20 maggio 2020

Immigrazione italiana 1970-1990: 14. Meglio partire o restare?


Molti italiani negli anni 1974-75 furono tormentati dal dilemma: meglio partire o restare? Con lo shock petrolifero del 1973 la crisi economica si era abbattuta pesantemente anche sulla Svizzera e numerose aziende furono costrette a chiudere o a limitare le proprie attività, lasciando senza lavoro centinaia di migliaia di lavoratori soprattutto stranieri. Quelli italiani furono tra i più colpiti, costringendoli a scelte difficili non prive di conseguenze anche per le loro famiglie, specialmente se con figli in età scolastica.

La quiete prima della tempesta
1974-76: il dilemma di molti immigrati: ritornare in Italia o restare?
Per comprendere la situazione che si venne a creare inaspettatamente nel 1974-76 in Svizzera, occorre anzitutto ricordare che nei primi anni di quel decennio il gruppo straniero più numeroso era ancora quello italiano, ma i nuovi immigrati dall’Italia erano in costante diminuzione dalla seconda metà degli anni Sessanta (1966: 104.899, 1967: 89.407, 1968: 81.206, 1969: 69.655, 1970: 53.658, 1971: 59.398, 1972: 51.036, 1973: 43.359).
Va aggiunto che negli stessi anni, con una sola eccezione (1971), il saldo migratorio tradizionalmente positivo diminuiva vistosamente fino a diventare negativo perché il numero dei rientri in Italia superava ormai quello degli arrivi (1966: 10.779, 1967: 9.025, 1968: 7.892, 1969: 2.993, 1970: -1.438, 1971: 8.218, 1972: -1.143, 1973: -3.735). La crisi del 1974-75 non fece che accentuare questa tendenza, ma con l’aggravante che la scelta doveva avvenire in tempi stretti e in condizioni di grande incertezza.
Per comprendere la drammaticità di quegli anni di crisi bisogna anche dire che nei primi anni Settanta per molti italiani residenti (specialmente quanti avevano deciso di prolungare la loro permanenza in Svizzera, magari solo di qualche anno, o di restare qui a tempo indeterminato) la vita scorreva abbastanza tranquilla anche perché il lavoro era in qualche modo sicuro (la disoccupazione era inferiore all’uno per cento). In quegli anni era persino possibile licenziarsi da un’azienda e andare a lavorare subito in un’altra con un salario maggiore.
Le tensioni tra svizzeri e stranieri si erano allenuate, anche se non erano scomparse. Specialmente gli italiani avevano trovato un modo di vivere accettabile nei loro spazi che consentivano grande autonomia. Le associazioni italiane erano in piena attività, le autorità diplomatiche e consolari sembravano più sensibili ai problemi dei connazionali, in tutte le grandi e medie città svizzere prosperavano bar, ristoranti, negozi di abbigliamento e di generi alimentari italiani, la lingua italiana era molto diffusa e qualche trasmissione della televisione svizzera in lingua italiana era molto seguita persino dagli svizzeri. In numerose città della Svizzera tedesca e francese l’italiano era la seconda lingua e nei grandi cantieri e posti di lavoro fungeva da «lingua franca». Cittadini italiani cominciavano ad affermarsi in tutti i campi. La stima degli italiani era nettamente in crescita.

Il grande dilemma: rientrare o restare?
In un tale clima si abbatté nel 1974 la crisi economica che eliminò oltre trecentomila posti di lavoro, molti dei quali occupati da stranieri e specialmente da italiani. Per molti di essi fu un dramma, perché la vita dell’emigrato, soprattutto allora, era strettamente dipendente dal lavoro e perderlo, anche se molti di essi potevano contare sull’assicurazione contro la disoccupazione (adottata da molte aziende ma non da tutte perché non era obbligatoria per legge), significava rischiare di perdere il permesso di soggiorno e dover lasciare la Svizzera. Il pensiero sempre presente ma non assillante negli immigrati della prima generazione di dover decidere quando rientrare divenne improvvisamente un dilemma gravoso e indifferibile: rientrare o restare?
Chi ha vissuto quell’esperienza o ha conosciuto da vicino persone coinvolte nella difficile decisione ricorda certamente i conflitti interpersonali e intergenerazionali che molti genitori dovettero affrontare, spesso senza alcun aiuto esterno. Si sa che molti italiani rifecero le valigie e rientrarono in Italia, mentre altri rimasero in Svizzera. Per entrambi i gruppi si trattò di decisioni molto serie e gravide di conseguenze. Alcune di queste incisero profondamente sull’evoluzione dell’immigrazione italiana in questo Paese. Nel prossimo articolo verranno trattate in maniera appropriata. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 20.05.2020