Neuchâtel è una magnifica città inserita in un paesaggio
superbo tra lago e monti, impreziosita da una storia più che millenaria e
proiettata verso un futuro che contribuiscono a plasmare una piccola ma
efficiente università, le nuove tecnologie e un dinamismo straordinario di
piccole e medie imprese. Queste caratteristiche appaiono con maggiore chiarezza
se lo sguardo spazia su tutta la regione, anzi sull’intero Cantone. Alcuni
centri, come La Chaux-de-Fonds, Le Locle, la Valle de Travers rappresentano infatti
elementi fondamentali della storia, della fama e della ricchezza di Neuchâtel. Di
essi si parlerà in un prossimo articolo, e lo meritano perché tutto il Cantone
è impregnato d’italianità.
Neuchâtel e gli stranieri
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Il Castello di Neuchâtel e, sullo sfondo, i campanili della Collegiata. |
Nel periodo della Riforma Neuchâtel rivela una grande
capacità integrativa degli stranieri. Fu uno straniero, Guillaume Farel,
predicatore appassionato di origine francese, a convincere la cittadinanza ad
accettare la Riforma nel 1530. Altri stranieri perseguitati per motivi
religiosi, gli ugonotti, furono accolti a Neuchâtel dopo la loro cacciata dalla
Francia nel 1685. Da allora, l’apertura verso gli stranieri è sempre stata una
caratteristica della città e del cantone, parziale fino all’occupazione
francese della Svizzera (1798) perché gli stranieri cattolici erano ostacolati,
totale dall’Ottocento in poi.
Quando nel 1832 i Cantoni di Neuchâtel, Basilea e Svitto
furono sconvolti da tentativi rivoluzionari, che rendevano urgente una riforma
del Patto federale del 1815, la proposta di un nuovo Atto fu commissionata a un
giurista e letterato raffinato di origine italiana, Pellegrino Rossi
(1787-1848).
La convivenza tra svizzeri e stranieri non fu tuttavia
sempre pacifica e proficua. Dovettero passare diversi decenni prima che venisse
avviata una solida politica d’integrazione, sia religiosa che politica.
Integrazione religiosa
La situazione religiosa, discriminatoria nei confronti dei
cattolici sino all’inizio dell’Ottocento, è andata via migliorando nei decenni
successivi ed è mutata sostanzialmente verso la fine del secolo, grazie specialmente
all’immigrazione italiana. Fino al loro arrivo, i cattolici a Neuchâtel erano
una esigua minoranza e non disponevano nemmeno di una chiesa propria. Furono
gli italiani a sostenere le richieste della Società libera dei cattolici romani
di Neuchâtel per una chiesa cattolica. La città venne loro incontro e mise a
disposizione un terreno nella zona bassa della città sottratta alle acque del
lago per edificarvi una chiesa.
Chiesa di Notre-Dame di Neuchâtel ("chiesa rossa") |
alle generosità dei cattolici e alla loro responsabilità di difendere la fede cattolica contro la «devastazione delle sette protestanti».
L’ondata di arrivi di lavoratori italiani nel secondo
dopoguerra ha modificato il panorama religioso del Cantone di Neuchâtel. Nel 1950
i cattolici erano già 24.829 (protestanti 100.158), ma nel 1970 raggiunsero
64.919 (protestanti: 97.843).
Oggi la convivenza fra cattolici e protestanti è assolutamente pacifica.
Difficoltà sulla strada dell’integrazione
Neuchâtel è una città e un cantone che ha avuto e continua
ad avere un forte legame con gli immigrati italiani, verso i quali ha elaborato
una vera politica d’integrazione. L’eliminazione della discriminazione
religiosa fin dall’inizio del secolo scorso è stato un primo passo, ma non fu
assolutamente decisivo nei confronti di altri tipi di discriminazione.
Soprattutto nei primi decenni del secondo dopoguerra, molti immigrati italiani
si sentivano discriminati e umiliati.
