Se ne parla poco,
ma la prima generazione di immigrati italiani giunti in Svizzera nei primi
decenni del dopoguerra ha lasciato in eredità alla seconda e terza generazione
un ricco patrimonio di oggetti e di ricordi tramandati soprattutto oralmente ma
anche in forma scritta e video. La memorialistica è immensa, ma dispersa, in gran
parte nascosta e ad alto rischio di sparizione. Infatti non c’è nessuno che la
consideri un’eredità preziosa e, soprattutto, si preoccupi di conservarla, inventariarla,
valorizzarla e renderla disponibile non solo per gli studiosi ma anche per discendenti
alla ricerca delle proprie origini, per gli storici della migrazione, per gli
studiosi dell’italianità in Svizzera, per chiunque. E’ realizzabile in questo
Paese un museo della memoria dell’immigrazione? Chi dovrebbe o potrebbe farsene
carico?
Domande in attesa di risposte
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Appunti di un emigrato (1974) |
musei hanno non solo la funzione della conservazione, ma anche quella di stimolare e facilitare la ricerca. In Svizzera, a conoscenza di chi scrive, non ci sono musei dell’immigrazione italiana (anche se di tanto in tanto si organizzano esposizioni particolari), non esiste nessuna raccolta sistematica e accessibile di oggetti, documenti, statuti societari, album fotografici, diari riconducibili a immigrati italiani. Esiste solo un reparto della sezione d’italiano dell’università di Losanna che raccoglie scritti letterari di italiani e italo-svizzeri, ma si tratta, com’è facile capire, di elaborati, non di originali, e hanno un carattere specificamente letterario e non documentale.
Eppure in
Svizzera l’immigrazione italiana ha una storia ultracentenaria. Qui hanno
vissuto e lasciato tracce indelebili milioni di italiani. Dall'Unità d’Italia
ad oggi hanno partecipato allo sviluppo di questo Paese, per qualche stagione o
per anni, non meno di 4 milioni di persone. E’ vero che, tradizionalmente, si
emigrava per lavorare o per stare vicini a chi era già emigrato o emigrata e
non si pensava a conservare appunti, a registrare sensazioni e fatti quotidiani
e tantomeno a raccoglierli in volumi, eppure soprattutto molte immigrate hanno
tenuto diari, conservato lettere e fotografie, si confidavano con amici e
amiche, raccontavano sentimenti ed esperienze nella corrispondenza con i
parenti rimasti in Italia. Esiste certamente, racchiusa in molti cassetti, una
massa di documenti che, sfoltiti, esaminati e raccolti sistematicamente, potrebbero
aiutare gli studiosi ad animare le aride cifre delle statistiche.
In epoca più
recente, col progredire della capacità di scrittura di numerosi immigrati e del
desiderio di conoscere le proprie origini da parte della seconda e terza
generazione, le pubblicazioni si sono moltiplicate: diari, racconti
autobiografici, tesine di maturità, tesi di laurea, ricerche, raccolte di
articoli e di interviste, studi scientifici, saggi documentati, ecc.
Peccato che
questa fonte d’informazioni preziose per la conservazione della memoria storica
dell’immigrazione italiana in Svizzera non sia stata raccolta e resa
accessibile al pubblico. Non potrebbe l’Ambasciata d’Italia promuovere la costituzione
di un gruppo di lavoro con l’incarico di studiare la creazione di almeno un
museo dell’immigrazione e della raccolta delle più significative opere cartacee,
sonore e video in materia?
Fattibilità del museo degli italiani in
Svizzera
In linea di principio
sarebbe sbagliato sottovalutare le difficoltà organizzative, logistiche e
finanziarie di un museo dell’immigrazione italiana in Svizzera, ma non sarebbe
corretto nemmeno rinunciare all'idea di realizzarlo senza aver esaminato
dettagliatamente alcun progetto. Pertanto è auspicabile che venga costituito il
suddetto gruppo di lavoro ad hoc, non ignorando che di musei della migrazione
ne esistono ormai in tutto il mondo.
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Sistema di traduzione simultanea ideato dal Cisap |
Gli oggetti da
esporre non farebbero certo difetto e sarebbe un peccato non raccogliere almeno
quelli più significativi. Esiste, disperso in tutta la Svizzera, un ricco
patrimonio di oggetti capaci di evocare le molteplici attività svolte dagli
italiani. Si pensi ad alcuni strumenti di lavoro usati in alcuni comparti (edilizia,
meccanica, automeccanica, elettronica, riparazioni, taglio e cucito, cura della
persona, ecc.), ma anche a realizzazioni di pregio (per es. alcuni prototipi
geniali di elettronica realizzati al CISAP fin dagli anni Settanta: orologio digitale,
diversi alimentatori di corrente, mini-laboratori digitali, amplificatori per
sale di conferenze, sistemi di traduzione simultanea, ecc.), opere d’arte
(quadri, sculture, ceramiche), ecc.
