Due secoli fa, nel 1825, la rete ferroviaria europea era ancora in uno stato embrionale, quella svizzera inesistente. Da allora, tuttavia, la strada ferrata o ferrovia cominciò a diffondersi ovunque in Europa, ma non ancora in Svizzera, paese montuoso e considerato inadatto dalla maggioranza dei Cantoni, allora competenti in materia di comunicazioni. Nel 1845 la Svizzera possedeva meno di due chilometri di ferrovia (il prolungamento della linea Strasburgo-Saint Louis fino a Basilea), ma si rendeva conto dell’importanza del trasporto ferroviario e del ritardo accumulato. Nel 1850 il Consiglio federale presentò al Parlamento un piano per una rete ferroviaria nazionale, evidenziando l’importanza delle ferrovie «per il trasporto delle merci e delle persone» e la convenienza per la Svizzera di dotarsi come altri Stati di una efficiente sistema ferroviario quale «condizione fondamentale dello sviluppo intellettuale e della prosperità materiale».
Quando la febbre ferroviaria pervase la Svizzera
L’avvio dei primi lavori intercantonali fu tuttavia lento e
complicato perché la Confederazione non aveva ricevuto dalla Costituzione del
1848 competenze specifiche al riguardo e le rivalità tra i Cantoni, ai quali
spettava il rilascio dei permessi, non facilitavano gli accordi. Tant’è che l’unica
ferrovia interamente svizzera allora in funzione era la Zurigo-Baden di 23 km.
Per superare questo tipo di ostacoli, nel 1852 l’Assemblea federale
decise di lasciare ai Cantoni la competenza sulle concessioni, ma di dare alla
Confederazione il potere di controllo e il diritto delle autorizzazioni per le
costruzioni. Superati questi ostacoli, la Svizzera riuscì a colmare in pochi
decenni il forte ritardo accumulato, raggiungere i livelli degli Stati più
avanzati e superarli. Nemmeno il tema dei finanziamenti costituì un serio problema.
Fu infatti risolto ricorrendo dapprima a grandi gruppi finanziari europei come Rotschild
e Crédit Mobilier e poi al Credito svizzero (Schweizerische
Kreditanstalt/Credit Suisse), fondato nel 1856 da Alfred Escher.
Nella seconda metà dell’Ottocento, le realizzazioni si
susseguirono a ritmi impressionanti e le tratte, solitamente di pochi
chilometri, non devono trarre in inganno, perché spesso dovevano attraversare
terreni difficili. Alcune ferrovie, specialmente quelle transalpine e di
montagna, furono imprese da giganti e gli italiani, come si vedrà nel prossimo
articolo, ne furono protagonisti.
Realizzazioni
Una delle prime ferrovie svizzere, dopo quella tra Zurigo e
Baden (1847), fu la linea Zurigo-Winterthur (1855). Nell'aprile del 1857 vennero inaugurate le
«Ferrovie delle cascate del Reno» tra Sciaffusa e Winterthur.
Contemporaneamente si costruiva la linea Basilea-Olten (particolarmente
impegnativa perché doveva superare pendenze del 27‰) attraversando la galleria dell'Hauenstein
(Läufelfingen-Trimbach), la più lunga della Svizzera fino a quel momento (ca.
Dopo la galleria del San Gottardo (1872-1882), gli
italiani furono determinanti per la realizzazione di tutti gli altri grandi
trafori ferroviari: Sempione (1898-1906), Ricken (1904-1910), Lötschberg
(1906-1913), Mont d’Or, tra la Svizzera e la Francia, (1910-1915), Grenchen-Moutier
(1911- 1915), la galleria di base dell’Hauenstein, tra Trimbach e
Tecknau (1912-1916), ecc.
Nel frattempo venivano realizzate numerose altre ferrovie,
specialmente di montagna, da quelle più celebri, come la Jungfraubahn
(1889-1912) e la ferrovia retica (1888-1910, dal 2008 patrimonio
mondiale dell’UNESCO) a quelle forse meno famose ma ancora oggi molto
efficienti come la Vitznau-Rigi-Bahn (1869-1871, la prima ferrovia a
cremagliera d’Europa), la Arth-Rigi-Bahn (1873-1875), l’Alpnachstad-Pilatus
(1886-1889, la ferrovia a cremagliera più ripida del mondo), la Gornergratbahn
(1896-1898, che collega Zermatt a Gornergrat nella regione del Monte Rosa), la Brienz-Rothorn
(1889-1891), la Furka-Oberalp (1911-1915), ecc.
Nel 1862 la rete ferroviaria svizzera contava appena 1148
chilometri di binario, nel 1900 ne aveva già 3700 e nel 1911 ben 4.791
chilometri ed era una delle più dense del mondo.
Giovanni Longu
Berna, 29.01.2025