Berna conta poco più
di 142.000 abitanti (oltre 440.000 nell’agglomerazione). E’ una città ricca di
storia e di cultura; la sua parte «vecchia» è un gioiello
urbanistico iscritto fin dal 1983 nel patrimonio mondiale dell’Unesco. Prima di diventare nel 1848 capitale della Confederazione Svizzera, era
già una città ricca e famosa, a capo del Cantone più popoloso, che fino a mezzo
secolo prima era stato una delle maggiori potenze territoriali europee. In
tutta la sua storia, la sua cultura, l’architettura dei suoi palazzi, i
quartieri non è difficile trovare tracce importanti d’italianità.
I Bernesi alla scoperta dell’Italia
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Berna, Centro storico, patrimonio mondiale dell'Unesco |
Quando venne scelta dai confederati come
capitale della nuova Confederazione (1848), Berna contava meno di 30 mila
abitanti, ma era tra le città più importanti della Svizzera con una storia e un
prestigio di tutto rispetto. Dalla sua fondazione (1191), per secoli si era
sviluppata come città-Stato fino a diventare già nel XV e XVI secolo ricca e
potente.
Durante tutta la sua storia l’influsso
italiano è stato notevole e costante. Era cominciato ben prima dell’arrivo in
massa degli immigrati italiani di fine Ottocento e inizio Novecento. E’
significativo che fino alla
proclamazione di Berna capitale della moderna Confederazione c’erano molti più
bernesi in Italia (737) che italiani in tutto il Cantone di Berna (214).
L’interesse dei
bernesi per l’Italia era cominciato molto presto. Meno di
un secolo dopo la fondazione della città si sa che alcuni studenti bernesi
frequentavano l’università di Bologna. Da allora saranno sempre più numerosi gli studenti e gli studiosi, ma anche i
ricchi bernesi che compiranno viaggi di studio e di piacere in Italia, senza
dimenticare i viaggi a Roma degli ecclesiastici provenienti dai numerosi
conventi di Berna e della regione, allora governati spesso da appartenenti alla
ricca nobiltà.
Viaggi di studio e missioni diplomatiche
Per accedere alle più
importanti cariche pubbliche, ma anche per esercitare alcune professioni
liberali, era indispensabile conoscere il diritto romano, il latino, la cultura
classica. Verso la metà del XV secolo sono numerosi i bernesi che si sarebbero
potuti incontrare nelle principali città italiane, da Como a Milano, Pavia, Venezia,
Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Genova, ecc. Molti di essi erano sicuramente in
missione diplomatica perché Berna era allora una potenza territoriale e doveva
intrattenere rapporti con tutti gli Stati vicini, anche a sud delle Alpi.
Dalle cronache della
città di Berna e dal Dizionario storico della Svizzera, si scopre, per esempio,
che il cancelliere della città di Berna Thüring Fricker (1429-1519) ha
studiato a Pavia e ha compiuto diverse missioni diplomatiche a Milano e a Roma.
Anche il nobile e politico Adrian von Bubenberg (1434-1479), al quale
Berna ha dedicato una grande statua vicino alla stazione centrale, ha
partecipato a missioni diplomatiche in Savoia.
Konrad von
Scharnachtal (1433-1472), un
esponente del patriziato di Berna, è addirittura cresciuto
alla corte dei Savoia e ha compiuto numerosi viaggi anche in Italia. Ludwig
von Diesbach (1452-1527), durante il viaggio di Massimiliano I
(1459-1519) a Roma per essere incoronato imperatore, a Pavia fu promosso
cavaliere insieme ad altri bernesi. Un altro bernese molto colto, un umanista,
che conosceva bene l’Italia era Heinrich Wölfli (1470-1532) che ha
lasciato un resoconto del suo viaggio di andata e ritorno a e da Gerusalemme
passando attraverso diverse città italiane (Como, Milano, Pavia, Venezia, Roma,
Ferrara). Un altro influente personaggio, Johannes Armbruster
(1478-1508), noto anche col nome latino Balistarius), membro del Gran Consiglio
bernese, svolse importanti missioni diplomatiche in Italia per appianare
divergenze con Venezia.
Reminiscenze e racconti di viaggi
Questi personaggi, e sicuramente molti altri,
riuscivano a cogliere gli aspetti più significativi dell’Italia
umanistico-rinascimentale e a restarne impressionati. E’ impensabile che la
loro esperienza politica, culturale o artistica non ne fosse influenzata. Di
fatto, in numerosi discorsi
pubblici del XV secolo non è raro incontrare riferimenti a Cicerone, Cesare,
Tacito, Catone e altri personaggi della latinità. Inoltre i
fatti parlano chiaro. In quel periodo, e anche in seguito, il Rinascimento
italiano fu fonte di inesauribile ispirazione nell’abbellimento della città,
dalle fontane del centro storico al Palazzo federale (al riguardo rimando a
precedenti articoli intitolati «Quanta italianità c’è a Berna» e
consultabili nel blog: http://disappuntidigiovannilongu.blogspot.ch/).
