Molti italiani negli anni 1974-75 furono tormentati dal
dilemma: meglio partire o restare? Con lo shock petrolifero del 1973 la crisi
economica si era abbattuta pesantemente anche sulla Svizzera e numerose aziende
furono costrette a chiudere o a limitare le proprie attività, lasciando senza
lavoro centinaia di migliaia di lavoratori soprattutto stranieri. Quelli
italiani furono tra i più colpiti, costringendoli a scelte difficili non prive
di conseguenze anche per le loro famiglie, specialmente se con figli in età
scolastica.
La quiete prima della tempesta
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1974-76: il dilemma di molti immigrati: ritornare in Italia o restare? |
Per comprendere la situazione che si venne a creare
inaspettatamente nel 1974-76 in Svizzera, occorre anzitutto ricordare che nei
primi anni di quel decennio il gruppo straniero più numeroso era ancora quello
italiano, ma i nuovi immigrati dall’Italia erano in costante diminuzione dalla
seconda metà degli anni Sessanta (1966: 104.899, 1967: 89.407, 1968: 81.206,
1969: 69.655, 1970: 53.658, 1971: 59.398, 1972: 51.036, 1973: 43.359).
Va aggiunto che negli stessi anni, con una sola eccezione
(1971), il saldo migratorio tradizionalmente positivo diminuiva vistosamente
fino a diventare negativo perché il numero dei rientri in Italia superava ormai
quello degli arrivi (1966: 10.779, 1967: 9.025, 1968: 7.892, 1969: 2.993, 1970:
-1.438, 1971: 8.218, 1972: -1.143, 1973: -3.735).
La crisi del 1974-75 non fece che accentuare questa tendenza, ma con
l’aggravante che la scelta doveva avvenire in tempi stretti e in condizioni di
grande incertezza.
Per comprendere la drammaticità di quegli anni di crisi
bisogna anche dire che nei primi anni Settanta per molti italiani residenti (specialmente
quanti avevano deciso di prolungare la loro permanenza in Svizzera, magari solo
di qualche anno, o di restare qui a tempo indeterminato) la vita scorreva
abbastanza tranquilla anche perché il lavoro era in qualche modo sicuro (la
disoccupazione era inferiore all’uno per cento). In quegli anni era persino
possibile licenziarsi da un’azienda e andare a lavorare subito in un’altra con
un salario maggiore.
Le tensioni tra svizzeri e stranieri si erano allenuate,
anche se non erano scomparse. Specialmente gli italiani avevano trovato un modo
di vivere accettabile nei loro spazi che consentivano grande autonomia. Le
associazioni italiane erano in piena attività, le autorità diplomatiche e
consolari sembravano più sensibili ai problemi dei connazionali, in tutte le
grandi e medie città svizzere prosperavano bar, ristoranti, negozi di
abbigliamento e di generi alimentari italiani, la lingua italiana era molto
diffusa e qualche trasmissione della televisione svizzera in lingua italiana era
molto seguita persino dagli svizzeri. In numerose città della Svizzera tedesca
e francese l’italiano era la seconda lingua e nei grandi cantieri e posti di
lavoro fungeva da «lingua franca». Cittadini italiani cominciavano ad
affermarsi in tutti i campi. La stima degli italiani era nettamente in
crescita.
Il grande dilemma: rientrare o restare?
In un tale clima si abbatté nel 1974 la crisi economica che
eliminò oltre trecentomila posti di lavoro, molti dei quali occupati da
stranieri e specialmente da italiani. Per molti di essi fu un dramma, perché la
vita dell’emigrato, soprattutto allora, era strettamente dipendente dal lavoro
e perderlo, anche se molti di essi potevano contare sull’assicurazione contro
la disoccupazione (adottata da molte aziende ma non da tutte perché non era
obbligatoria per legge), significava rischiare di perdere il permesso di
soggiorno e dover lasciare la Svizzera. Il pensiero sempre presente ma non assillante
negli immigrati della prima generazione di dover decidere quando rientrare
divenne improvvisamente un dilemma gravoso e indifferibile: rientrare o
restare?
Chi ha vissuto quell’esperienza o ha conosciuto da vicino
persone coinvolte nella difficile decisione ricorda certamente i conflitti
interpersonali e intergenerazionali che molti genitori dovettero affrontare, spesso
senza alcun aiuto esterno. Si sa che molti italiani rifecero le valigie e
rientrarono in Italia, mentre altri rimasero in Svizzera. Per entrambi i gruppi
si trattò di decisioni molto serie e gravide di conseguenze. Alcune di queste
incisero profondamente sull’evoluzione dell’immigrazione italiana in questo
Paese. Nel prossimo articolo verranno trattate in maniera appropriata. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 20.05.2020
Berna, 20.05.2020