17 luglio 2024

24. Il «trio»: De Gasperi, Adenauer e Schuman (prima parte)

Dopo la seconda guerra mondiale, il desiderio di non vivere mai più tragedie come quelle vissute era molto diffuso. Numerosi osservatori, intellettuali e uomini politici auspicavano quale rimedio efficace una qualche forma di federalismo, per esempio sul modello svizzero, in grado di garantire l’unione (politica, economica, militare…) e il rispetto delle particolarità di ciascun popolo e di ciascuno Stato, ma senza mai affrontare il tema della sua realizzabilità. Ogni proposta, infatti, si sarebbe scontrata, fra l’altro, con la memoria ancora vivissima degli orrori della guerra, con la distinzione tra chi li aveva causati e chi li aveva subiti, l’indicazione degli scopi, dei costi, dell’organizzazione, senza dimenticare che qualsiasi ipotesi di riduzione della sovranità nazionale avrebbe urtato i forti sentimenti nazionalistici, presenti in tutti gli Stati, per non parlare delle nuove difficoltà dovute alla «guerra fredda» e alla spaccatura dell’Europa contesa dalle due superpotenze USA e URSS. Tre personaggi, il «trio» degli iniziatori dell’Unione europea De Gasperi, Adenauer e Schuman, che non si rassegnavano alla contingenza, optarono per il cambiamento.

Realismo e ottimismo

Quando sembrava inevitabile subire la realtà ritenendo di non poterla modificare, i tre personaggi appena menzionati decisero di cercare comunque una soluzione sostenibile per dare seguito ai forti desideri dei popoli europei di vivere durevolmente in pace e in libertà. Non si trattava di un azzardo o di una sfida titanica alla storia che pareva condannare l’Europa alla precarietà e a una divisione perpetua come punizione della superbia (la hybris degli antichi Greci) di alcuni Stati nazionalisti, ma di una conoscenza approfondita della situazione (vagliando attentamente realtà e possibilità)[1], di ragionamenti sostenibili, di una speranza che trovava il suo fondamento nella considerazione ottimistica delle enormi potenzialità dell’essere umano, ma anche nella profonda spiritualità che animava la vita e l’azione di De Gasperi, Adenauer e Schuman.

Alle espressioni Stati Uniti d’Europa, Federazione, Federalismo, suggerite da Churchill e dai Federalisti (cfr. articolo precedente), vennero preferite parole ritenute verosimilmente più significative e praticabili: «Solidarietà», «Comunità», «Unione». Non conosco le ragioni di queste scelte, ma corrispondono pienamente al pensiero del «trio» e forse anche alla loro sensibilità religiosa, non indifferente al racconto biblico delle prime comunità cristiane in cui «fra loro tutto era comune» (At 4,32).

Politica dei piccoli passi

La corrispondenza al pensiero dei tre fondatori è facilmente documentabile perché nessuno dei tre propose mai esplicitamente l’istituzione di uno Stato federale o degli Stati Uniti d’Europa, ritenendola almeno prematura. La politica da loro seguita fu quella dei piccoli passi, concreti e ispirati alla sostenibilità e alla condivisione, come dimostrano, per esempio, le proposte del 1950 dell’allora ministro degli esteri francese Robert Schuman (1886-1963).

Anzitutto, affermava, «l'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L'unione delle nazioni esige l'eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania». Il richiamo alla riconciliazione tra Francia e Germania era pienamente condiviso da Konrad Adenauer (1876-1967), allora cancelliere della Repubblica Federale di Germania e leader dell'Unione Cristiano-Democratica (CDU). Entrambi, infatti, consideravano importante in generale la riconciliazione tra vincitori e vinti, per una pacifica convivenza specialmente tra popoli vicini. Ma anche Alcide De Gasperi (1881-1954) ne era convinto e per questo cercò di risolvere pacificamente nel 1946 col ministro degli esteri austriaco Karl Gruber (1909-1995) i problemi riguardanti la minoranza tedesca nell'Alto Adige.

Firma a Parigi del Trattato CECA il 18 aprile 1951.
Affrontare i problemi e cercare di risolverli in maniera efficace diventerà nelle istituzioni europee una pratica costante dopo l’avvio promettente dell’istituzione della prima Comunità europea. Nello stesso intervento citato del ministro Schuman si riferiva che «il governo francese propone di mettere l'insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un'organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi europei».

Grazie alla grande intesa tra Schuman e Adenauer e al sostegno di De Gasperi e altri, l’anno seguente (1951) fu istituita con il trattato di Parigi la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) a cui aderirono sei Stati: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi. Era la prima Comunità europea, un esempio da seguire, reso possibile dall'intraprendenza, dal coraggio, ma anche dallo spirito profondamente cristiano di tre protagonisti di cui si parlerà anche nel prossimo articolo.

Con questa Comunità, importante per il contenuto e per il metodo, s'intendeva stabilire non solo la gestione in comune di due settori strategici, sottraendoli  dalle mani di un solo Stato e stabilendo una amministrazione comune, ma anche per il metodo da seguire in futuro. Infatti essa era già caratterizzata da una forte impronta sovranazionale. (Segue)

Giovanni Longu
Berna 17.07.2024



[1]     In questa osservazione attenta della realtà rientrava anche l’anticomunismo di tutti e tre, la presa d’atto dell’impossibilità di un accordo con l’Unione Sovietica, l’adesione alla NATO (istituita nel 1949) e la scelta di appartenere al blocco occidentale, nella speranza, tuttavia, che prima o poi si superasse la logica dei blocchi. Un tentativo in questo senso fu la Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, svoltasi a Helsinki nel luglio-agosto 1975. Essa tuttavia non eliminò l’esistenza dei due blocchi contrapposti.