14 dicembre 2022

Immigrazione italiana 1946-2000: 25. Considerazioni finali: 3. L’Italia grande beneficiaria

L’Italia è stata tra i principali beneficiari dell’immigrazione italiana in Svizzera del secondo dopoguerra. Sovente, nelle trattazioni sull'emigrazione, si tende a considerare l’Italia quasi esclusivamente come fornitrice di manodopera a buon mercato e gli emigrati come vittime di un «destino cinico e baro» e di una cattiva politica. Raramente si accenna all'Italia quale beneficiaria primaria dell’emigrazione e agli emigrati come beneficiari di grandi opportunità. Una trattazione completa e veritiera non dovrebbe invece fare a meno di annoverare tra i maggiori beneficiari dell’emigrazione sia l’Italia, per i molteplici vantaggi che ha ricavato, e sia gli stessi emigrati, che a grande maggioranza hanno trovato nei Paesi di destinazione possibilità di lavoro e di riscatto sociale difficilmente realizzabili in Italia.

La politica emigratoria italiana del dopoguerra

Generalmente, all'origine del fenomeno emigratorio non c’è mai solo una causa, per esempio l’indigenza o la cattiva politica o la speranza di una vita migliore, ma un complesso di cause. Si emigra, infatti, quando la terra in cui si nasce non ha sufficienti risorse per far vivere e prosperare l’intera popolazione, quando le poche risorse disponibili non sono usate in modo giudizioso (basti pensare alle guerre, alla corruzione, alle preferenze di parte) o anche quando uno spera in una vita migliore, in un altro Paese e in altre condizioni, anche a costo di grandi rischi e sacrifici.

Nell'Italia del secondo dopoguerra molte cause inducevano a intraprendere la via dell’emigrazione: il disastro sociale ed economico provocato da una guerra insensata, le scelte politiche ed economiche dei primi governi, che consideravano l’emigrazione necessaria per poter inseguire il progresso, i forti contrasti ideologici tra i maggiori partiti che rendevano impossibile una politica economica e sociale condivisa su scala nazionale, le difficoltà esistenziali per ampie fasce di popolazione, l’esigenza di molti cittadini di cercare all'estero condizioni di vita più dignitose e sicure per sé e per la famiglia.

I governi del dopoguerra, rendendosi conto che la piena occupazione era impossibile, dichiaravano nei loro programmi che avrebbero fatto di tutto per eliminare alla radice le cause della disoccupazione e dell’emigrazione. Pensavano forse di dissuadere qualche emigrante dal partire? Non si direbbe, visto che tutti i governi vedevano di buon occhio l’emigrazione, incuranti che a partire fossero soprattutto i giovani al termine della scolarizzazione e in parte già avviati al lavoro.

L’emigrazione, in particolare quella verso la Svizzera, ha contribuito a risolvere o almeno ad attenuare numerosi problemi e anche per questo meriterebbe di essere meglio conosciuta e ricordata dagli italiani.

Italia grande beneficiaria

A distanza di decenni sarebbe azzardato e forse ingiusto emettere giudizi troppo severi sui governi del dopoguerra per il loro atteggiamento nei confronti degli emigrati e sulle responsabilità delle opposizioni nel ritenere anch'esse l’emigrazione una necessità, nell'attesa (illusoria) che l’impianto produttivo italiano, al nord come al sud, si (ri)mettesse a funzionare a pieno regime. Eppure è difficile evitare il sospetto che si sia lucrato sui sacrifici e sui risparmi degli emigrati, anche perché le loro abbondanti rimesse non servivano a colmare il divario tra nord e sud con investimenti oculati nelle regioni maggiormente colpite dalla disoccupazione e dall'emigrazione, ma per equilibrare la bilancia dei pagamenti.

A rendere l’Italia una grande beneficiaria dell’emigrazione italiana in Svizzera non sono state tuttavia, come si vedrà, solo le abbondanti rimesse dei lavoratori, ma esse hanno rappresentato sicuramente una specie di manna di cui hanno approfittato in tanti. Nel 1960, quando gli italiani residenti erano poco più di 300.000, L’Unità (organo del partito comunista italiano) stimava già l’ammontare delle rimesse, in 70 miliardi di lire. Negli anni seguenti sarebbero certamente aumentate con l’immigrazione in massa (soprattutto dal Mezzogiorno) e il boom economico della Svizzera, che distribuiva enormi benefici anche agli italiani, ovunque ricercati, benvenuti e ben trattati (almeno fino agli ultimi anni Sessanta).

A beneficiarne, come detto, sono stati in molti, in primo luogo, ovviamente, i diretti interessati (per consentire la sopravvivenza dignitosa delle loro famiglie), ma anche le località di partenza (basti pensare alla valorizzazione del patrimonio immobiliare), i governi che se ne servivano per aggiustare i bilanci dello Stato, la società civile che evitava dolorosi conflitti sociali e migliorava ovunque la qualità della vita, l’intera Italia la cui immagine veniva conosciuta in ogni angolo della Svizzera e alimentava ovunque la voglia di visitarla per la sua bellezza, la sua arte, i suoi prodotti, la sua storia.

