20 gennaio 2021

Immigrazione italiana 1970-1990: 35. Relazioni italo-svizzere (seconda parte)

L’incidente diplomatico provocato dal sottosegretario Foschi (1977) non fu l’unico ad agitare le relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Svizzera nel periodo in esame. Qualche anno più tardi fu la volta di un rapporto «confidenziale» ma finito nelle redazioni di alcuni giornali del neoambasciatore italiano a Berna Gerardo Zampaglione. Anche in questo caso a spegnere prontamente l’incendio intervennero i ministri degli esteri dei due Paesi.

Un altro incidente diplomatico

Sandro Pertini e Kurt Furgler (Berna 1981)
Dopo l’incontro Forlani-Aubert del 1978 già ricordato (v. articolo precedente), le relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Svizzera sembravano avviate sulla strada di un’intensa collaborazione. Se ne osservò un chiaro segnale nel febbraio 1980 durante i lavori della Commissione mista (prevista dall’accordo italo-svizzero del 1964). Per esempio, la delegazione svizzera si mostrò molto aperta e disponibile alle richieste italiane di ridurre a 5 anni il periodo di attesa per ottenere il diritto di domicilio e di estendere alla partecipazione degli stranieri la Commissione federale degli stranieri. Se un’altra richiesta, quella del voto degli stranieri a livello locale, non poté essere accolta, fu perché rientrava nelle competenze dei Cantoni e non della Confederazione.

Ciò nonostante, proprio nel 1980, un nuovo incidente diplomatico rischiò di compromettere il nuovo clima che si era instaurato tra l’Italia e la Svizzera. L’ambasciatore italiano a Berna Gerardo Zampaglione (1917-1996), solo da pochi mesi in Svizzera, in un rapporto «confidenziale» destinato al Ministero degli esteri, ma finito anche nelle redazioni di alcuni giornali, esprimeva giudizi pesanti sulla politica di neutralità della Svizzera e sui comportamenti degli svizzeri ispirati secondo lui alla cupidigia e al massimo profitto.

I rimedi: Colombo e Pertini

Il Consiglio federale, benché risentito, non ravvisò nel rapporto «confidenziale» motivi tali da chiedere l’allontanamento del diplomatico, anche per non compromettere i buoni rapporti tra la Svizzera e l’Italia. La stampa e l'opinione pubblica reagirono invece diversamente, tanto che il capo della diplomazia svizzera Pierre Aubert (1927-2016), in un incontro informale svoltosi a Lisbona durante una sessione del consiglio d'Europa, non poté fare a meno di chiedere spiegazioni al collega italiano Emilio Colombo (1920-2013), lasciando intendere che sarebbe stato preferibile rimuovere l’incauto ambasciatore.

Lo riteneva opportuno anche una corrispondenza da Berna del Corriere della Sera, secondo cui «a questo punto è giusto che Zampaglione, che ha ferito certe intime convinzioni, lasci un posto diventato ormai per lui scomodo. Seicentomila italiani, che prestano la loro apprezzata opera nella Confederazione, potrebbero ingiustamente fare le spese dei “vezzi letterari” di chi scrive e magari anche della mancanza di spirito di chi legge». Poco tempo dopo il governo italiano decise di trasferire Zampaglione ad altra sede.

Le relazioni italo-svizzere migliorarono decisamente l’anno seguente, nel 1981, con la visita in Svizzera del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, la prima visita ufficiale di un Capo di Stato italiano. Ad accompagnarlo in giro per la Svizzera fu il presidente della Confederazione Kurt Furgler. Tra i due si stabilì un caloroso vincolo di amicizia che simboleggiava il legame sempre più intenso che si voleva instaurare tra i due popoli, lasciandosi definitivamente alle spalle le tensioni e incomprensioni degli anni Sessanta e Settanta.

Nuovi orizzonti

Con la visita di Pertini si aprirono in effetti nuovi orizzonti. Il Presidente Furgler riconobbe che i numerosi italiani che risiedevano in Svizzera «ormai fanno parte della comunità elvetica». A sua volta il Presidente Pertini assicurò che «la forza del lavoro italiano che nel corso degli anni ha contribuito in buona parte al consolidamento dell’economia svizzera, riafferma oggi, attraverso le mie parole, la sicura certezza che nessun pregiudizio possa indebolire o mettere in dubbio i vincoli di stima e sincera amicizia che sono stati caratteristica costante dei rapporti tra l’Italia e la Confederazione Elvetica». Lo sono tuttora, come confermano queste due autorevoli testimonianze:

-        «La Svizzera e l’Italia intrattengono relazioni tradizionalmente buone, contraddistinte da intensi rapporti economici, politici, umani e culturali, da una lingua comune e da frequenti visite a tutti i livelli» (Dipartimento federale degli affari esteri)

-        Tra Svizzera e Italia «abbiamo una lingua in comune e tante reciproche influenze umane e culturali. Siamo due Paesi che si parlano e si incontrano incessantemente, che collaborano e lavorano insieme, contribuendo alla reciproca crescita e al mutuo benessere» (Silvio Mignano, Ambasciatore d’Italia in Svizzera).

Giovanni Longu
Berna, 20.01.2021