L’Italia è stata tra i principali beneficiari dell’immigrazione italiana in Svizzera del secondo dopoguerra. Sovente, nelle trattazioni sull'emigrazione, si tende a considerare l’Italia quasi esclusivamente come fornitrice di manodopera a buon mercato e gli emigrati come vittime di un «destino cinico e baro» e di una cattiva politica. Raramente si accenna all'Italia quale beneficiaria primaria dell’emigrazione e agli emigrati come beneficiari di grandi opportunità. Una trattazione completa e veritiera non dovrebbe invece fare a meno di annoverare tra i maggiori beneficiari dell’emigrazione sia l’Italia, per i molteplici vantaggi che ha ricavato, e sia gli stessi emigrati, che a grande maggioranza hanno trovato nei Paesi di destinazione possibilità di lavoro e di riscatto sociale difficilmente realizzabili in Italia.
La politica emigratoria italiana del dopoguerra
Nell'Italia del secondo dopoguerra molte cause inducevano a
intraprendere la via dell’emigrazione: il disastro sociale ed economico
provocato da una guerra insensata, le scelte politiche ed economiche dei primi governi,
che consideravano l’emigrazione necessaria per poter inseguire il progresso, i
forti contrasti ideologici tra i maggiori partiti che rendevano impossibile una
politica economica e sociale condivisa su scala nazionale, le difficoltà
esistenziali per ampie fasce di popolazione, l’esigenza di molti cittadini di
cercare all'estero condizioni di vita più dignitose e sicure per sé e per la
famiglia.
I governi del dopoguerra, rendendosi conto che la piena
occupazione era impossibile, dichiaravano nei loro programmi che avrebbero
fatto di tutto per eliminare alla radice le cause della disoccupazione e
dell’emigrazione. Pensavano forse di dissuadere qualche emigrante dal partire?
Non si direbbe, visto che tutti i governi vedevano di buon occhio
l’emigrazione, incuranti che a partire fossero soprattutto i giovani al termine
della scolarizzazione e in parte già avviati al lavoro.
L’emigrazione, in particolare quella verso la Svizzera, ha
contribuito a risolvere o almeno ad attenuare numerosi problemi e anche per
questo meriterebbe di essere meglio conosciuta e ricordata dagli italiani.
Italia grande beneficiaria
A distanza di decenni sarebbe azzardato e forse ingiusto
emettere giudizi troppo severi sui governi del dopoguerra per il loro
atteggiamento nei confronti degli emigrati e sulle responsabilità delle
opposizioni nel ritenere anch'esse l’emigrazione una necessità, nell'attesa (illusoria)
che l’impianto produttivo italiano, al nord come al sud, si (ri)mettesse a
funzionare a pieno regime. Eppure è difficile evitare il sospetto che si sia
lucrato sui sacrifici e sui risparmi degli emigrati, anche perché le loro
abbondanti rimesse non servivano a colmare il divario tra nord e sud con
investimenti oculati nelle regioni maggiormente colpite dalla disoccupazione e
dall'emigrazione, ma per equilibrare la bilancia dei pagamenti.
A rendere l’Italia una grande beneficiaria dell’emigrazione
italiana in Svizzera non sono state tuttavia, come si vedrà, solo le abbondanti
rimesse dei lavoratori, ma esse hanno rappresentato sicuramente una specie di
manna di cui hanno approfittato in tanti. Nel 1960, quando gli italiani
residenti erano poco più di 300.000, L’Unità (organo del partito
comunista italiano) stimava già l’ammontare delle rimesse, in 70 miliardi di
lire. Negli anni seguenti sarebbero certamente aumentate con l’immigrazione in
massa (soprattutto dal Mezzogiorno) e il boom economico della Svizzera, che
distribuiva enormi benefici anche agli italiani, ovunque ricercati, benvenuti e
ben trattati (almeno fino agli ultimi anni Sessanta).
A beneficiarne, come detto, sono stati in molti, in primo
luogo, ovviamente, i diretti interessati (per consentire la sopravvivenza
dignitosa delle loro famiglie), ma anche le località di partenza (basti pensare
alla valorizzazione del patrimonio immobiliare), i governi che se ne servivano
per aggiustare i bilanci dello Stato, la società civile che evitava dolorosi
conflitti sociali e migliorava ovunque la qualità della vita, l’intera Italia
la cui immagine veniva conosciuta in ogni angolo della Svizzera e alimentava
ovunque la voglia di visitarla per la sua bellezza, la sua arte, i suoi
prodotti, la sua storia.
