In occasione del 150° anniversario del
Trattato di amicizia tra la Svizzera e l’Italia, fondamentale per lo sviluppo
delle relazioni bilaterali in materia di emigrazione/immigrazione tra i due
Paesi, ho chiesto all’Ambasciatore d’Italia in Svizzera S.E. Marco Del Panta Ridolfi, molto attento alle condizioni della
collettività italiana e agli sviluppi dell’italianità in questo Paese, di fare
il punto della situazione sui rapporti italo-svizzeri.
1.
Quest’anno ricorre il 150° anniversario della firma
del Trattato di amicizia italo-svizzera (Berna 22 luglio
1868). Secondo Lei, Signor Ambasciatore, l’amicizia
italo-svizzera è ancora solida?
La Svizzera è un Paese “amico” per la vicinanza
geografica (abbiamo in comune oltre 740 km di frontiera), ma soprattutto perché
condividiamo una lingua, alcuni importanti interessi strategici e le stesse
visioni sui grandi temi globali (democrazia, rispetto dei diritti umani, ambiente
e sviluppo sostenibile).
2.
In quali settori si è
maggiormente sviluppata l’amicizia italo-svizzera?
Soprattutto in tre settori. In campo economico la Svizzera è un partner commerciale molto importante per l’Italia: la Confederazione è il 5° mercato d’esportazione per i prodotti italiani dopo la Germania, la Francia, gli USA e il Regno Unito ed è al 9° posto tra i fornitori. L’Italia è invece il 4° mercato d’esportazione per la Svizzera ed è al 2° posto tra i fornitori.
Soprattutto in tre settori. In campo economico la Svizzera è un partner commerciale molto importante per l’Italia: la Confederazione è il 5° mercato d’esportazione per i prodotti italiani dopo la Germania, la Francia, gli USA e il Regno Unito ed è al 9° posto tra i fornitori. L’Italia è invece il 4° mercato d’esportazione per la Svizzera ed è al 2° posto tra i fornitori.
Dal punto di vista culturale è molto forte l’impegno
dell’Italia nella diffusione della lingua italiana, visto che l’italiano in
Svizzera è una lingua nazionale. Abbiamo qui circa 1000 corsi gestiti dai vari
enti presenti sul territorio.
Anche nel campo politico l’amicizia tra la Svizzera
e l’Italia si basa su un complesso corpus di trattati e su regolari incontri
bilaterali a livello di Governo e di Amministrazione. Inoltre esistono contatti
istituzionalizzati tra i due Parlamenti. Tra i temi maggiormente presenti nelle
discussioni bilaterali posso menzionare il dialogo in ambito fiscale e
finanziario, la cooperazione nella politica energetica e dei trasporti nonché lo
sviluppo delle infrastrutture e la cooperazione transfrontaliera.
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Berna, residenza dell’Ambasciatore d'Italia in Svizzera |
3.
Si può dire che la visione e
le prospettive del 1868 sono oggi pienamente realizzate? Quale settore potrebbe
essere ulteriormente sviluppato?
La collaborazione italo-svizzera, già attiva grazie
ai trattati del 1868, è oggi ancora più fiorente grazie agli accodi bilaterali tra
la Confederazione e la UE, perché la Svizzera, sebbene non faccia parte della
UE, anche per la sua posizione geografica non può farne a meno. Naturalmente
gli sviluppi sono possibili in tutti i settori. Se dovessi indicarne uno in
particolare menzionerei quello dell’attrazione degli investimenti, nelle due
direzioni.
4.
Oggi un «secondo» di origine
italiana, Ignazio Cassis, è consigliere federale e molti «secondi» occupano
posizioni elevate nella vita politica, economica, sociale, culturale della
Svizzera. Quanto ha contribuito a questa riuscita la politica d’integrazione
praticata dalla Confederazione e sostenuta anche dall’Italia?
