Negli articoli precedenti ho cercato di descrivere la
situazione dell’italiano in Svizzera facendo riferimento ai dati statistici più
recenti. L’unico dato confortante è che nella Svizzera italiana (Ticino e valli
italofone dei Grigioni) l’italianità ha un suo baluardo solido e affidabile,
perché alimentato per una sorta di osmosi dalla confinante Italia. Per la parte
restante della Svizzera è innegabile, invece, che l’italiano perda costantemente
quota, sebbene la collettività con passaporto italiano sia in crescita grazie
agli italiani con origini migratorie e ai nuovi immigrati. Come si spiega
questa apparente contraddizione?
Pratica dell’italiano in calo
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Nella Svizzera tedesca e francese i «no» purtroppo sono in aumento! |
Per molti di essi è vitale la pratica dell’italiano per gli
stretti legami che conservano con l’Italia, per le difficoltà di apprendimento incontrate
soprattutto del tedesco e per restare nel mondo di appartenenza sociale tradizionale
(associazionismo). Dal punto di vista della conservazione dell’italiano non
destano preoccupazione e forse per questo si tende a trascurarli; ma è un
errore, perché rappresentano per la lingua e la cultura italiane anelli di
trasmissione importanti. Le loro conoscenze meritano pertanto di essere
sostenute e sviluppate.
A destare maggiore preoccupazione sono piuttosto i giovani
della seconda e terza generazione, che comunicano meglio nella lingua locale,
ma anche i nuovi immigrati. Riguardo ai primi, è risaputo che l’integrazione
favorisce l’abbandono della lingua materna a vantaggio della lingua tedesca o
francese. Riguardo ai secondi, dei quali però si conosce poco, si sa che nella
comunicazione ordinaria e professionale usano più facilmente l’inglese, contribuendo
di fatto al suo incremento (a discapito delle lingue nazionali).
D’altra parte, è confortante sapere che molti svizzeri
conoscono un po’ d’italiano e se ne servono quando incontrano, anche
casualmente, italiani e soprattutto durante le vacanze al mare o nelle città
d’arte italiane. Vuol dire che l’italiano ha ancora un grande potenziale a
condizione che serva o piaccia. Di questo potenziale fanno parte i molti italiani
con origini migratorie che non lo praticano più, lo conoscono sempre meno e
potrebbero essere interessati a rintracciare le loro origini non solo
familiari, ma anche regionali e nazionali.
Condizioni essenziali per sviluppare l’italiano
Tuttavia, non è facile indicare qualche ragione determinante
per stimolare la conoscenza della lingua italiana e favorire attraverso di essa
l’approccio alla cultura, all’arte e alle bellezze dell’Italia, ma è decisivo
evidenziare l’utilità (spendibilità) dell’italiano. Il punto sarà
trattato nel prossimo articolo, ma già ora va detto subito che è indispensabile
anzitutto fornire buoni esempi ed evitare quelli negativi, soprattutto da parte
delle istituzioni, in particolare dell’Ambasciata d’Italia, dei Consolati,
dell’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, delle Società Dante
Alighieri, dei Comites, delle Missioni cattoliche di lingua
italiana. Per esempio, non riuscire a risolvere alcuni problemi di
funzionamento nei corsi di lingua e cultura non è sicuramente un buon esempio per
incoraggiare l’apprendimento dell’italiano nei bambini e stimolare la fiducia
nelle istituzioni.
Non meno indispensabile appare la collaborazione con le
istituzioni svizzere che stanno operando egregiamente in questa direzione, per
esempio con il Forum per l’italiano in Svizzera, la Radiotelevisione
svizzera di lingua italiana, l’associazione Coscienza Svizzera, il Coordinamento
del settore universitario. A titolo di esempio: recentemente è iniziato un
ciclo di 24 conferenze di lingua e cultura italiane, tenute da docenti delle
Cattedre d’italianistica svizzere del programma di ItaliaCHa 2023-24. Mi
viene da chiedere: che ruolo hanno svolto l’Ambasciata d’Italia e l’Istituto italiano
di cultura di Zurigo in questa programmazione?
Sarebbe tuttavia un errore chiedere alle istituzioni
italiane di farsi carico da sole della salvaguardia e dello sviluppo
dell’italianità in Svizzera senza coinvolgere gli italofoni nella cura della
lingua e della cultura italiana. Per esempio, se è evidente che l’organizzazione
del sistema dei corsi di lingua e cultura non può essere lasciata alla
spontaneità di volontari che non possono garantirne la continuità e la qualità,
non è possibile esonerare gli italofoni dalla doverosa partecipazione, anche
finanziaria, alla conservazione e allo sviluppo di un bene prezioso che
arricchisce tutta la collettività. Spetta pertanto soprattutto agli individui
mostrare interesse alla lettura, alla conoscenza di opere d’arte, alle
conferenze, alla formazione continua. (Segue)
Giovanni Longu
Berna 26.04.2023