Interscambio in crescita a favore dell’Italia
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Il Presidente Sergio Mattarella in visita di Stato a Berna col Presidente della Confederazione Ignazio Cassis |
L’interscambio in continua crescita va visto, tuttavia, non
solo come scambio reciproco di beni materiali, ma anche come volano
dell’intensificarsi dei rapporti tra i due Stati in tutti i campi. Bene ha
fatto, perciò, il Presidente della Confederazione Ignazio
Cassis, nel salutare il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella in visita di Stato in Svizzera a
fine novembre, a evidenziare non solo il grande volume di scambi commerciali,
ma anche «l'impatto che migliaia di lavoratori italiani hanno avuto nella nostra
storia contribuendo più di altri al successo della Svizzera». Del resto, anche
il Presidente Mattarella ha voluto sottolineare con «profonda soddisfazione»
che «i rapporti tra Italia e Svizzera sono naturali, ampi ed intensi».
Briciole agli immigrati
Purtroppo solo in minima parte i benefici dell’interscambio
tornavano agli emigrati/immigrati. Le autorità diplomatiche e consolari italiane, a
cui certamente non sfuggivano le numerose critiche negli anni Sessanta e
Settanta per i disservizi amministrativi (orari impossibili, scarsità di
personale, mancanza di empatia, lentezza burocratica, ecc.), non facevano che
ripetere ad ogni incontro ufficiale alla presenza di membri del governo,
deputati, senatori, rappresentanti regionali, che il governo italiano era
sempre vigile per tutelare il lavoro italiano all'estero e che si sarebbe
adoperato per risolvere i problemi degli emigrati. Promesse in gran parte vane,
parole al vento.
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L'italianità travalica le Alpi |
Almeno una parte avrebbe potuto essere restituita agli
stessi emigrati, per esempio sotto forma di contributi alle associazioni, borse
di studio per figli di lavoratori indigenti, agevolazioni per l’apprendimento
della lingua locale, promozione di eventi culturali, biblioteche, abbonamenti,
ecc. Invece alle associazioni, ai club, alle varie organizzazioni arrivavano
solo briciole.
Solo nel settore della formazione l’Italia ha investito molto, mantenendo
una struttura complessa ed esigente per l’organizzazione e la gestione dei
corsi di lingua e cultura e per il sostegno, sebbene non sempre generoso, dei
corsi di formazione professionale e della formazione del personale. D’altra
parte, la ricompensa, per lo Stato italiano non è stata di poco conto. Chi
osservasse le statistiche sull'evoluzione delle prestazioni scolastiche degli
allievi italiani dagli anni Settanta al Duemila noterebbe che il livello si è
costantemente alzato. E chi avesse la possibilità di osservare il numero delle
qualificazioni professionali raggiunte dagli italiani nello stesso periodo
resterebbe sorpreso. Grazie ad essi anche il prestigio dell’Italia in Svizzera
si è notevolmente elevato.
Affermazione
dell’italianità
In un’osservazione di lungo periodo l’evoluzione qualitativa
della popolazione italiana in Svizzera è stata talmente positiva da trasformare
nell'opinione pubblica svizzera una reputazione degli italiani decisamente
negativa com'era alla fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta in un
sentimento di notevole apprezzamento com'è ampiamente diffuso oggi. Si direbbe
che essere italiano oggi è «in», mentre prima era «out».
Per gli italiani oggi si parla di una «integrazione riuscita» e lo è per
davvero, come si vedrà meglio nel prossimo articolo, ma occorre sapere che gli
sforzi per raggiungere questo e tutti gli altri obiettivi sono stati enormi. Ed
è soprattutto grazie ai contributi degli italiani che l’italianità ha raggiunto
un livello mai raggiunto prima non solo in termini quantitativi (numero di
italofoni, percentuale a livello nazionale dell’italiano come lingua d’uso,
numero di allievi d’italiano, numero di pubblicazioni in italiano, ecc.), ma
anche qualitativi.
Oggi l’italianità può contare non solo su un gran numero di italofoni, ma
anche di personalità di grande notorietà in campo linguistico, scientifico,
economico, politico, imprenditoriale, manageriale, giornalistico, letterario.
Rafforzando l’italianità è cresciuto in Svizzera anche il prestigio
dell’Italia, come Paese di riferimento essenziale.
Giovanni Longu
Berna, 15.12.2022