Tradizionalmente uno dei pilastri della vita sociale degli immigrati era costituito dalla partecipazione, attiva o passiva, alle associazioni che accompagnavano l’inserimento dei nuovi arrivati nel mondo del lavoro e nella società svizzera. Esse hanno garantito per decenni una sorta di sopravvivenza esistenziale e una rete essenziale di protezione sociale. Esse erano i principali centri d’incontro, d’informazione, di mediazione e di formazione di un sentimento di appartenenza importante per sostenere le rivendicazioni di cui si facevano portavoce i rappresentanti italiani durante le trattative con gli svizzeri per raggiungere nuovi accordi o miglioramenti alle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati.
Crisi dell’associazionismo tradizionale
Di fronte alle diverse
aspettative delle nuove generazioni l’associazionismo tradizionale non ha
saputo reagire come forse avrebbe potuto, specialmente in alcuni settori, perché
non riusciva a comprendere le differenze tra immigrati (prima generazione) e
non immigrati (seconda generazione), tra antichi bisogni (superamento dell’isolamento,
delle frustrazioni, della precarietà, realizzazione del sogno del ritorno,
ecc.) e nuovi bisogni (maggiore informazione, formazione, integrazione, naturalizzazione,
partecipazione politica, ecc.).
Il distacco tra la
prima e la seconda generazione è stato forte e traumatico, ma irreversibile,
anche se da parte dei figli c’è sempre stato rispetto e ammirazione per i
sacrifici e gli sforzi dei loro genitori. Solo da qualche decennio si tenta di
ricucire lo strappo, cercando di coinvolgere i giovani soprattutto nelle
istituzioni di rappresentanza (per es. Comites) e in alcune nuove associazioni.
Purtroppo spesso si tratta di giovani che non hanno vissuto né in famiglia né
fuori esperienze di vera immigrazione. Non ha ancora trovato il suo spazio
associativo consono la cultura dei nuovi immigrati e specialmente dei giovani
binazionali.
Dal crollo
dell’associazionismo tradizionale, tuttavia, si assiste a nuove forme di aggregazione
per tentare di coinvolgere il pubblico italofono con o senza origini migratorie.
Possono essere considerate un’altra eredità importante della prima generazione,
anche se non prive di rischi. Mi riferisco in particolare alla stampa periodica
in forma cartacea (per es. L’ECO, il Corriere dell’italianità, la
Pagina) e/o online (per es. l’Avvenire dei lavoratori) e a una nuova
associazione, l’Università delle tre età (o Unitre).
Potenzialità dei media scritti
La stampa
periodica ha subito in questi ultimi decenni una trasformazione significativa,
nel senso che cerca di allargare il pubblico dei lettori diversificando notevolmente
i temi trattati, riducendo quelli tradizionali di carattere prettamente
migratorio (assemblee sociali, pensioni, problemi della casa in Italia, tassazione,
feste, ecc.) e privilegiando l’attualità (nazionale e internazionale, pur senza
trascurare quella relativa alle principali organizzazioni italiane come Comites,
Colonie libere), l’informazione storico-culturale (con presentazioni di opere
di artisti, poeti, scrittori, discussioni pubbliche su temi di attualità e
incidenza sociale, ecc.), la formazione continua (per es. con proposte di
lettura e scrittura, informazioni tecnologiche, ecc.), rubriche d’arte, temi
d’interesse generale (questioni climatiche, nuove attività imprenditoriali di
italiani, ma anche cucina, moda, cinema, ecc.), secondo le nuove linee
editoriali delle varie testate.
Nella categoria
dei media, tuttavia, a parte l’Avvenire dei lavoratori che non corre
alcun pericolo se continua la linea politica ormai «storica», gli altri
periodici corrono a mio parere un grosso rischio, che dovrebbero cercare di
evitare: l’eccessiva politicizzazione. Non essendo nati come
organi di partito e sapendo che la maggior parte dei loro lettori sono
indifferenti alle problematiche partitiche italiane, non dovrebbero prestarsi
al gioco dei partiti in cerca di visibilità e adesioni attraverso personalità
chiaramente schierate in posizione apicale. Sui contenuti «politici» dovrebbero
limitarsi a fornire un’informazione essenziale, obiettiva e pluralistica, in
modo da sollecitare la libera opinione, la ricerca individuale e la convinzione
personale.
