13 febbraio 2013

La Svizzera osserva interessata… al dialogo


Le prossime elezioni in Italia concernono evidentemente gli italiani (per cui ogni interferenza esterna andrebbe evitata, soprattutto da parte di istituzioni e governi europei), ma non c’è dubbio che avranno conseguenze anche sul resto d’Europa e in particolare sulle relazioni bilaterali con i Paesi vicini, Svizzera compresa. Le politiche europee dei vari leader che si contendono la vittoria elettorale sono infatti alquanto diverse.
In Svizzera, la campagna elettorale italiana è seguita attentamente, anche se con molta discrezione. A livello ufficiale, più che sperare che vinca questo o quello schieramento, si auspica che gli italiani scelgano una chiara maggioranza parlamentare e di governo che dia garanzia di stabilità. Molti organi di stampa, tuttavia, non nascondono i timori di una eccessiva frammentazione del panorama politico e quindi d’instabilità del prossimo governo.
Pericolo d’instabilità
In effetti, a ben guardare, la rottura del bipolarismo, con l’illusione di scardinare la «vecchia politica» della contrapposizione deleteria tra schieramenti avversi più che avversari e di esprimere meglio (più democraticamente, forse) i molteplici orientamenti presenti nella società civile, rischia di far perdere di vista che oggi è più che mai indispensabile la governabilità. Ma di questa esigenza non sembra che i politici si rendano ben conto e forse nemmeno gli elettori.
Eppure la stabilità di governo è condizione prioritaria per poter realizzare politiche serie e incisive, che hanno bisogno di essere non solo avviate, ma anche consolidate. Si pensi al campo della formazione (di cui per altro si parla troppo poco in questa campagna elettorale), al rilancio dell’economia, alla sistemazione del territorio, alla moralizzazione della vita pubblica, al riordino istituzionale, alla riforma del fisco parallelamente alla lotta senza quartiere all'evasione, ecc.

Superare il malcontento col buon governo
Quanto sia indispensabile e urgente un buon governo e una politica coraggiosa di riforme e di sviluppo, equo e sostenibile, lo rivela il malcontento generale che continua a crescere in Italia. Esso si esprime fra l’altro in un vistoso calo di fiducia degli italiani persino nei confronti del Capo dello Stato (scesa al 44,7%, secondo dati Eurispes), per non parlare del Governo (attestata al 15,9%, grazie ai provvedimenti «lacrime e sangue»!) e soprattutto del Parlamento (crollata al 9%!). La fiducia degli italiani nella Magistratura è in lieve recupero (42%), ma ancora al di sotto della sufficienza.
Commentando il «Rapporto Italia 2013», il presidente dell’istituto di ricerca italiano Eurispes, Gian Maria Fara è stato esplicito: «Siamo di fronte ad una insoddisfazione che non ha precedenti nella storia recente italiana. Per la prima volta, dopo la sfiducia che gli italiani manifestano nei confronti del Governo, del Parlamento e dei partiti, crollano gli indici di fiducia anche nella Presidenza della Repubblica. Un dato preoccupante, che contribuisce ad aumentare la già profonda distanza tra i cittadini e le Istituzioni italiane. L’aver delegato ad un Governo tecnico la guida del Paese non ha prodotto risultati positivi né per il Presidente della Repubblica che ha ispirato e gestito l’operazione, né per il Parlamento e i partiti ai quali probabilmente viene imputata una fuga dalle responsabilità di fronte alla crisi».
Secondo il presidente dell’Eurispes, «una pressione fiscale insopportabile e iniqua, la disoccupazione alle stelle, la perdita del potere d’acquisto, i ceti medi sulla via della proletarizzazione, l’aumento della povertà e del disagio, la precarietà globale di un’intera generazione rappresentano solo alcune delle emergenze».
Quanto basta per far riflettere gli italiani prima del voto il prossimo 24 febbraio. Ma, data la situazione, è lecito dubitare che questa tornata elettorale, a causa anche della legge che la regola, possa esprimere un Parlamento credibile e un governo forte e stabile. Se questo dubbio dovesse confermarsi, non resterebbe che ritornare alle urne il più presto possibile perché, in assenza di un governo stabile e sufficientemente forte, i rischi per l’Italia sarebbero enormi.
Quanto più tempo passa la crisi diventa sempre più grave. Un rilancio dell’economia diventerebbe quasi impossibile, anche perché un possibile rafforzamento dell’euro finirebbe per danneggiare seriamente l’unico comparto dell’economia italiana in positivo, ossia le esportazioni di prodotti manifatturieri.

