03 agosto 2018

Decreto-legge «Dignità» vecchio e inutile


Un lettore che provasse a leggere attentamente il dl «Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese», all'esame del Parlamento italiano, alla ricerca delle nuove disposizioni per garantire la «dignità dei lavoratori» e la «dignità delle imprese» resterebbe deluso perché non le troverebbe.

Certamente alcune norme disincentivanti forme di precarizzazione ingiustificata del lavoro, di delocalizzazione eccessiva e del gioco d’azzardo possono essere valutate positivamente, ma non può essere certo affidata a provvedimenti simili la «dignità» del lavoro e dei lavoratori come pure delle imprese, alla luce dell’articolo 4 della Costituzione.
Il dl mi sembra tutto sommato vecchio e inutile. «Vecchio» perché si basa su un vecchio preconcetto, quello che solo il lavoro «fisso» possibilmente «a vita» conferisca dignità al lavoratore, mentre il lavoro a tempo determinato sarebbe in-degno. «Inutile» perché le dinamiche dell’economia moderna hanno sempre più bisogno di forme d’impiego a tempo determinato, a progetto, a stagione, che presuppongono grande mobilità professionale.
Credo che la dignità dei lavoratori sia garantita soprattutto quando i lavoratori hanno una reale libertà di scelta e questa dipende essenzialmente da due fattori: il primo, la disponibilità di lavoro e di imprese in grado di somministrarlo; il secondo, un’adeguata preparazione professionale dei lavoratori, che dispongano oltre a una solida formazione di base l’attitudine a una formazione continua. In Italia, purtroppo, sono precari entrambi i fattori. Contro questa precarietà avrebbe fatto bene il governo a intervenire, tenendo presente che il primo è soprattutto carente al sud e il secondo è inesistente o molto carente sia a sud che a nord.
Inoltre, Parlamento e Governo dovrebbero tener presente che entrambi i fattori sono essenziali e congiunti, proprio alla luce dell’articolo 4 della Costituzione evocato, che recita: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società».
Infine dovrebbe far riflettere che mentre in Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, cresce la disoccupazione, in altri Paesi cresce l’occupazione, forse perché aumentano la formazione, la buona scuola e il buon governo, in grado di mettere a disposizione dell’economia e della società condizioni più favorevoli per la ricerca e lo sviluppo. Perché non seguire i buoni esempi?
Giovanni Longu
Berna, 3 agosto, 2018