetto territoriale rispettoso degli abitanti, sui vantaggi della pace e della collaborazione, sul «rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione» (art. 1 della Statuto ONU)?
3. Ci si rende conto che sul fronte muoiono ogni giorno giovani (e sono già tanti, troppi!) a cui qualcuno ha negato il diritto di vivere, di crescere, di farsi una famiglia?
4. Come si pensa di colmare i vuoti che lasciano i giovani «eroi» morti in guerra (o piuttosto giustiziati senza processo e senza colpa!) nelle loro famiglie e nella società?
5. Non sarebbe enormemente più ragionevole e vantaggioso seguire il disinteressato consiglio del Papa (https://disappuntidigiovannilongu.blogspot.com/2024/03/papa-francesco-per-un-negoziato-contro.html) di far cessare subito le armi e sedersi attorno a un tavolo per almeno provare a trattare, a dialogare, a cercare utili compromessi per tutte le parti in causa? 

Giovanni Longu
Berna 21.03.2024

20 marzo 2024

10. L’Europa e l’eredità dell’Umanesimo e Rinascimento

Durante l’Umanesimo e il Rinascimento (XV-XVI sec.), l’Europa ha fatto un grande passo avanti sulla strada della consapevolezza della propria identità culturale, artistica e religiosa, nonostante le difficoltà dovute ai particolarismi introdotti dai nazionalismi nascenti, alle divisioni religiose, al diverso sviluppo degli Stati occidentali e orientali (cfr. articoli precedenti). Volendo riassumere il carattere più innovativo dell’Umanesimo e del Rinascimento a livello continentale si potrebbe parlare della riscoperta della centralità dell’uomo nelle vicende umane e dell’accresciuta percezione della propria libertà e responsabilità nei confronti della natura, di sé stesso e della storia. Nessun campo è rimasto estraneo alla cultura umanistica e rinascimentale, anche se non tutti gli Stati europei furono coinvolti nelle stesse proporzioni. Per tutti, comunque, l’eredità è stata enorme.

Umanesimo in continuità col Medioevo

La Città ideale del Rinascimento e l'idea della perfezione classica (Wikipedia)
Per molti storici l’Umanesimo e soprattutto il Rinascimento hanno chiuso definitivamente il Medioevo e avviato la modernità. In realtà molti cambiamenti erano cominciati attorno al Mille con la ripresa universale delle principali attività economiche, delle scienze, delle arti e il dissolversi delle società feudali. Tuttavia, mentre fino al XV e XVI secolo tutti i grandi movimenti avvenivano a trazione religiosa o politica, generalmente in risposta a gravi contingenze (minaccia dell’Islam, insicurezza dei commerci, crescita demografica, ecc.), con l’Umanesimo e il Rinascimento anche singole personalità potevano determinare cambiamenti importanti. Uno dei principali elementi trainanti resterà comunque la religione.

L’Umanesimo, votato alla riscoperta dell’antichità classica, ha messo in risalto soprattutto la grandezza spirituale dell’uomo, esaltandone la dignità e le capacità intellettuali, ma anche la sua naturalezza (naturalismo o realismo) e fragilità (mai come nel tardo Medioevo e nel periodo umanistico-rinascimentale furono dipinti in Europa così tanti Trionfi della morte e Danze macabre, tra uomini e scheletri). L’Umanesimo intendeva così valorizzare l’uomo vero, l’individuo (all’opposto dell’universalismo medievale), forse senza rendersi conto dei rischi dell’individualismo. Di fatto, soprattutto il Rinascimento sarà caratterizzato dalle grandi personalità a cui sono legate le sue principali espressioni politiche, culturali e artistiche.

Rinascimento come esaltazione della creatività umana

“L’uomo vitruviano”, disegno di Leonardo, rappresentante
la perfezione e la centralità dell'uomo nel creato.
La riscoperta del passato con l’Umanesimo ma soprattutto il Rinascimento hanno indotto a mettere in dubbio l’ordine cosmico precostituito e intoccabile (determinismo) del Medioevo, per considerare il mondo oggetto di indagine e di trasformazione da parte dell’uomo. Non hanno escluso Dio dalla storia e dalla vita dell’uomo, ma lo hanno per così dire interiorizzato sicché l’uomo potesse esaltarne la Sua immagine attraverso le sue azioni e le sue opere: anche l’uomo era «creativo». Questo ruolo veniva esplicato soprattutto nella letteratura, nella politica, nelle scienze, nell'arte, nelle grandi scoperte geografiche, nei diversi rapporti tra cittadini e autorità, nell'esaltazione dell'intelligenza, del sapere (furono create numerose università), del potere, dell’arte come ideale estetico della vita, in una nuova visione del mondo e della storia, con radici cristiane.

L’uomo non era più visto come manifestazione della potenza e dell’intelligenza di Dio nell'ordine e nella bellezza della natura, ma come essere autonomo, libero e responsabile delle proprie azioni e capace di trasformare non solo la natura a suo piacimento, ma anche la vita propria e altrui secondo nuovi canoni di efficienza, armonia, perfezione e utilità.

Eredità e responsabilità

Manca lo spazio per riassumere la grande eredità lasciata ai posteri dall'Umanesimo e dal Rinascimento, ma basterà rievocare alcuni nomi famosi per rendersi conto quanto l’Europa, dall'Inghilterra alla Russia, debba ancora oggi a quei movimenti.

Tra le migliaia di nomi che si potrebbero menzionare ne citerò a titolo di esempio solo alcuni, emblematici nel loro campo, come i Papi Niccolò V (che cercò invano di salvare Costantinopoli dall'aggressione dei Turchi Ottomani), Pio II (Enea Silvio Piccolomini), Pio V (promotore della «Lega Santa» che sconfisse gli Ottomani a Lepanto); gli scienziati Copernico, Keplero, Galileo Galilei; i riformatori Savonarola, Lutero (iniziatore del Protestantesimo), Giordano Bruno; i filosofi Erasmo da Rotterdam, Pico della Mirandola, Bacone, Cartesio; gli scrittori Poliziano, Machiavelli, Ariosto, Tasso; gli artisti Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Botticelli,  Piero della Francesca, Giorgione, Tiziano, Veronese, ecc. ecc.

Il contributo da loro fornito alla formazione e al prestigio dell’Europa è stato enorme, e grande è pertanto la responsabilità di aver cura dell’eredità di cultura e di bellezza che ci hanno lasciato.

Giovanni Longu
Berna 20.03.2024