In questo articolo non viene ricordato un anniversario in particolare, per esempio l’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale (1915) - che verrà trattato in seguito - ma il periodo precedente, perché può aiutare a capire il senso, o meglio il non senso, anche della seconda guerra mondiale e persino dell’attuale guerra in corso in Europa. Uno storico, Eric Hobsbawm, ha chiamato il XX secolo «il secolo breve», perché il lasso di tempo tra il 1914 e il 1991, ossia fra la prima guerra mondiale e il crollo dell’Unione Sovietica, presenterebbe secondo lui, un carattere coerente, a differenza di quello «lungo», il XIX, iniziato con la Rivoluzione francese (1789) e terminato dalla «belle Époque». Questa opinione, certamente rispettabile, non mi pare condivisibile, soprattutto alla luce delle cause della prima come della seconda guerra mondiale e anche del crollo dell’impero sovietico. Si può infatti intravedere facilmente nel nazionalismo una delle cause principali e una sorta di fil rouge che lega i diversi eventi drammatici della prima metà del XX secolo e persino della guerra in corso tra Russia e Ucraina.
Consenso popolare estorto e ingannevole
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Il nazionalismo più temuto nel 1905 era quello russo! |
E’ vero che fino allo scoppio della prima guerra mondiale in Europa, esclusa la Russia (cfr. articolo precedente), regnava una relativa pace e i vari popoli si godevano, chi più chi meno, la belle Époque e il benessere che l’industrializzazione, i commerci e il turismo distribuivano in abbondanza, ma soprattutto le grandi Potenze pensavano seriamente anche alla guerra. La corsa al riamo coinvolse pressoché tutti gli Stati, i forti «per mantenere il proprio potere», i deboli «per correre alla riscossa», i neutrali, come la Svizzera, «per mantenere la propria indipendenza». Tutti cercavano di potenziare gli eserciti di terra e di mare, predisponevano ogni sorta di difesa in prossimità dei confini, seguivano i rapidi sviluppi dell’aeronautica militare, si dotavano delle armi più sofisticate e potenti, studiavano con chi era più vantaggioso allearsi, elaboravano piani di guerra... perché le tensioni internazionali aumentavano.
Questo spiega anche perché i sentimenti popolari, il patriottismo, l’insistenza sul prestigio internazionale, la difesa della libertà, la prospettiva di migliori condizioni di vita e l’unità nazionale sul finire dell’Ottocento venissero molto sollecitati. Per partecipare a una guerra ritenuta sempre più inevitabile, i governi cercavano di carpire il consenso popolare anche facendo balenare la prospettiva di grandi ricadute positive nell'economia e nel sociale. A questi sentimenti si aggiungeva spesso, specialmente nelle grandi Potenze coloniali, un pregiudizio razziale (benché già contestato scientificamente da decenni) che faceva ritenere ad alcuni popoli europei militarmente forti e appartenenti a razze presunte «superiori», il «diritto» di sottometterne altri «inferiori» e meno forti.
Nazionalismi nella storia
Si dimenticava sistematicamente che il nazionalismo
nella storia dell’umanità è all'origine di quasi tutte le guerre e di milioni
di morti, che fa aumentare la già grande dose di odio presente nelle nostre
società e che sfocia spesso nella guerra. Soprattutto i responsabili della
politica e degli Stati dovrebbero fare maggiore attenzione alle parole che
usano e alle decisioni che prendono a livello internazionale e comunque la loro
maggiore preoccupazione non dovrebbe essere quella di prepararsi alla guerra,
ma di preparare la pace, stimolando la comprensione reciproca, la tolleranza,
la collaborazione, lo sfruttamento in comune delle risorse disponibili, la
prosperità di tutti.
Giovanni Longu
Berna 26.03.2025