16 agosto 2023

Per una pace «giusta» tra Russia e Ucraina (quarta parte)

L’obiettivo di questi articoli dedicati alla guerra in corso tra Russia e Ucraina è quello di fornire qualche elemento di riflessione non per individuare di chi è la «colpa» e suscitare odio verso il «colpevole», ma per ipotizzare vie d’uscita e a quali condizioni è possibile la pace. Individuando negli articoli precedenti le cause principali di questa guerra nei nazionalismi russo e ucraino e in qualche incertezza interpretativa di alcuni passaggi dello Statuto delle Nazioni Unite non intendevo certo mettere sullo stesso piano aggressore (Russia) e aggredito (Ucraina) o coinvolgere nelle responsabilità direttamente l’ONU. Intendevo dire che, a mio parere, ci sarà pace vera e «giusta» solo quando quelle cause saranno rimosse o ricondotte nell'alveo di un vasto consenso bilaterale e internazionale. A scanso di equivoci chiarisco ulteriormente il mio pensiero, pur rinunciando ad approfondimenti sul nazionalismo.

I nazionalismi russo e ucraino

"La libertà che guida il popolo" di Eugene Delacroix (Louvre, Parigi) 
I due nazionalismi sono chiaramente diversi e per questo meritano qualche precisazione. Considero il primo un nazionalismo etnico rafforzato con elementi linguistici, culturali e religiosi, che tende a far coincidere i confini politici dello Stato-nazione Russia con i confini dei russofoni ortodossi (ucraini compresi). In assenza di un gruppo etnico uniforme e coeso, l’Unione Sovietica prima e la Russia dopo hanno cercato di rafforzare la propria identità nazionale con elementi linguistici, culturali e religiosi, non etnicamente identitari (come sono appunto la lingua, la cultura e la religione) ma storicamente efficaci, e soprattutto con la repressione della dissidenza. Va anche aggiunto che la guerra fredda ha contribuito a rafforzare l’identità nazionale dei russi.

Quello ucraino è invece un nazionalismo di tipo «statale» perché, in assenza anche in questo caso di un gruppo etnico omogeneo, l’Ucraina cerca di fondare la sua identità nazionale esclusivamente sulla cittadinanza e sull'integrità territoriale e non sui principi della sovranità popolare.  Una tale scelta, però, avrebbe dovuto comportare, anche secondo lo Statuto ONU, non solo «il rispetto del principio dell’uguaglianza dei diritti e dell’autodecisione dei popoli», ma anche «il rispetto e l’osservanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione» (Statuto ONU art. 55). Questo non è avvenuto nelle regioni a maggioranza russofona.

Il fatto che si siano formati nell'Ucraina orientale Stati «secessionisti» riconosciuti dalla Russia, intervenuta successivamente anche militarmente invadendo il territorio ucraino, sta ad indicare che entrambi i nazionalismi sono deflagrati pericolosamente, trascinando nel conflitto una parte consistente dell’Occidente e gran parte dell’Europa, incapaci di superare le ragioni del conflitto, anche perché forme di nazionalismo sono presenti sia negli Stati Uniti (i principali sostenitori dell’Ucraina) che negli Stati europei.

Fini e limiti dell’ONU

Non trovo sorprendente che entrambi i belligeranti si appellino allo Statuto dell’ONU per giustificare le operazioni militari. E’ vero, infatti, che il documento su cui si fonda buona parte del diritto internazionale condanna senza mezzi termini «l’uso della forza contro l’integrità territoriale» di uno Stato (Statuto ONU art. 2, n. 4), ma condanna implicitamente anche il non rispetto del «principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-decisione dei popoli».

Poiché entrambe le formulazioni sono formalmente corrette, le autorità dell’ONU non avrebbero dovuto consentire che dal 2014 sia la Russia che l’Ucraina le interpretino in modo arbitrario e, soprattutto, avrebbero dovuto intervenire non solo ribadendo l’interpretazione autentica dello Statuto in modo da evitare l’aggravamento della situazione, ma anche chiedendone il pieno rispetto. Sarebbe bastato, forse, implementare, eventualmente con qualche modifica condivisa, gli accordi di Minsk del 2014. Non va infatti dimenticato che uno dei fini dell’ONU è proprio quello di «sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli» invitandole a «praticare la tolleranza e a vivere in pace in rapporti di buon vicinato».

Perché questa mediazione, difficile ma non impossibile, non è avvenuta? A questo punto viene anche il dubbio che il non intervento autoritativo dell’ONU sia dovuto all'opposizione di Stati potenti come gli Stati Uniti e altri, per nulla interessati a un nuovo ordine giuridico sovranazionale che comportasse un limite della propria sovranità. Resta l’esigenza, urgente, di porre fine a questa guerra inutile e disastrosa. E’ possibile un compromesso soddisfacente almeno per la Russia e l’Ucraina? (Segue)

Giovanni Longu
Berna 16 agosto 2023