Interscambio in crescita a favore dell’Italia

Il Presidente Sergio Mattarella in visita di Stato a Berna
col Presidente della Confederazione Ignazio Cassis 
Grazie alla presenza e all'intraprendenza degli italiani residenti in Svizzera, l’Italia ha potuto incrementare enormemente l’interscambio commerciale con la Svizzera, passando dai 227,7 milioni franchi del 1946 agli oltre 22 miliardi del 2000, con un saldo per l’Italia di 3,2 miliardi. Dal 2004, l'Italia è per la Svizzera il secondo partner commerciale europeo, dopo la Germania.

L’interscambio in continua crescita va visto, tuttavia, non solo come scambio reciproco di beni materiali, ma anche come volano dell’intensificarsi dei rapporti tra i due Stati in tutti i campi. Bene ha fatto, perciò, il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis, nel salutare il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella in visita di Stato in Svizzera a fine novembre, a evidenziare non solo il grande volume di scambi commerciali, ma anche «l'impatto che migliaia di lavoratori italiani hanno avuto nella nostra storia contribuendo più di altri al successo della Svizzera». Del resto, anche il Presidente Mattarella ha voluto sottolineare con «profonda soddisfazione» che «i rapporti tra Italia e Svizzera sono naturali, ampi ed intensi».

Briciole agli immigrati

Purtroppo solo in minima parte i benefici dell’interscambio tornavano agli emigrati/immigrati. Le autorità diplomatiche e consolari italiane, a cui certamente non sfuggivano le numerose critiche negli anni Sessanta e Settanta per i disservizi amministrativi (orari impossibili, scarsità di personale, mancanza di empatia, lentezza burocratica, ecc.), non facevano che ripetere ad ogni incontro ufficiale alla presenza di membri del governo, deputati, senatori, rappresentanti regionali, che il governo italiano era sempre vigile per tutelare il lavoro italiano all'estero e che si sarebbe adoperato per risolvere i problemi degli emigrati. Promesse in gran parte vane, parole al vento.

L'italianità travalica le Alpi

Almeno una parte avrebbe potuto essere restituita agli stessi emigrati, per esempio sotto forma di contributi alle associazioni, borse di studio per figli di lavoratori indigenti, agevolazioni per l’apprendimento della lingua locale, promozione di eventi culturali, biblioteche, abbonamenti, ecc. Invece alle associazioni, ai club, alle varie organizzazioni arrivavano solo briciole.

Solo nel settore della formazione l’Italia ha investito molto, mantenendo una struttura complessa ed esigente per l’organizzazione e la gestione dei corsi di lingua e cultura e per il sostegno, sebbene non sempre generoso, dei corsi di formazione professionale e della formazione del personale. D’altra parte, la ricompensa, per lo Stato italiano non è stata di poco conto. Chi osservasse le statistiche sull'evoluzione delle prestazioni scolastiche degli allievi italiani dagli anni Settanta al Duemila noterebbe che il livello si è costantemente alzato. E chi avesse la possibilità di osservare il numero delle qualificazioni professionali raggiunte dagli italiani nello stesso periodo resterebbe sorpreso. Grazie ad essi anche il prestigio dell’Italia in Svizzera si è notevolmente elevato.

Affermazione dell’italianità

In un’osservazione di lungo periodo l’evoluzione qualitativa della popolazione italiana in Svizzera è stata talmente positiva da trasformare nell'opinione pubblica svizzera una reputazione degli italiani decisamente negativa com'era alla fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta in un sentimento di notevole apprezzamento com'è ampiamente diffuso oggi. Si direbbe che essere italiano oggi è «in», mentre prima era «out».

Per gli italiani oggi si parla di una «integrazione riuscita» e lo è per davvero, come si vedrà meglio nel prossimo articolo, ma occorre sapere che gli sforzi per raggiungere questo e tutti gli altri obiettivi sono stati enormi. Ed è soprattutto grazie ai contributi degli italiani che l’italianità ha raggiunto un livello mai raggiunto prima non solo in termini quantitativi (numero di italofoni, percentuale a livello nazionale dell’italiano come lingua d’uso, numero di allievi d’italiano, numero di pubblicazioni in italiano, ecc.), ma anche qualitativi.

Oggi l’italianità può contare non solo su un gran numero di italofoni, ma anche di personalità di grande notorietà in campo linguistico, scientifico, economico, politico, imprenditoriale, manageriale, giornalistico, letterario. Rafforzando l’italianità è cresciuto in Svizzera anche il prestigio dell’Italia, come Paese di riferimento essenziale.

Giovanni Longu
Berna, 15.12.2022