13 novembre 2024

37. L'Europa di Benedetto XVI (3a parte)

Benedetto XVI conosceva l’Europa non solo nei suoi tratti evidenti, ma anche tra le pieghe, perché conoscendo la storia della Chiesa non poteva non conoscere le sue connessioni con la storia civile europea, dai tempi dell’Impero romano alla stretta attualità. Conosceva sicuramente il lamento di un suo lontano predecessore, Gregorio Magno (590-604), quando faceva presente all’imperatore bizantino che l’Europa era «sottomessa al diritto dei barbari»; ma non ignorava come l’Europa era poi divenuta cristiana, in Occidente come in Oriente. Soprattutto negli ultimi anni del suo pontificato era preoccupato che l’Europa potesse perdere la sua anima dopo i tentativi di riportarla a nuova vita da parte dei suoi predecessori e del benemerito trio Adenauer-Schuman-De Gasperi.

L’interesse di Benedetto XVI per l’Europa

L’interesse di Joseph Ratzinger per l’Europa non era solo religioso, ma anche esistenziale. Da papa non voleva restare indifferente al tramonto di un continente che aveva dato tanto al mondo intero, soprattutto nei campi della cultura, dell’arte, del diritto, della scienza, della bellezza. Era convinto che quando l’Europa si fosse messa in ascolto della storia del cristianesimo avrebbe ascoltato la sua stessa storia, perché «le sue nozioni di giustizia, libertà e responsabilità sociale, assieme alle istituzioni culturali e giuridiche stabilite per difendere queste idee e trasmetterle alle generazioni future, sono plasmate dalla sua eredità cristiana».

A Benedetto XVI stavano a cuore l’unità e il futuro dell’Europa, benché si rendesse conto delle difficoltà. Oltre all'impegno ecumenico (sostenuto con la preghiera, gli incontri e i tentativi di riconciliazione) erano importanti per lui anche la ricerca e la comunicazione dei fondamenti della speranza per il futuro.

Sono interessanti alcune conclusioni di tale ricerca sulla relazione diritto-persona umana-potere. Sosteneva, per esempio, che «una società senza diritto sarebbe una società priva di diritti», intendendo per «diritto» semplicemente ciò che è «giusto», lo justum, il dovuto, e per «giustizia» il dare a ciascuno il dovuto. Alla base di queste affermazioni semplici ma fondamentali c’era il riconoscimento della persona umana creata ad immagine di Dio e dotata naturalmente di diritti inviolabili e inalienabili (compresa la libertà religiosa), solitamente riassunti nell'espressione «diritto naturale», fin dal tempo degli antichi Romani.

Poiché affermazioni del genere non possono non comportare conseguenze importanti, si preferisce rimandare al prossimo articolo qualche esempio e qualche considerazione sull'attualità. Già ora, tuttavia, si può affermare che nell'ottica di Benedetto XVI (e in generale della Chiesa) il «diritto» non può essere subordinato al «potere» e il potere deve «servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia». Oltretutto, secondo Benedetto XVI, la fede, la religione e anche il «diritto naturale» sono «ragionevoli», ossia non contrari alla ragione.

Ottimismo nonostante la crescente secolarizzazione

Nella visione di Benedetto XVI i tempi sono lunghi e le radici cristiane dell’Europa sono sane perché la cultura europea è il risultato dell’incontro fecondo «tra Gerusalemme, Atene e Roma», dell’incontro «tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa», anche se oggi non può sfuggire il «tentativo dell’Europa di costruire delle società e persino una comunità di Stati che per principio prescindono da un fondamento religioso».

In un discorso del 2009, di fronte ad alcuni «tentativi tesi a marginalizzare l’influsso del cristianesimo nella vita pubblica» suggerì una doppia autocritica (dell’età moderna e del cristianesimo moderno) e l’invito rivolto soprattutto ai cristiani di impegnarsi (maggiormente) nella ricostruzione di «un ordine politico giusto» e «nel dialogo per aprire nuove vie verso la comprensione reciproca, la collaborazione in vista della pace e il progresso del bene comune».

Benedetto XVI, come già ricordato, non si lasciò prendere mai dallo scoramento perché riteneva che compito del Pontifex maximus è costruire ponti, non piangerne la distruzione, soprattutto in tempi difficili con una società molto frammentata, secolarizzata («senza riferimento alla Trascendenza») e sedotta dal materialismo. L’ottimismo non è d’obbligo, ma in questo caso è fondato perché i buoni esempi non mancano e duemila anni di storia del cristianesimo in Europa possono essere una fonte inesauribile d’ispirazione per l’azione. Benedetto XVI è stato un buon esempio.

Del resto, come avrebbe potuto Joseph Ratzinger/Benedetto XVI rinunciare a quelle ch'egli stesso aveva definito «irrinunciabili radici cristiane della cultura e della civiltà europea»? Come avrebbe potuto rinnegare quanto da lui stesso affermato, che «il diritto naturale fa parte del patrimonio culturale europeo da molti secoli, tanto da aver dato un importante contributo allo sviluppo giuridico dell’Europa»? (Segue)

Giovanni Longu
Berna, 13.11.2024

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