Svizzeri pronti al dialogo
Gli svizzeri si rendono conto della situazione e l’incertezza penalizza le relazioni italo-svizzere, che da qualche anno aspettano invano un rilancio. Dopo i timidi tentativi nell’ultimo periodo del governo Berlusconi e i piccoli passi avanti durante il governo Monti, si teme un ulteriore rinvio.
Il Consigliere federale Didier Burkhalter e il Ministro Giulio Terzi,
durante il Forum italo-svizzero (Roma 18 gennaio 2013) 
L’interesse della Svizzera a normalizzare e a sviluppare ulteriormente le relazioni bilaterali è testimoniato dai numerosi incontri a livello ministeriale di questi ultimi mesi. Sia il consigliere federale Johann N. Schneider-Ammann, capo del Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca e sia il consigliere federale Didier Burkhalter, capo del Dipartimento degli affari esteri, incontrando i colleghi italiani Corrado Passera e Giulio Terzi hanno mostrato grande interesse allo sviluppo della collaborazione nei rispettivi settori di competenza. Per non parlare della ex Presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf, che lo scorso anno si è impegnata non poco col Presidente del Consiglio Mario Monti per far avanzare il difficile negoziato fiscale.
Per rilanciare le relazioni bilaterali, il 18 e 19 gennaio è stato organizzato a Roma un «Forum per il dialogo tra Italia e Svizzera», promosso dall’Ambasciata svizzera in Italia, a cui hanno partecipato anche Didier Burkhalter e Giulio Terzi.

Interscambio italo-svizzero
In tale occasione (ma i dati sono facilmente ricavabili sul sito del Dipartimento federale degli affari esteri) sono stati ricordati non solo il buon stato di salute delle relazioni bilaterali (non riducibili, come ha sottolineato Burkhalter, alle questioni fiscali), ma anche la loro intensità. Basti pensare che nell’interscambio l’Italia è il secondo partner commerciale in assoluto della Svizzera, di cui rappresenta anche il terzo mercato d'esportazione e il secondo Paese fornitore. Nel 2011 la Svizzera ha importato beni dall'Italia per 19 miliardi di franchi e ha esportato merci per un valore di 16 miliardi. Nonostante la crisi economica, che non ha risparmiato totalmente nemmeno la Svizzera, il volume degli scambi si è mantenuto elevato, anche se inferiore all'anno precedente.
L'Italia occupa un posto di rilievo (sesto o settimo secondo gli anni) anche nel settore degli investimenti svizzeri, che ammontano a circa 20 miliardi di franchi. La presenza di imprese svizzere in Italia è altissima, praticamente in tutti i settori economici. Esse occupano circa 80.000 persone, molte delle quali impiegate in attività di ricerca. Per la Svizzera, invece, l’Italia è il nono investitore straniero con circa 5 miliardi che rappresentano 14.000 posti di lavoro.
Anche il semplice fatto di trovarsi entrambi i Paesi confinanti sull’asse nord-sud del continente europeo rende i rapporti italo-svizzeri essenziali allo sviluppo reciproco. Basterebbe ricordare che un quarto delle esportazioni italiane in Europa attraversa la Svizzera. La collaborazione in materia di comunicazioni è pertanto indispensabile, soprattutto in vista della realizzazione dell’asse Genova-Rotterdam attraverso la nuova galleria ferroviaria del San Gottardo.

Condizioni per il rilancio
Perché il rilancio delle relazioni bilaterali avvenga è però indispensabile che l’Italia abbia un governo stabile e maggiormente disponibile al dialogo e alla soluzione dei problemi. Ricordarsi della Svizzera, nella convulsa campagna elettorale, solo perché si spera di far rientrare in Italia 20-30 (?) miliardi di euro (frutto di capitali difficilmente quantificabili di capitali non dichiarati in Italia e depositati nelle banche elvetiche) da un accordo fiscale ancora da negoziare nella parte essenziale (anonimato o scambio automatico dei dati) mi sembra francamente una semplificazione esagerata.
Il prossimo governo italiano dovrà anche rinegoziare altri accordi, compreso quello sui frontalieri, ma non dovrebbe mai dimenticare che in Svizzera trovano lavoro ogni giorno oltre 50.000 frontalieri e, soprattutto, che in questo Paese vive stabilmente oltre mezzo milione di cittadini italiani, generalmente ben integrati e molti anche in posizione di vertice nell'industria, nel commercio, nella cultura, nella ricerca.
Per questo la Svizzera segue con interesse le prossime elezioni italiane. Per questo prendo come un auspicio l’affermazione del Cardinal Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, secondo cui «gli italiani non si faranno abbindolare da niente e da nessuno», anche se mi resta il forte dubbio che vi riescano.
Giovanni Longu
Berna 13.02.2013