Benedetto XVI conosceva l’Europa non solo nei suoi tratti evidenti, ma anche tra le pieghe, perché conoscendo la storia della Chiesa non poteva non conoscere le sue connessioni con la storia civile europea, dai tempi dell’Impero romano alla stretta attualità. Conosceva sicuramente il lamento di un suo lontano predecessore, Gregorio Magno (590-604), quando faceva presente all’imperatore bizantino che l’Europa era «sottomessa al diritto dei barbari»; ma non ignorava come l’Europa era poi divenuta cristiana, in Occidente come in Oriente. Soprattutto negli ultimi anni del suo pontificato era preoccupato che l’Europa potesse perdere la sua anima dopo i tentativi di riportarla a nuova vita da parte dei suoi predecessori e del benemerito trio Adenauer-Schuman-De Gasperi.
L’interesse di
Benedetto XVI per l’Europa
L’interesse di Joseph Ratzinger per l’Europa non era solo religioso, ma anche esistenziale. Da papa non voleva restare indifferente al tramonto di un continente che aveva dato tanto al mondo intero, soprattutto nei campi della cultura, dell’arte, del diritto, della scienza, della bellezza. Era convinto che quando l’Europa si fosse messa in ascolto della storia del cristianesimo avrebbe ascoltato la sua stessa storia, perché «le sue nozioni di giustizia, libertà e responsabilità sociale, assieme alle istituzioni culturali e giuridiche stabilite per difendere queste idee e trasmetterle alle generazioni future, sono plasmate dalla sua eredità cristiana».
A
Benedetto XVI stavano a cuore l’unità e il futuro dell’Europa, benché
si rendesse conto delle difficoltà. Oltre all'impegno ecumenico (sostenuto con
la preghiera, gli incontri e i tentativi di riconciliazione) erano importanti per
lui anche la ricerca e la comunicazione dei fondamenti della speranza per il
futuro.
Sono
interessanti alcune conclusioni di tale ricerca sulla relazione diritto-persona
umana-potere. Sosteneva, per esempio, che «una società senza diritto
sarebbe una società priva di diritti», intendendo per «diritto» semplicemente
ciò che è «giusto», lo justum, il dovuto, e per «giustizia» il dare a
ciascuno il dovuto. Alla base di queste affermazioni semplici ma fondamentali c’era
il riconoscimento della persona umana creata ad immagine di Dio e dotata
naturalmente di diritti inviolabili e inalienabili (compresa la libertà
religiosa), solitamente riassunti nell'espressione «diritto naturale», fin dal
tempo degli antichi Romani.
Poiché
affermazioni del genere non possono non comportare conseguenze importanti, si preferisce
rimandare al prossimo articolo qualche esempio e qualche considerazione
sull'attualità. Già ora, tuttavia, si può affermare che nell'ottica di
Benedetto XVI (e in generale della Chiesa) il «diritto» non può essere
subordinato al «potere» e il potere deve «servire il diritto e combattere
il dominio dell’ingiustizia». Oltretutto, secondo Benedetto XVI, la
fede, la religione e anche il «diritto naturale» sono «ragionevoli», ossia non
contrari alla ragione.
Ottimismo nonostante la crescente secolarizzazione
Nella visione di Benedetto XVI
i tempi sono lunghi e le radici cristiane dell’Europa sono sane perché la cultura
europea è il risultato dell’incontro fecondo «tra Gerusalemme, Atene e Roma»,
dell’incontro «tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e
il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità
dell’Europa», anche se oggi non può sfuggire il «tentativo dell’Europa
di costruire delle società e persino una comunità di Stati che per principio
prescindono da un fondamento religioso».
In
un discorso del 2009, di fronte ad alcuni «tentativi tesi a marginalizzare l’influsso del cristianesimo nella vita
pubblica» suggerì una doppia
autocritica (dell’età moderna e del cristianesimo moderno) e l’invito rivolto
soprattutto ai cristiani di impegnarsi (maggiormente) nella
ricostruzione di «un ordine politico giusto» e «nel dialogo per aprire nuove
vie verso la comprensione reciproca, la collaborazione in vista della pace e il
progresso del bene comune».
Benedetto
XVI, come già ricordato, non si lasciò prendere mai dallo scoramento perché
riteneva che compito del Pontifex maximus è costruire ponti, non
piangerne la distruzione, soprattutto in tempi difficili con una società
molto frammentata, secolarizzata («senza riferimento alla Trascendenza») e
sedotta dal materialismo. L’ottimismo non è d’obbligo, ma in questo caso è fondato perché i buoni
esempi non mancano e duemila anni di storia del cristianesimo in Europa possono
essere una fonte inesauribile d’ispirazione per l’azione. Benedetto XVI è stato
un buon esempio.
Del
resto, come avrebbe potuto Joseph Ratzinger/Benedetto XVI rinunciare a quelle
ch'egli stesso aveva definito «irrinunciabili radici cristiane della cultura e
della civiltà europea»? Come avrebbe potuto rinnegare quanto da lui stesso
affermato, che «il diritto naturale fa parte del patrimonio culturale europeo
da molti secoli, tanto da aver dato un importante contributo allo sviluppo
giuridico dell’Europa»? (Segue)
Giovanni
Longu
Berna, 13.11.2024