Problemi
logistici, finanziari e organizzativi costituirebbero senz’altro l’ostacolo
maggiore, ma non insuperabile se ci fosse la ferma convinzione dell’utilità e
dell’opportunità del museo. E’ anche su questi aspetti che il suddetto gruppo
di lavoro dovrebbe concentrare l’attenzione.
Raccolta di documenti sull'immigrazione
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Interessante testimonianza degli anni '50-70. |
La banca dati sopraccennata
dell’Università di Losanna potrebbe costituire un buon punto di partenza. Utili
fonti d’informazione sono anche i riferimenti bibliografici contenuti in alcune
opere, per esempio tesi di laurea (già numerose soprattutto in Italia), cataloghi,
opere collettive («Scrittori allo specchio» a cura di Giovanna Meyer
Sabino del 1996, ecc.), recensioni sulla stampa d’emigrazione che riferisce
spesso di opere d’immigrati.
Poiché le opere a
carattere autobiografico sono ormai numerose, si tratterà anche di stabilire alcuni
criteri essenziali per essere inserite nella raccolta. Modelli a cui ispirarsi
potrebbero essere, giusto per fare qualche esempio in ordine cronologico di
pubblicazione: F. Venturini, Nudi col passaporto (1969), L.
Moraschinelli, L’albero che piange (1994), R. Ferrarese e M. Schiavone
(a cura di), Storie di italiani nella Svizzera Orientale (2001), M.
Schirone (a cura di), Storie di donne lucane (2001), F. Zosso e G.E.
Marsico, Les bâtisseurs d’espoir, (2002), O. Grava, Diario di un
emigrante friulano (2003), R. Ambrosi, Tra due culture, Otto ritratti di
donne italiane in Svizzera (2004), B. Cappai, Autobiografia di un
emigrato sardo in Svizzera (2018), S. Pinto, Un albero… un amore per un
uomo qualunque (2022).
Anche per la
raccolta fotografica, sonora e video dovranno essere elaborati analoghi criteri
selettivi, in maniera che il materiale raccolto risponda alla finalità essenziale
di documentare e stimolare la ricerca.
Una questione morale e di opportunità
Nell'affrontare
questa tematica non dovrebbe sfuggire a nessuno che a ben vedere si tratta
innanzitutto di una questione morale. Con la raccolta e la conservazione di un
tesoro lasciato in eredità dalle prime generazioni di immigrati italiani alle
successive si tratta anzitutto dell’opportunità di soddisfare un debito di
riconoscenza e di rispetto nei loro confronti. Dietro ogni manufatto, ogni
racconto, ogni libro di ricordi si celano vite di uomini e donne che hanno
voluto dare un senso profondo alla loro esistenza, ma anche una speranza ai
loro figli, affrontando con coraggio e ottimismo ogni sorta di difficoltà, pericoli,
sofferenze, umiliazioni.
Sostenere questi
progetti dovrebbe essere anche un segno di riconoscenza da parte dell’Italia, perché
gli emigrati hanno contribuito direttamente o indirettamente a far
crescere l’economia italiana e a diffondere in Svizzera il «made in Italy»,
le sue bellezze naturali e artistiche, la sua potente attrazione turistica.
Dedicare loro un museo e una raccolta di documenti non dovrebbe essere un atto
dovuto e un minimo segno di riconoscenza? Saprà farsene interprete autorevole l’Ambasciatore
d’Italia in Svizzera Silvio Mignano?
Anche la Svizzera, tuttavia, non dovrebbe sottrarsi a questo
debito di riconoscenza, perché, come ebbe a dire nel 1972 l’allora presidente
della Confederazione Nello Celio, il saldo tra quello che gli immigrati italiani
hanno dato e quello che hanno ricevuto è sempre a loro favore.
Infine, poiché i primi eredi delle prime generazioni sono
sempre la seconda e la terza, sarebbe imperdonabile che queste non si facessero
carico per prime della memoria di quanti le hanno precedute con tanto coraggio,
infaticabile lavoro e grandi sacrifici.
Giovanni Longu
Berna 9.11.2022