28 novembre 2018

150 anni di «amicizia» italo-svizzera: 5. Intervista all'Ambasciatore d'Italia Del Panta


In occasione del 150° anniversario del Trattato di amicizia tra la Svizzera e l’Italia, fondamentale per lo sviluppo delle relazioni bilaterali in materia di emigrazione/immigrazione tra i due Paesi, ho chiesto all’Ambasciatore d’Italia in Svizzera S.E. Marco Del Panta Ridolfi, molto attento alle condizioni della collettività italiana e agli sviluppi dell’italianità in questo Paese, di fare il punto della situazione sui rapporti italo-svizzeri.
 
Marco Del Panta Ridolfi,
ambasciatore d’Italia in Svizzera
 1.     Quest’anno ricorre il 150° anniversario della firma del Trattato di amicizia italo-svizzera (Berna 22 luglio 1868). Secondo Lei, Signor Ambasciatore, l’amicizia italo-svizzera è ancora solida?

La Svizzera è un Paese “amico” per la vicinanza geografica (abbiamo in comune oltre 740 km di frontiera), ma soprattutto perché condividiamo una lingua, alcuni importanti interessi strategici e le stesse visioni sui grandi temi globali (democrazia, rispetto dei diritti umani, ambiente e sviluppo sostenibile).

2.     In quali settori si è maggiormente sviluppata l’amicizia italo-svizzera?

Soprattutto in tre settori. In campo economico la Svizzera è un partner commerciale molto importante per l’Italia: la Confederazione è il 5° mercato d’esportazione per i prodotti italiani dopo la Germania, la Francia, gli USA e il Regno Unito ed è al 9° posto tra i fornitori. L’Italia è invece il 4° mercato d’esportazione per la Svizzera ed è al 2° posto tra i fornitori. 
Dal punto di vista culturale è molto forte l’impegno dell’Italia nella diffusione della lingua italiana, visto che l’italiano in Svizzera è una lingua nazionale. Abbiamo qui circa 1000 corsi gestiti dai vari enti presenti sul territorio.
Anche nel campo politico l’amicizia tra la Svizzera e l’Italia si basa su un complesso corpus di trattati e su regolari incontri bilaterali a livello di Governo e di Amministrazione. Inoltre esistono contatti istituzionalizzati tra i due Parlamenti. Tra i temi maggiormente presenti nelle discussioni bilaterali posso menzionare il dialogo in ambito fiscale e finanziario, la cooperazione nella politica energetica e dei trasporti nonché lo sviluppo delle infrastrutture e la cooperazione transfrontaliera.

Berna, residenza dell’Ambasciatore d'Italia in Svizzera
3.     Si può dire che la visione e le prospettive del 1868 sono oggi pienamente realizzate? Quale settore potrebbe essere ulteriormente sviluppato?

La collaborazione italo-svizzera, già attiva grazie ai trattati del 1868, è oggi ancora più fiorente grazie agli accodi bilaterali tra la Confederazione e la UE, perché la Svizzera, sebbene non faccia parte della UE, anche per la sua posizione geografica non può farne a meno. Naturalmente gli sviluppi sono possibili in tutti i settori. Se dovessi indicarne uno in particolare menzionerei quello dell’attrazione degli investimenti, nelle due direzioni.

4.     Oggi un «secondo» di origine italiana, Ignazio Cassis, è consigliere federale e molti «secondi» occupano posizioni elevate nella vita politica, economica, sociale, culturale della Svizzera. Quanto ha contribuito a questa riuscita la politica d’integrazione praticata dalla Confederazione e sostenuta anche dall’Italia?

Naturalmente ci rallegriamo per la nomina al Consiglio federale di Ignazio Cassis, un esponente politico di rilevo proveniente dal Ticino ed italofono. Del resto, anche altri “secondi” di origini non italiane hanno raggiunto posizioni elevate in Svizzera. La buona politica d’integrazione praticata dalla Confederazione soprattutto negli ultimi 30/40 anni vi ha indubbiamente contribuito. Come ricorda lei stesso, tale politica di integrazione è stata attivamente sostenuta anche dall’Italia.

5.     Dal 1991 a oggi circa 125.000 italiani hanno acquisito la cittadinanza svizzera. Negli ultimi decenni le naturalizzazioni concernono circa 5000 italiani l’anno. Ci sono da parte italiana iniziative volte al rafforzamento del legame degli italiani con l’Italia?

