26 aprile 2023

Impegno costante a difesa dell’italiano in calo (6)

Negli articoli precedenti ho cercato di descrivere la situazione dell’italiano in Svizzera facendo riferimento ai dati statistici più recenti. L’unico dato confortante è che nella Svizzera italiana (Ticino e valli italofone dei Grigioni) l’italianità ha un suo baluardo solido e affidabile, perché alimentato per una sorta di osmosi dalla confinante Italia. Per la parte restante della Svizzera è innegabile, invece, che l’italiano perda costantemente quota, sebbene la collettività con passaporto italiano sia in crescita grazie agli italiani con origini migratorie e ai nuovi immigrati. Come si spiega questa apparente contraddizione?

Pratica dell’italiano in calo

Nella Svizzera tedesca e francese i «no» purtroppo sono in aumento!
Mi è capitato di leggere che «è italiano chi parla l’italiano», ma è facile obiettare che proprio in Svizzera almeno metà degli italofoni non sono italiani. Ho letto anche che «è italiano chi conosce Botticelli, Michelangelo, Leonardo da Vinci», ma si sa che molti stranieri conoscono l’arte italiana meglio di tanti italiani. Tuttavia, nella Svizzera tedesca e francese, gli italiani che parlano abitualmente l’italiano sono ancora molti. Sono soprattutto immigrati (prima generazione) giunti in Svizzera prima del 2000.

Per molti di essi è vitale la pratica dell’italiano per gli stretti legami che conservano con l’Italia, per le difficoltà di apprendimento incontrate soprattutto del tedesco e per restare nel mondo di appartenenza sociale tradizionale (associazionismo). Dal punto di vista della conservazione dell’italiano non destano preoccupazione e forse per questo si tende a trascurarli; ma è un errore, perché rappresentano per la lingua e la cultura italiane anelli di trasmissione importanti. Le loro conoscenze meritano pertanto di essere sostenute e sviluppate.

A destare maggiore preoccupazione sono piuttosto i giovani della seconda e terza generazione, che comunicano meglio nella lingua locale, ma anche i nuovi immigrati. Riguardo ai primi, è risaputo che l’integrazione favorisce l’abbandono della lingua materna a vantaggio della lingua tedesca o francese. Riguardo ai secondi, dei quali però si conosce poco, si sa che nella comunicazione ordinaria e professionale usano più facilmente l’inglese, contribuendo di fatto al suo incremento (a discapito delle lingue nazionali).

D’altra parte, è confortante sapere che molti svizzeri conoscono un po’ d’italiano e se ne servono quando incontrano, anche casualmente, italiani e soprattutto durante le vacanze al mare o nelle città d’arte italiane. Vuol dire che l’italiano ha ancora un grande potenziale a condizione che serva o piaccia. Di questo potenziale fanno parte i molti italiani con origini migratorie che non lo praticano più, lo conoscono sempre meno e potrebbero essere interessati a rintracciare le loro origini non solo familiari, ma anche regionali e nazionali.

Condizioni essenziali per sviluppare l’italiano

Tuttavia, non è facile indicare qualche ragione determinante per stimolare la conoscenza della lingua italiana e favorire attraverso di essa l’approccio alla cultura, all’arte e alle bellezze dell’Italia, ma è decisivo evidenziare l’utilità (spendibilità) dell’italiano. Il punto sarà trattato nel prossimo articolo, ma già ora va detto subito che è indispensabile anzitutto fornire buoni esempi ed evitare quelli negativi, soprattutto da parte delle istituzioni, in particolare dell’Ambasciata d’Italia, dei Consolati, dell’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, delle Società Dante Alighieri, dei Comites, delle Missioni cattoliche di lingua italiana. Per esempio, non riuscire a risolvere alcuni problemi di funzionamento nei corsi di lingua e cultura non è sicuramente un buon esempio per incoraggiare l’apprendimento dell’italiano nei bambini e stimolare la fiducia nelle istituzioni.

Non meno indispensabile appare la collaborazione con le istituzioni svizzere che stanno operando egregiamente in questa direzione, per esempio con il Forum per l’italiano in Svizzera, la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, l’associazione Coscienza Svizzera, il Coordinamento del settore universitario. A titolo di esempio: recentemente è iniziato un ciclo di 24 conferenze di lingua e cultura italiane, tenute da docenti delle Cattedre d’italianistica svizzere del programma di ItaliaCHa 2023-24. Mi viene da chiedere: che ruolo hanno svolto l’Ambasciata d’Italia e l’Istituto italiano di cultura di Zurigo in questa programmazione?

Sarebbe tuttavia un errore chiedere alle istituzioni italiane di farsi carico da sole della salvaguardia e dello sviluppo dell’italianità in Svizzera senza coinvolgere gli italofoni nella cura della lingua e della cultura italiana. Per esempio, se è evidente che l’organizzazione del sistema dei corsi di lingua e cultura non può essere lasciata alla spontaneità di volontari che non possono garantirne la continuità e la qualità, non è possibile esonerare gli italofoni dalla doverosa partecipazione, anche finanziaria, alla conservazione e allo sviluppo di un bene prezioso che arricchisce tutta la collettività. Spetta pertanto soprattutto agli individui mostrare interesse alla lettura, alla conoscenza di opere d’arte, alle conferenze, alla formazione continua. (Segue)

Giovanni Longu
Berna 26.04.2023