Nel precedente
articolo di questa serie ho accennato ad alcune conseguenze socio-religiose
della Riforma protestante e della reazione dei Cantoni cattolici, mettendo in
rilievo soprattutto l’assoggettamento incondizionato dei cittadini alla
confessione ritenuta ufficiale in ciascun Cantone e il controllo dello Stato
anche in materia religiosa. La conseguenza più importante della Riforma
protestante è stata tuttavia, a mio parere, la spinta decisiva all’avvio della Riforma
cattolica, da secoli auspicata
in seno alla Chiesa. La serietà e la «pericolosità» della Riforma promossa da
Lutero e dai suoi seguaci (in Svizzera specialmente Zwingli e Calvino) rese
improrogabile una Riforma cattolica profonda ed estesa sia agli aspetti
dottrinali e spirituali che agli aspetti strutturali organizzativi e amministrativi
contestati dai riformatori protestanti.
Tentativi di dialogo
«ecumenico»
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Concilio di Trento |
Fino alla ribellione
di Lutero (1517) i papi e
la Curia romana non prestarono mai attenzione alle molteplici richieste di
rinnovamento che provenivano dal Popolo di Dio, presi com’erano da interessi
materiali, di potere e di prestigio. Con il successo che stava ottenendo la
predicazione del contestatore tedesco, però, il pericolo di una frattura
insanabile nella cristianità occidentale apparve in tutta la sua gravità, tanto
che lo stesso imperatore Carlo V, preoccupato delle conseguenze di un conflitto religioso in Germania,
chiese invano l’intervento del papa Clemente VII (1478-1534) e la convocazione di un concilio ecumenico.
Di fronte al rifiuto
di Clemente VII, Carlo V promosse una serie di «colloqui di religione» tra
luterani e cattolici al fine di scongiurare una insanabile frattura tra il
mondo cattolico e quello protestante. La rigidità delle posizioni li condannò
tuttavia tutti al fallimento. Gli ultimi sono stati i Colloqui
di Ratisbona (1541-1546) che,
dopo un inizio promettente, terminarono anch’essi con una «frattura
irrimediabile», perché non si riuscì a trovare un accordo soddisfacente sui
sacramenti, l’ordinamento della chiesa e il primato del papa. L’ultimo tentativo,
ormai invocato da molti, restava il concilio.
Il Concilio di
Trento
In effetti, anche il Concilio
di Trento (svoltosi in più
fasi tra il 1545 e il 1563) avrebbe dovuto risolvere i contrasti tra cattolici
e protestanti e rimettere ordine nella dottrina e nell’organizzazione della
Chiesa. Ma i protestanti lo disertarono contestando l’autorità del papa che
l’aveva convocato e per paura di non potersi esprimere liberamente.
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Papa Paolo III (Tiziano) |
Il successore di
Clemente VII, papa Paolo III (1468-1549), si era lasciato convincere della
necessità di un concilio e infatti, dopo alcuni rinvii per ragioni politiche e
pratiche (guerra tra Francesco I di Francia e Carlo V), lo convocò per il 1545
a Trento. Nel frattempo, il 21 luglio 1542, aveva istituito l'Inquisizione
romana, ossia la
«Congregazione della sacra, romana ed universale Inquisizione del santo
Offizio» con lo scopo di vigilare sulle questioni
della fede e di difendere la Chiesa dalle eresie.
Due anni prima, nel
1540, lo stesso papa Paolo III aveva approvato l’ordine dei Gesuiti (la
Compagnia di Gesù), fondato da Ignazio di Loyola, che si mise subito a disposizione del papa
per la diffusione e la difesa della fede. In effetti, «i gesuiti furono i più importanti sostenitori
della Riforma cattolica» (Dizionario storico della Svizzera).
Il Concilio di Trento,
non essendo riuscito ad avvicinare le posizioni ormai troppo distanti tra
protestanti e cattolici, si dedicò esclusivamente alla definizione della
dottrina e dell’organizzazione della Chiesa cattolica. Da numerosi storici il
Concilio di Trento è stato visto soprattutto come «la grande offensiva della
Controriforma», ma si tratta di un giudizio parziale e riduttivo. Esso è stato
infatti ben di più, il punto di svolta del rinnovamento della Chiesa cattolica.
Era stato adeguatamente preparato da una commissione cardinalizia, nominata nel
1536 da Paolo III, col compito di individuare i mali della Chiesa e proporre
adeguati rimedi. Essa produsse in effetti un progetto importante di riforma (Consilium de emendanda ecclesia) di cui
il Concilio terrà conto, soprattutto nella parte riguardante la riforma delle
istituzioni ecclesiastiche e la moralità del clero. Ma il Concilio andò ben
oltre chiarendo le incertezze teologiche emerse con la predicazione degli
«eretici» protestanti e soprattutto riformando la Chiesa «in capite et in
membris», nel capo e nelle membra.
Il Concilio di Trento
gettò le basi del rinnovamento, ma a proseguirlo fu la Chiesa intera, grazie
alle riforme che venivano via via attuate ai vari livelli. Un contributo
fondamentale fu dato dagli ordini religiosi e tra questi merita una
considerazione particolare (nel prossimo articolo), specialmente in riferimento
alla Svizzera, quello dei Gesuiti.
Giovanni Longu
Berna, 11.07.2018