Si torna a votare. Un tempo gli emigrati vedevano di buon occhio le elezioni non perché fossero particolarmente interessati alla politica (non lo sono mai stati: v. articolo del 15.06.2022), ma perché potevano tornare in Italia per almeno una decina di giorni usufruendo dei congedi elettorali concessi da molti datori di lavoro e delle agevolazioni di viaggio previste per gli elettori residenti all’estero (gratuità sul territorio nazionale). E poiché lo Stato italiano, per lo più a guida democristiana, sperava in una loro partecipazione numerosa, chiedeva a quello svizzero di favorirla. La risposta era sempre positiva (spesso in chiave anticomunista), tant'è che le ferrovie federali svizzere (FFS) organizzavano volentieri i famosi treni elettorali e praticavano persino un po’ di sconto sul biglietto. Solo qualche datore di lavoro era un po’ restio a concedere i permessi, ma finiva quasi sempre anche lui per consentire le assenze.
Treni speciali «rossi»
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Nelle prime elezioni del dopoguerra la lotta era soprattutto tra DC e PCI. |
E’ una favola che
decine di migliaia di italiani rientrassero in Italia per votare. In realtà, su
quei treni c’era molta finzione perché i ragionamenti elettorali erano scelte
ideologiche e non considerazioni sui programmi. Molti volevano solo
approfittare delle agevolazioni di viaggio per visitare i propri cari e stare
qualche giorno con loro. Tuttavia quei voti pesavano e questo lo sapevano soprattutto
i due principali partiti, PCI e DC, che in Svizzera cercavano di creare attraverso
le grandi associazioni dei serbatoi elettorali. Molti anziani ricorderanno
sicuramente con quanto zelo nei periodi elettorali venivano dall'Italia
deputati e senatori, sindaci e alti funzionari «indaffarati a tagliar
nastri, inaugurare sedi, promettere onorificenze e pensioni, assegni consolari
e bustarelle» (P.G. Paloschi).
La favola terminò
quando fu introdotto il diritto di voto all'estero (2001), si diradarono le
visite blasonate, diminuirono le agevolazioni di viaggio e diminuì pure
l’interesse a contribuire col proprio voto alle sorti dell’Italia. L’astensionismo
non ha smesso di aumentare e anche alle prossime elezioni si stima che saranno
relativamente pochi i votanti tra i residenti all'estero.
Rappresentanza e astensionismo
Nonostante ci siano ancora emigrati che sembrano avere come
massima aspirazione un seggio in Parlamento, tra gli italiani residenti
stabilmente all'estero bisognerebbe aprire un serio dibattito sul senso della
rappresentanza politico-partitica, sulle candidature e sull'astensionismo crescente
tra gli italiani all'estero. Forse si scoprirebbe che in molti candidati l’aspirazione
alla carica è in funzione del potere o del prestigio ch'essa conferisce più che
del servizio che comporta, che alcune candidature sono vuote (di competenza e
di sensibilità) e che l’astensionismo è dovuto in gran parte alla scarsa
attenzione della politica italiana alle problematiche di coloro che hanno
scelto di vivere all'estero e alla consapevolezza che la rappresentanza è
debole, quasi inconsistente e funzionale ai partiti più che ai reali bisogni
degli italiani all'estero.
Il diritto di poter votare per corrispondenza dal proprio
domicilio all'estero può essere ancora considerato il risultato di una giusta
rivendicazione, ma i suoi scarsi effetti dovrebbero far riflettere anche sui
rapporti reali, e quindi non solo affettivi e culturali, tra gli italiani
residenti stabilmente all'estero e l’Italia.
Del resto, almeno qui in Svizzera, è ovvio che i problemi
degli italiani, ormai quasi tutti domiciliati, vadano risolti qui. E’ qui che
si deve fare la politica che serve, qui va portata avanti la rivendicazione del
diritto di voto almeno a livello amministrativo, qui va difesa l’italianità, qui
si deve partecipare responsabilmente, qui vanno sostenute le candidature utili
nei parlamenti comunali, cantonali e federale.
Giovanni Longu
31.08.2022