Sul finire del
XIX secolo, «il problema degli
italiani» (Italienerproblem) divenne, per amplificazione naturale, «il
problema degli stranieri» (Ausländerproblem), coinvolgendo così tutti
gli stranieri della Svizzera già allora molto numerosi (oltre l’11,6% della
popolazione residente). A partire dal 1900, si è cercato di precisare «il problema»,
che suonava troppo generico, ricorrendo a un neologismo: Überfremdung
(«inforestierimento»). Il successo riscosso da questo termine in Svizzera non
ha pari, per continuità e importanza, in tutta la storia delle politiche
migratorie europee moderne. Conoscerne le origini e la portata è indispensabile
anche per comprendere la storia dell’immigrazione italiana in questo Paese.
L’«inforestierimento»
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1972: una delle tante dimostrazioni contro l'inforestierimento. |
Fu a quel punto che si
cercò di precisare «il problema degli stranieri» e, in mancanza di
un’espressione più adeguata, fu introdotto il neologismo Überfremdung, che ebbe una straordinaria accoglienza, dapprima in cerchie
ristrette di specialisti, poi nell’opinione pubblica e, poco più tardi, anche
nel linguaggio politico-burocratico.
Di fatto, questo
termine, tradotto grossolanamente in italiano «inforestierimento», ha
segnato profondamente tutta la politica migratoria federale fino a pochi
decenni fa e si presta ancora oggi a spiegare gli atteggiamenti più severi del
popolo svizzero nei confronti degli stranieri (anche se invece
d’inforestierimento si preferisce parlare di «immigrazione di massa»).
Approfondirne il significato (o i significati) del termine è pertanto
indispensabile anche per comprendere l’evoluzione dell’immigrazione italiana in
Svizzera.
Paura di un pericolo imprecisato
Non esiste, a mia
conoscenza, una definizione esauriente e soddisfacente del concetto di «Überfremdung»,
benché il tema sia stato affrontato da decine di studiosi. Questa mancanza di
una definizione appropriata è dovuta, verosimilmente, ad una ragione oggettiva
molto semplice: il termine Überfremdung è stato utilizzato in epoche
diverse, quindi da soggetti diversi, con riferimento ad aspetti diversi di una
realtà non statica ma mutevole, sempre in movimento, com’è stata
l’immigrazione.
Eppure ritengo
indispensabile, per capire la storia dell’immigrazione italiana in Svizzera,
tentare di cogliere nell’uso più che secolare del termine Überfremdung almeno una costante sempre presente nella
percezione di moltissimi svizzeri del fenomeno immigratorio in generale.
Ebbene, secondo me, questa costante è la paura, declinata in tante
varianti, a seconda del tipo di pericolo percepito come presente,
imminente o probabile nelle varie epoche. Una prova indiretta di questa
affermazione è che in molti testi in cui compare il termine Überfremdung (inforestierimento) si
trova anche la parola composta Überfremdungsgefahr
(pericolo d’inforestierimento).
Quando il termine fu
utilizzato per la prima volta a Zurigo nel 1900, ossia quattro anni dopo i
tumulti anti italiani, la paura era associata soprattutto al fastidio provato
da molti svizzeri di sentirsi circondati da troppi stranieri, italiani
in particolare, ritenuti di livello inferiore, grossolani, pericolosi
«invasori» e usurpatori. Può sorprendere, ma nelle considerazioni di cui si sta
parlando la pericolosità degli stranieri non era mai osservata dal punto di
vista criminologico. In questo campo, infatti, i Cantoni disponevano di
sufficienti forze dell’ordine per far rispettare la legge e la Confederazione
era sufficientemente forte per espellere gli stranieri facinorosi o pericolosi.
La pericolosità nasceva anzitutto dall’eccessiva presenza di stranieri
in un piccolo Paese, ancora fragile istituzionalmente e politicamente. Il
termine Überfremdung sembrava render
bene questa pericolosità indefinita degli stranieri.
Paura di essere sopraffatti
L’«eccesso» di
popolazione straniera era difficile da dimostrare, ma la percezione del costante
aumento degli stranieri era innegabile, soprattutto da quando cominciarono a
diffondersi le cifre sulla proporzione di stranieri nella popolazione residente.
Si venne così a sapere che la proporzione di stranieri in Svizzera non aveva
confronti in nessun altro Stato vicino, dove essa non arrivava nemmeno al 3 per
cento. Qui, invece, quella percentuale era stata superata già da cinquant’anni e
sfiorava, secondo i dati del censimento federale della popolazione del 1900, il
12 per cento.