Se riuscirà a
superare questo rischio, la stampa italofona menzionata potrebbe svolgere,
soprattutto nella Svizzera tedesca e francese, un ruolo importante nella
valorizzazione della lingua e della cultura italiana, nel sostegno di
iniziative volte a rafforzare l’italianità, nell’approfondimento della nuova
cultura italo-svizzera dei cittadini con la doppia nazionalità e persino nel
rappresentare autorevolmente ampio settori della società. In questa prospettiva,
certamente ambiziosa ma non impossibile, andrebbero considerate tuttavia anche la
possibilità di un’aggregazione di testate, la costituzione di un ampio gruppo
di sostegno, la costituzione di una base finanziaria solida e il rafforzamento
del gruppo redazionale.
L’Unitre Svizzera
La maggiore eredità che la prima generazione lascia alla seconda e alle successive
è tuttavia l’Università delle tre età, avviata in Svizzera quasi
vent'anni fa su un’idea sviluppatasi in Francia e in Italia negli anni Settanta
del secolo scorso. Si tratta di un’istituzione sociale e culturale di grande
valore. In altra occasione ho scritto che «l’Unitre della Svizzera
è un’associazione di formazione che riprende il meglio dell’associazionismo
tradizionale e lo sviluppa secondo modalità moderne ed efficaci». Lo confermo.
Ricordo anzitutto che il nome Unitre è un acronimo
di «Università delle Tre Età». La prima parte (Uni) riprende il nome
dato comunemente a quei luoghi del sapere universale dove s’incontrano docenti
e studenti; la seconda parte (tre) indica le persone «delle tre età» a
cui si rivolge, ossia tutte le persone di ogni età che desiderano ampliare i
propri orizzonti culturali. Già dal nome dovrebbe emergere l’importanza di
questa istituzione, in grado di rispondere alle esigenze di socialità e di
formazione continua di molte persone, utilizzando le forme tradizionali della
comunicazione del sapere (corsi, lezioni, conferenze, incontri), ma riducendo le
distanze tra docenti e allievi e favorendo la partecipazione intergenerazionale.
Foto-ricordo dell'Unitre di Soletta 2022 |
Per avere un’idea della varietà e del livello dei corsi dell’Unitre, oggi, basta
dare uno sguardo a uno qualunque dei programmi di una sede dell’Unitre Svizzera
per l’anno accademico 2022-2023. Quello della sede di Soletta prevede, per
esempio, corsi di lingua (italiana, spagnola, tedesca, inglese), di storia
(antica e moderna), di geografia, arte, letteratura, informatica, cucina; corsi
sulla salute e il benessere fisico (shibashi, ginnastica), per la gestione del
tempo libero (pomeriggi ricreativi, passeggiate, origami, ballo, karaoke, ecc.);
conferenze sull'attualità storico-politica, di astronomia, medicina, psicologia,
filosofia, teologia, ecc. In passato sono stati offerti anche corsi
interessanti sulle regioni italiane, sui cantoni svizzeri, sulla storia
dell’immigrazione italiana in Svizzera, sull'integrazione, sull'italianità.
Guardare al futuro
Nell’ambito dell’italofonia di origine migratoria esistono sicuramente anche
altre forme di aggregazione, ma quelle lasciate in eredità dalla prima
generazione di immigrati italiani non andrebbero trascurate perché hanno un
potenziale di sviluppo enorme. Grande attenzione andrebbe inoltre destinata ai
media, compresi radio, televisione e social, che hanno enormi possibilità
di mettere in rete un gran numero di persone, specialmente curandone
maggiormente sia la forma che i contenuti. Di altre forme associative oltre
all’Unitre è auspicabile che se ne creino anche altre, in grado di coinvolgere
maggiormente soprattutto i giovani e specialmente i binazionali, che
«peseranno» sempre di più nella società e nella cultura italo-svizzera.
Giovanni Longu
Berna, 21.09.2022