Anzitutto, il fatto che tanti italiani richiedano la naturalizzazione indica che si sono ben integrati. Secondo i dati più aggiornati, dei 635.000 italiani residenti, la metà ha anche la cittadinanza elvetica. L’Italia s’impegna molto per mantenere vivo e forte il legame con la madrepatria, ma al tempo stesso mette a punto programmi e progetti volti a favorire l’integrazione della migrazione vecchia e nuova nel contesto sociale locale. Sotto il primo aspetto, citerei senz’altro gli eventi culturali organizzati dall’Ambasciata, dai consolati e dall’Istituto italiano di Cultura e naturalmente i corsi di lingua (che tuttavia noi auspichiamo vengano fruiti anche dai non italiani e dagli svizzeri). Sotto il secondo aspetto, segnalo le molte iniziative condotte in collaborazione con i vari COMITES per favorire l’inserimento in Svizzera dei nuovi arrivati, per esempio le informazioni pratiche su come trovare casa e lavoro e i corsi di lingua tedesca e francese.

6.     Gli italiani hanno contribuito notevolmente alla diffusione dell’italiano in Svizzera e, come Lei ha detto, l’Italia fa ancora molto in questo campo. E’ possibile sviluppare ulteriori sinergie a sostegno della lingua italiana soprattutto nella Svizzera tedesca e francese?

Dal 1872, gli italiani sono stati i principali protagonisti
dei grandi trafori ferroviari in Svizzera
Fin dal mio arrivo, ho basato la nostra azione di diffusione della lingua italiana sulle sinergie e la collaborazione con le Autorità svizzere. Questo è l’unico Paese al mondo nel quale non possiamo agire da soli in questo campo. A distanza di quasi tre anni dal mio arrivo, ritengo che sinergie e collaborazioni siano nate e stiano dando frutti. Lo scorso anno, in occasione dell’ultima riunione della Commissione culturale consultiva italo-svizzera si è deciso di creare un gruppo di lavoro congiunto per la diffusione dell’italiano. Noi mettiamo a disposizione i nostri strumenti (corsi di lingua, sezioni bilingue) e la Confederazione i propri (qualche finanziamento, il coordinamento di certe azioni cantonali). Poi ho dato incarico ai Consoli di avviare contati con i singoli Cantoni di rispettiva competenza per sviluppare iniziative scolastiche bilingui a beneficio sia degli studenti italiani sia di quelli svizzeri interessati a perfezionare una lingua nazionale.

7.     In questi 150 anni l’immigrazione italiana ha dato un contributo notevole anche allo sviluppo generale di questo Paese. Continua a darlo anche oggi?

Sì, sicuramente l’immigrazione italiana ha contribuito nel tempo alla crescita e alla prosperità di questo Paese. Tale contributo continua anche oggi, sebbene nel corso degli anni sia mutata la composizione sociale degli immigrati. Oggi agli operai e ai lavoratori meno qualificati si sono sostituiti professionisti, ricercatori, dirigenti e manager.

8.     La collettività italiana della Svizzera è un bell’esempio d’integrazione. Può essere preso in considerazione dall’Italia di oggi, confrontata con problemi d’integrazione analoghi, per certi versi, a quelli della Svizzera nel secondo dopoguerra?

Vi sono certamente similitudini tra le due situazioni ma anche differenze sostanziali. L’Italia può prendere esempio dalla politica d’integrazione della Svizzera, ma non credo che il “modello svizzero” possa essere replicato sic et simpliciter da noi. Gli immigrati che accogliamo ogni anno fuggono da guerre e persecuzioni, oppure compiono un lungo viaggio da Paesi e continenti lontani in cerca di un futuro migliore. Uno scenario ben diverso da quello che ha dovuto affrontare la Svizzera a suo tempo. Ecco perché a mio avviso lo sforzo e il costo dell’integrazione che l’Italia si trova a dover affrontare è diverso in termini quantitativi e qualitativi.

9.     Come vede il futuro delle relazioni italo-svizzere?

Credo che anche in futuro le relazioni italo-svizzere non devieranno dalle linee guida seguite finora e troveranno nel quadro della politica d’integrazione europea ulteriori possibilità di sviluppo, tenendo sempre presente anche l’interesse della collettività italiana qui residente. Questo è anche il mio auspicio.