Attorno al 25
aprile, festa della Repubblica, si è sviluppata quest’anno in Italia una
polemica surreale attorno a un episodio televisivo esasperato dalla politica
italiana. Uno storico pretendeva di lanciare dal pulpito della televisione
pubblica, in un monologo (quindi senza contraddittorio), accuse e richieste di
autenticità democratica (una dichiarazione pubblica di «antifascismo») alla
Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, come se non bastasse il fatto che sia
stata eletta democraticamente. Non gli è stato concesso, a mio parere
giustamente.
L’episodio, di per sé irrilevante, rispetto ai ben più importanti problemi dell’Italia,
si presta ad alcune considerazioni che mi sembrano degni di attenzione anche in
un contesto più ampio.
Considerazioni
La prima considerazione: l’antifascismo, come sentimento comune del popolo italiano all’indomani della seconda guerra mondiale, ha determinato il carattere della Costituzione italiana, che è detta, in buona ragione, «nata dall'antifascismo». Pertanto, il semplice riconoscimento di questo fatto storico (per es. giurando sulla Costituzione) non richiede di per sé alcun’altra dichiarazione. Negarlo esplicitamente sarebbe invece un fatto grave, ma anche ignorarlo denoterebbe una lacuna conoscitiva importante. L’origine è infatti sempre non solo utile ma necessaria per conoscere le intenzioni e lo spirito dei Costituenti e per capire, oggi, il «senso», l’«anima» di ciò che ne è derivato, appunto la Costituzione.
La seconda considerazione: analogamente, non si può
parlare seriamente dell’Europa di oggi, soprattutto alla vigilia delle
imminenti elezioni del nuovo Parlamento europeo, senza conoscere almeno per
sommi capi le «origini» dell’idea di Europa. Non è possibile capire l’«anima»
dell’Europa di ieri e di oggi, il «sogno» di un’Europa unita e indipendente, portatrice
di valori e dotata di autorevolezza, la portata della cosiddetta «civiltà
europea» che ha improntato l’Occidente (e qualcosa di più). Senza conoscere la
storia dell’idea di Europa non è nemmeno possibile rendersi conto degli
ostacoli che rallentano oggi l’«integrazione europea», le difficoltà per l’Europa
di ritrovare la sua anima e il coraggio di proporre e difendere valori non
negoziabili, di sottrarsi alla subalternità nei confronti di poteri estranei,
di elaborare e proporre modelli di sviluppo basati sulla condivisione dei
valori e del benessere.
La terza considerazione mi sorge spontanea osservando
la pochezza della campagna elettorale per le elezioni europee. Capisco che l’Europa
non è un tema facile perché implica molte conoscenze non facili da raggiungere,
ma ridurla a occasione di scontro personale tra candidati o tra posizioni di pura
politica nazionale mi pare scandaloso e irresponsabile. Significa non rendersi
conto che dall'evoluzione dell’Europa dipenderà anche il destino delle nazioni,
che se l’Europa non cresce e si rafforza non crescono nemmeno le economie e le
autonomie nazionali. Non parlare di Europa perché non la si conosce è grave e
pericoloso.
Conferenze sulle
«radici cristiane» dell’Europa
In una prima conferenza
(giovedì 16 maggio a Zuchwil) organizzata dall'UNITRE di Soletta rievocherò a
grandi linee le «radici cristiane» dell’Europa (intese non in senso esclusivo o esaustivo, perché l’Europa ha anche
altre radici), senza le quali l’Europa non sarebbe quella che è stata ed è, dal
primo secolo dopo Cristo ad oggi.
La scelta delle radici «cristiane» non è casuale, ma dettata
da ragioni storiche:
1.
è stata la Chiesa a mettere in salvo i principali
valori della Romanità (organizzazione, impianto giuridico, convivenza di popoli
diversi, gestione della diversità, ecc.);
2.
è stato il monachesimo (ora
et labora) a diffondere nel continente europeo non solo il
cristianesimo, ma anche il senso di identità e di unità; impossibile
dimenticare i contributi di alcuni santi: San Benedetto, San Basilio, Sant'Antonio,
Santa Ildegarda di Bingen, ecc.
3.
è stato il papato a rendere operative l’identità
e l’unità attraverso la centralità della chiesa di Roma (detta «prima Roma» rispetto
alla «seconda Roma»: Costantinopoli e alla «terza Roma»: Mosca), la capacità
motivazionale di alcuni Papi (crociate, lotta all'islam più intransigente, tentativi
di avvicinamento tra Occidente e Oriente), l’elaborazione della prima «idea di
Europa», quella di Enea Silvio Piccolomini (1458), divenuto papa Pio II.
Per contro, sono stati soprattutto i nazionalismi a
impedire l’unità, l’identità, lo sviluppo unitario dell’Europa e a operare il
progressivo allontanamento tra Occidente e Oriente, di cui si vedono ancora
oggi le conseguenze.
La prima conferenza non tratterà tutti i temi enunciati, ma
solo una parte, compresi in un arco di tempo piuttosto ampio, dal V al XIX
secolo, in cui l’Europa geografica e politica raggiungerà la massima estensione,
dall'Atlantico ai monti Urali, in Russia.
In una seconda conferenza (in programmazione, anche questa organizzata dall'UNITRE di Soletta)saranno trattati i temi toccati solo marginalmente nella
prima e legati soprattutto al processo di unificazione europea e agli ostacoli
che lo rallentano. Saranno anche analizzate le difficoltà delle Chiese di
intervenire nella soluzione dei problemi, ma anche i suggerimenti, le proposte
e l’ottimismo che sanno infondere per non perdere la speranza in un’Europa che
può ritrovare la sua anima e l’unità.
Giovanni Longu
Berna 15.5.2024