Dagli articoli precedenti sarebbe dovuto risultare che negli anni Novanta la forma d’immigrazione italiana tradizionale, di massa e poco preparata, volgeva al termine, mentre l’italianità si affermava sempre più. Tale «affermazione» non era però dovuta principalmente alla nuova immigrazione, benché diversa, più consapevole e meglio preparata culturalmente e professionalmente di quella precedente, ma a due altri fattori di cui si stenta a prendere pienamente coscienza tra gli italiani: il diverso atteggiamento di molti svizzeri nei confronti dell’italianità e la crescita quantitativa e qualitativa della seconda generazione.
Cambiare prospettiva
Il punto di vista di molte narrazioni anche recenti sull'italianità in Svizzera resta limitato al fenomeno migratorio perché non si comprende (ancora) che oggi va esteso all'intero contesto sociale nazionale. Gli svizzeri, infatti, hanno finalmente riscoperto che «italiano è bello» e che gli italiani sono «concittadini» di fatto anche se non sempre di diritto. Molti svizzeri si sono resi conto che ridurre l’italianità al fenomeno migratorio è rischioso perché questo fenomeno, almeno nella sua immagine tradizionale, andrà sempre più esaurendosi, mentre la componente italofona svizzera dovrebbe essere legata indissolubilmente al passato, al presente e al futuro del Paese. L’italianità è vista ormai da moltissimi svizzeri come una caratteristica fondamentale dell’immagine, della cultura e della realtà svizzera.
L’insistenza di
qualche presunto «storico delle migrazioni e delle catastrofi» su alcune
situazioni negative del passato, su Schwarzenbach, sullo sfruttamento degli
immigrati italiani, sulla xenofobia e cose simili è ormai fuori luogo in una
prospettiva di integrazione sociale e culturale di una Svizzera proiettata ormai
verso una completa integrazione europea. Inoltre, se continuità dev’esserci tra
passato e presente, si dovrebbe anche considerare obiettivamente come è
avvenuta l’evoluzione, chi ne sono stati i protagonisti (certamente non solo
chi era venuto con la valigia di cartone) e almeno in quale direzione era (ed
è) orientata.
Recentemente sono
stati pubblicati due volumetti, con il sostegno di Coscienza Svizzera,
che ricordano al lettore attento che in Svizzera non è cambiata solo la
popolazione italofona con origine migratoria (significativo un titolo: Dalla
valigia di cartone al web), ma è cambiato anche il paesaggio linguistico,
sociale e culturale svizzero (significativo anche l’altro titolo: Italiano
on the road. Per i quartieri e le strade di Zurigo, Basilea e Ginevra),
come lo si può osservare bene soprattutto nelle grandi città.
Quartieri italiani?
Non ce ne sono
più. Eppure in ogni città ce n’era almeno uno, a Zurigo (Aussersihl), a Basilea
(Kleinbasel), a Ginevra (rue de Carouge), a Berna, a Bienne, a Baden, ecc. Gli
italiani si sono integrati anche sotto il profilo abitativo ed è un grande
segnale del cambiamento intervenuto. Questo non significa ovviamente che gli
italiani non s’incontrino più, non organizzino le loro feste, non frequentino i
loro bar e ristoranti preferiti. Significa, però, che questi «luoghi» non sono
più tipicamente «italiani» (con una connotazione spesso negativa), ma sono
comuni, frequentati indifferentemente da persone di nazionalità diverse.
I temi trattati
in entrambi i libri sono molto interessanti. Le chiavi interpretative possono
essere molteplici, ma andrebbe evitato di considerarli una sorta di
«passeggiate etnografiche» separate in luoghi e nella storia. La collocazione
appropriata di uno studio moderno e obiettivo sugli italiani in Svizzera è
sicuramente una società che cresce perché crescono tutte le sue componenti e in
cui gli italiani, rafforzando la propria italianità in tutti i suoi aspetti
(lingua, cultura, arte, moda, cucina, ecc.) hanno rafforzato e rafforzano anche
l’italianità della Svizzera, i legami con l’Italia e il processo d’integrazione
europea.
Nella seconda
opera menzionata, questa collocazione appropriata è riscontrabile in alcune
asserzioni di un’italiana residente a Ginevra: «Adesso se parli francese con
l’accento italiano sono estasiati. Gli svizzeri apprezzano e conoscono l’Italia
in modo più approfondito di molti italiani […] Ad Annecy c’è il festival del
cinema italiano, ogni anno, io ci vado da venticinque anni. Ci sono pochissimi
italiani che lo frequentano, la maggior parte è francese o svizzera. C’è una
curiosità incredibile verso l’Italia, sono più interessati alla cultura, sono
più curiosi degli italiani stessi».
Il lungo processo
che ha portato a questa riscoperta dell’italianità rappresenta indubbiamente un
successo a cui hanno contribuito molti, ma anche una sfida. A coglierla non
devono essere solo gli svizzeri, ma anche gli italiani perché la terza
generazione avanza. E’ importante che siano entrambi.
Giovanni Longu
Berna, 20.07.2022