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Berna, centro storico: Kramgasse |
L’immagine dell’Italia non era tuttavia
affidata solo ai ricordi di viaggio, di studio o di inviati diplomatici.
Moltissimi svizzeri e molti bernesi si trovarono infatti in Italia per ragioni
militari, come soldati mercenari e dal 1506 anche come «guardie pontificie». Del
resto i papi e cardinali del tempo dovevano conoscere bene Berna se, nel 1463,
ben sette cardinali romani concessero indulgenze ai fedeli che avessero
visitato la cattedrale di Berna, dedicata a San Vincenzo di
Saragozza, il giorno della festa del santo e avessero lasciato doni in
denaro.
Non solo la Stato pontificio, ma tutti gli
Stati italiani di allora ambivano a poter disporre di truppe svizzere, anche se
non tutti potevano permettersele. Tra
l’altro, gli svizzeri vi andavano volentieri non solo per il soldo, la paga che
ricevevano, ma anche perché là si mangiava bene e si beveva vino. In generale,
l’Italia appariva come un Paese delle meraviglie e, probabilmente, in seguito
alle descrizioni che ne venivano fatte al loro rientro in patria, persino ai
contadini bernesi appariva come un paese da sogno.
Continuità di rapporti anche durante la Riforma
Dopo la sconfitta di
Marignano (1515), per qualche critico l’Italia divenne una specie di Paese
maledetto, il Paese del disastro, perché nell’immaginario collettivo quella
sconfitta ha rappresentato per molto tempo il crollo del mito
dell’imbattibilità degli svizzeri dai tempi di Giulio Cesare.
Tuttavia, anche dopo la Riforma (introdotta a
Berna nel 1528) i rapporti con l’Italia, sebbene meno frequenti restarono
continui e importanti. Per esempio Albrecht von Haller (1708-1777),
grande studioso bernese, intratteneva una intensa corrispondenza con studiosi
italiani. Nel 1765 il celebre giurista milanese Cesare Beccaria
(1738-1794), autore del trattato «Dei delitti e delle pene» ricevette il
Premio della «Société des Citoyens» di Berna. Il patrizio bernese Karl
Viktor von Bonstetten (1745-1832) scoprì l’italianità dapprima attraverso
alcuni viaggi nei «territori italiani» a sud delle Alpi e poi direttamente
durante un lungo viaggio attraverso l’Italia (1773-74) e a Roma e dintorni
(1802-03). I suoi racconti di viaggio erano molto apprezzati.
Il periodo della Riforma è anche quello in cui
arrivarono in Svizzera molti perseguitati italiani per motivi religiosi. Per lo
più trovavano rifugio a Ginevra, Basilea o Zurigo, ma qualcuno arrivò anche a
Berna. Per esempio, Fortunato Bartolomeo de Felice (1723-1789) che,
convertitosi alla Riforma, divenne uno dei principali illuministi bernesi
insieme a Vincenz Bernhard von Tscharner (1728-1778).
Ci fu anche qualche cittadino bernese che fece
il percorso inverso, come Niklaus Albert von Diesbach (1732-1798), già
membro del Consiglio di Berna e maggiore nel reggimento svizzero a Torino,
protestante, si convertì al cattolicesimo e divenne precettore del futuro re di
Sardegna Vittorio Amedeo III (1726-1796) e in seguito gesuita e
missionario fra l’altro in Svizzera.
I primi immigrati italiani
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Scena della "Danza macabra" di Niklaus Manuel. |
Niklaus Manuel, dopo
essere stato per qualche tempo mercenario, politico e diplomatico, divenne
famoso soprattutto come pittore, ma anche come critico del servizio mercenario e della decadenza morale della Chiesa e della
società. E’ considerato per questo da alcuni studiosi una delle personalità più
incisive della Svizzera alla soglia dell’era moderna. La sua notorietà è legata soprattutto alla monumentale
«Danza macabra» che dipinse nel 1516-19 sulle mura del
cimitero del convento dei domenicani di Berna e che, secondo alcuni studiosi, ha avuto un influsso forse determinante
sulla Riforma.
Sicuramente i May e i
Manuel non furono gli unici italiani a emigrare a Berna prima dell’Ottocento;
ma sarà solo verso la fine del XIX secolo che gli italiani cominceranno ad arrivare
in gran numero, addetti dapprima quasi esclusivamente all’edilizia,
Giovanni Longu
Berna 14.02.2018
Berna 14.02.2018