Le testimonianze di questo disagio sono numerose. Eccone una,
a titolo di esempio, di una signora che anni più tardi ricordava: «Ci si
trovava fra noi [immigrati], gli svizzeri in quel periodo ci evitavano, eravamo
solo mano d’opera niente altro… Era una sofferenza fisica e morale. Non si
capiva, eravamo buoni solo per il lavoro ma per il resto non eravamo accettati».
Occorre tuttavia ricordare anche che durante la seconda
guerra mondiale Neuchâtel accolse numerosi internati italiani. Per un gruppo di
essi si tenevano veri e propri corsi universitari in un apposito «Campo
universitario italiano». Tra i temi trattati figuravano la demografia, il
diritto commerciale, le scienze economiche e commerciali, ecc. I racconti di un
internato che ho potuto ascoltare qualche anno fa esprimevano molta riconoscenza
e simpatia nei confronti della popolazione neocastellana. Altre testimonianze
confermano questo sentimento.
L’evoluzione della presenza e dell’integrazione degli
italiani nel Cantone di Neuchâtel è facilmente immaginabile osservando
l’evoluzione della lingua italiana. Nel 1950, su 128.152 abitanti, 108.408 erano di lingua
francese, 15.149 di lingua tedesca e 3.939 di lingua italiana (2.636 stranieri,
1.303 svizzeri). Nel 1970 i francofoni aumentarono a 123.573, i tedescofoni a
15.630, gli italofoni a 21.607, superando dunque di gran lunga gli abitanti di
lingua tedesca. Nel 2000 tuttavia gli italofoni risultavano fortemente
ridimensionati a soli 5.407.
Nomi d’inconfondibile origine italiana sono ben noti a
Neuchâtel a cominciare da Facchinetti, Paci, Gucci e
altri, nel settore delle costruzioni, della ristorazione, della cultura, della
politica. Mi piace ricordare anche Vitaliano Menghini, un italiano
semplice con grandi idee e desideroso di far crescere il livello degli italiani
nella società neocastellana. E’ stato un grande promotore di dibattiti,
incontri letterari, manifestazioni pubbliche, in una parola, d’italianità.
Integrazione politica
Anche l’integrazione politica è progredita a Neuchâtel
lentamente ma costantemente. Già nel 1848, prima che i Cantoni approvassero la
Costituzione federale, Neuchâtel si era data una costituzione liberale e
democratica, che garantiva tutte le libertà fondamentali, fra cui quelle di
stampa e di associazione. Dal 1849 essa prevede il diritto di voto a livello
comunale, dal 2000 il diritto di voto a livello cantonale e dal 2007 il diritto
di eleggibilità a livello comunale. Manca ancora il diritto di eleggibilità a
livello cantonale.
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Vitaliano Menghini (1936-2016) |
Il risultato fu sorprendente perché si riuscì, negli anni
Ottanta, a costituire un vero e proprio partito politico svizzero chiamato «Solidarités»,
orientato a sinistra e finalizzato soprattutto alla lotta contro il
razzismo e all’ottenimento del diritto di voto a livello cantonale e di
eleggibilità sia a livello comunale che cantonale. A Neuchâtel ottenne anche un
buon successo elettorale nelle elezioni del Consiglio comunale del 2000,
riuscendo addirittura a rovesciare l’equilibrio politico nel comune,
amministrato da forze di destra sin dal 1848. Nel 2004 riuscì persino a far
eleggere sindaco un membro del partito.
Naturalmente i membri del partito Solidarités non sono
solo italiani, ma è significativa la riuscita di una iniziativa italiana, in un
Cantone che era sì, per così dire, predisposto all’integrazione degli stranieri
(nel 1970 aveva respinto l’iniziativa Schwarzenbach con oltre il 60% di voti),
ma che aspetta evidentemente anche la partecipazione e il contributo degli
stranieri. Solidarités è anche un bell’esempio di quanto gli stranieri,
se ben integrati, possono ottenere col loro impegno, non solo in campo
economico, sociale e culturale, ma anche politico.
Giovanni Longu
Berna, 25.04.2018
Berna, 25.04.2018