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L'immigrazione massiccia generava paura in molti svizzeri. |
L’osservazione andava
oltre: in alcuni Cantoni la proporzione di stranieri superava il 40 per
cento e in alcune città la concentrazione di stranieri in alcuni quartieri
creava non pochi disagi nella popolazione indigena. Divenne perciò facile
parlare di Überfremdung, dove il
prefisso «über» rendeva bene l’idea del superamento di una soglia, di un
limite che solo in Svizzera era stato oltrepassato. Persino il Consiglio
federale dovette ammettere che si trattava di una «situazione non sana». Tanto
più che anche le conseguenze dell’incremento della popolazione sembravano
evidenti, per esempio la penuria degli alloggi, la speculazione edilizia, la pressione
sui salari (per la concorrenza soprattutto degli italiani disposti a lavorare
per paghe troppo basse). La paura divenne palpabile perché i disagi sembravano
imputabili, anche senza prove, all’eccessiva presenza di stranieri.
L’eccesso di
popolazione straniera era ritenuto da taluni preoccupante perché il suo
accrescimento sembrava inarrestabile e tale da mettere in pericolo la conservazione
dei «valori tradizionali svizzeri» (legati soprattutto al mondo agrario, che andava sempre più
indebolendosi) e la stessa sopravvivenza del popolo svizzero con le sue
caratteristiche.
A quanti affermavano
che si dovesse intervenire d’autorità per limitare l’immigrazione si obiettava
che ad attrarre così tanti stranieri era lo sviluppo economico, anch’esso
inarrestabile (si era nella Belle Époque), e le favorevoli disposizioni
degli accordi di stabilimento della Svizzera con le grandi potenze confinanti.
Sembrava difficile, se non impossibile, opporsi al progresso e alle grandi
potenze, ma anche rinunciare agli stranieri che erano considerati ormai
«elemento integrante della popolazione, di cui non vogliamo né possiamo fare a
meno».
Considerazioni quantitative e qualitative
Secondo alcuni
osservatori, la pericolosità degli
stranieri non era tuttavia dipendente principalmente dal loro numero, ma anche
dalla loro capacità, immediata o futura, d’influire sui centri vitali
dell’economia, della finanza, della cultura, della stampa e della stessa
politica, tutti campi in cui la Confederazione era particolarmente debole. Inoltre,
questa influenza non era solo quella diretta (ad es. attraverso la numerosa
presenza di stranieri domiciliati, i capitali in mani straniere, le imprese
straniere, ecc.), ma anche indiretta (attraverso la stampa, la lingua,
l’insegnamento, le partecipazioni, ecc.).
Il passaggio da
considerazioni di tipo quantitativo ad analisi di tipo qualitativo era
immediato, almeno per una ristretta cerchia di persone, intellettuali,
politici, membri dell’amministrazione pubblica, non appena si passava in
rassegna l’impatto degli stranieri nella vita sociale, economica, culturale e
persino politica. Non tutti i gruppi nazionali stranieri venivano considerati
alla stessa maniera, ma i risultati giungevano all’opinione pubblica
generalizzati e riferiti genericamente agli stranieri.
Gli stranieri
apparivano in molti campi in posizione dominante rispetto agli svizzeri perché
il diritto di domicilio assicurava loro numerosi vantaggi senza subire alcun
obbligo legato al diritto di cittadinanza. Per questo, si diceva, «in nessun
luogo come da noi il forestiero domiciliato
gode una situazione di privilegio, che gli fa temere la naturalizzazione,
l’acquisto della cittadinanza, addirittura come un peggioramento del suo stato
economico».
Non c’è dubbio che
questo atteggiamento di distacco e di disinteresse per la naturalizzazione fu
considerato da molti osservatori come un indubbio segnale di pericolosità degli
stranieri, sebbene non di tutti i gruppi allo stesso modo. Dei tedeschi, per
esempio, preoccupava il movimento generale di germanizzazione, tendente,
secondo alcuni, all’assorbimento della Svizzera mediante la lega doganale
tedesca dell’Europa centrale.
Analisi, ma anche proposte
Molti di coloro che
riflettevano sulla situazione venutasi a creare con la presenza massiccia di
stranieri non si limitavano tuttavia all’analisi di fatti e cifre, ma cercavano
anche di individuare possibili soluzioni. E’ interessante, per esempio,
osservare che più di un secolo fa già si parlava di «ostacolare
l’immigrazione», render difficile il domicilio, aumentare la tassa per
l’acquisto della cittadinanza, ma anche di coinvolgere maggiormente gli
stranieri nel «nostro corpo di cittadinanza», facilitare la naturalizzazione di
un maggior numero di stranieri che «offrono garanzia di diventare veri
cittadini» e persino di introdurre, in situazioni particolari, la
naturalizzazione automatica degli stranieri di seconda generazione. (Segue)
Giovanni Longu
Berna 1.3.2017
Berna 1.3.2017