Naturalmente ci rallegriamo per la nomina al
Consiglio federale di Ignazio Cassis, un esponente politico di rilevo
proveniente dal Ticino ed italofono. Del resto, anche altri “secondi” di
origini non italiane hanno raggiunto posizioni elevate in Svizzera. La buona
politica d’integrazione praticata dalla Confederazione soprattutto negli ultimi
30/40 anni vi ha indubbiamente contribuito. Come ricorda lei stesso, tale
politica di integrazione è stata attivamente sostenuta anche dall’Italia.
5.
Dal 1991 a oggi circa 125.000
italiani hanno acquisito la cittadinanza svizzera. Negli ultimi decenni le
naturalizzazioni concernono circa 5000 italiani l’anno. Ci sono da parte
italiana iniziative volte al rafforzamento del legame degli italiani con
l’Italia?
Anzitutto, il fatto che tanti italiani richiedano la
naturalizzazione indica che si sono ben integrati. Secondo i dati più
aggiornati, dei 635.000 italiani residenti, la metà ha anche la cittadinanza elvetica.
L’Italia s’impegna molto per mantenere vivo e forte il legame con la
madrepatria, ma al tempo stesso mette a punto programmi e progetti volti a favorire
l’integrazione della migrazione vecchia e nuova nel contesto sociale locale.
Sotto il primo aspetto, citerei senz’altro gli eventi culturali organizzati
dall’Ambasciata, dai consolati e dall’Istituto italiano di Cultura e
naturalmente i corsi di lingua (che tuttavia noi auspichiamo vengano fruiti
anche dai non italiani e dagli svizzeri). Sotto il secondo aspetto, segnalo le
molte iniziative condotte in collaborazione con i vari COMITES per favorire
l’inserimento in Svizzera dei nuovi arrivati, per esempio le informazioni
pratiche su come trovare casa e lavoro e i corsi di lingua tedesca e francese.
6.
Gli italiani hanno contribuito
notevolmente alla diffusione dell’italiano in Svizzera e, come Lei ha detto,
l’Italia fa ancora molto in questo campo. E’ possibile sviluppare ulteriori
sinergie a sostegno della lingua italiana soprattutto nella Svizzera tedesca e
francese?
Dal
1872, gli italiani sono stati i principali protagonisti dei grandi trafori ferroviari in Svizzera |
7.
In questi 150 anni l’immigrazione
italiana ha dato un contributo notevole anche allo sviluppo generale di questo Paese.
Continua a darlo anche oggi?
Sì, sicuramente l’immigrazione italiana ha
contribuito nel tempo alla crescita e alla prosperità di questo Paese. Tale
contributo continua anche oggi, sebbene nel corso degli anni sia mutata la
composizione sociale degli immigrati. Oggi agli operai e ai lavoratori meno
qualificati si sono sostituiti professionisti, ricercatori, dirigenti e
manager.
8.
La collettività italiana della
Svizzera è un bell’esempio d’integrazione. Può essere preso in considerazione dall’Italia
di oggi, confrontata con problemi d’integrazione analoghi, per certi versi, a
quelli della Svizzera nel secondo dopoguerra?
Vi sono certamente similitudini tra le due
situazioni ma anche differenze sostanziali. L’Italia può prendere esempio dalla
politica d’integrazione della Svizzera, ma non credo che il “modello svizzero”
possa essere replicato sic et simpliciter
da noi. Gli immigrati che accogliamo ogni anno fuggono da guerre e
persecuzioni, oppure compiono un lungo viaggio da Paesi e continenti lontani in
cerca di un futuro migliore. Uno scenario ben diverso da quello che ha dovuto
affrontare la Svizzera a suo tempo. Ecco perché a mio avviso lo sforzo e il
costo dell’integrazione che l’Italia si trova a dover affrontare è diverso in
termini quantitativi e qualitativi.
9.
Come vede il futuro delle relazioni italo-svizzere?
Credo che anche in futuro le relazioni
italo-svizzere non devieranno dalle linee guida seguite finora e troveranno nel
quadro della politica d’integrazione europea ulteriori possibilità di sviluppo,
tenendo sempre presente anche l’interesse della collettività italiana qui residente.
Questo è anche il mio auspicio.