06 ottobre 2010

Ricordando il 150° anniversario dell’Unità d’Italia

Per ricordare i 150 anni dell’Unità d’Italia, inizierà prossimamente la pubblicazione di una serie di articoli dedicati ai vari decenni. Il punto di vista del racconto sarà diverso dal solito. L’autore ripercorrerà infatti alcune vicende italiane come si trattasse di un osservatore interessato agli avvenimenti ma esterno alla scena. Il luogo d’osservazione sarà la Svizzera e idealmente l’osservatore rappresenterà la collettività italiana che lungo l’arco di questi 150 anni si è venuta costituendo e rafforzando in questo Paese confinante con l’Italia. Saranno pertanto privilegiati eventi e personaggi della storia italiana che hanno influito su questa sorta di storia parallela della collettività italiana in Svizzera. Anche le fonti di riferimento terranno conto di questa prospettiva.

In nome del popolo italiano?

L’Italia sta sprofondando in una palude, si dice da più parti. Per evitare il peggio, dicono le opposizioni, bisognerebbe cambiare governo e cambiare maggioranza, in nome del popolo italiano e per il suo bene. Ma né il governo né la maggioranza attuali sono dello stesso parere e anch’essi, in nome dello stesso popolo italiano, rivendicano il diritto e il dovere di governare. Per averne la conferma recentemente hanno chiesto e ottenuto la fiducia del Parlamento. Dunque è nuovamente tutto a posto? A seguire i sondaggi e gli opinionisti i dubbi prevalgono nettamente sulle certezze. Molto dipenderà dalle prossime mosse del governo e della sua maggioranza, dando per scontato che le opposizioni continueranno a stare in agguato, pronte a sferrare al momento opportuno l’attacco finale.

Quanta ipocrisia!
Seguendo gli avvenimenti della politica italiana, sia pur di lontano, in questi ultimi mesi ho provato molta pena. Ciò che maggiormente mi ha colpito è l’ipocrisia. Ad esempio quando s’invoca un governo di unità nazionale per risolvere i problemi dell’Italia, mentre in realtà si pensa unicamente a modificare la legge elettorale e andare nuovamente alle urne. Se davvero si volessero affrontare e magari risolvere i problemi del Paese basterebbe che anche le opposizioni sostenessero l’azione del governo, almeno in quelle parti che potrebbero apportare un qualche beneficio. E poco importa se a beneficiarne sarebbero pochi o molti, purché nessuno ne soffra.
E’ emblematico al riguardo l’atteggiamento delle opposizioni e anche di parte della maggioranza sulle riforme della giustizia. Tutti ammettono ch’essa ha bisogno di essere riordinata, rimessa al suo posto previsto dalla Costituzione, adeguata alle dinamiche della società, eppure da troppi anni non si fa che bloccare qualunque tentativo di riforma con la pregiudiziale che a trarne vantaggio sarebbe «anche» Berlusconi. Così, piuttosto che concedere alcunché a una persona si preferisce danneggiarne moltissime altre.
Un altro clamoroso esempio è quello della riforma della scuola. La riforma Gelmini non sarà un capolavoro, ma va nella buona direzione. Punta decisamente sulla responsabilizzazione di tutti gli operatori del sistema e sulla meritocrazia. E’ sotto gli occhi di tutti che la scuola italiana non produce risultati comparabili a livello internazionale. Va assolutamente rinnovata introducendo maggiore efficienza, maggiore responsabilità e meritocrazia. Qualsiasi tentativo che vada in questa direzione andrebbe sostenuto. Si assiste invece ad un fuoco incrociato delle opposizioni che pur di non dare soddisfazione al governo sembrano preferire l’ulteriore franamento del sistema formativo italiano.
Trovo questi atteggiamenti irresponsabili. Non sta scritto da nessuna parte che il compito delle opposizioni sia quella di demolire e ostacolare. Perché dunque non fare uno sforzo comune per trovare una soluzione dignitosa ai precari (ma non gravando ulteriormente sullo striminzito bilancio della scuola), dare nuove opportunità ai ricercatori e concorrere uniti ad eliminare gli sprechi e a far convergere le risorse disponibili dove sarebbero meglio utilizzate?

Troppa demagogia
Purtroppo c’è troppa demagogia tra i politici italiani, sia in quelli che governano che in quelli che non lasciano governare. Gli uni perché per quel poco di buono che riescono a produrre non hanno ragione di menar vanto, soprattutto in relazione a quel che avrebbero potuto fare e non hanno fatto. Le cause? Inutile ricercarle solo nelle crisi internazionali e nella cattiva congiuntura, perché almeno una parte consistente va cercata all’interno del principale partito di maggioranza, logorato da faide interne, invidie, personalismi esasperati, frustrazioni, ripicche, ambizioni sfrenate. Non credo che si sia trattato (uso il passato, ma non so quanto la tregua duri) di dialettica interna in nome della legalità e della moralità, ma saranno come al solito gli elettori che giudicheranno alla prossima occasione.
Ad approfittare della debolezza del governo sono state soprattutto le opposizioni, ergendosi a censori e difensori del popolo italiano. Si credono migliori, anche se nei fatti hanno sempre dimostrato di non esserlo. Oltretutto hanno la memoria corta perché quattro volte di seguito l’elettorato le ha sonoramente bocciate e in democrazia l’unico giudizio che conta è il voto degli elettori. Adesso la loro unica ambizione sembra essere quella di sovvertire il risultato uscito dalle urne senza passare per la strada maestra del voto, facendo leva soprattutto sui fuorusciti dal Popolo della Libertà, i seguaci di Fini, ma non è detto che questi si prestino al gioco.
La recente fiducia del Parlamento al governo Berlusconi non ha risolto i problemi della governabilità del Paese perché si è trattato di una fiducia anomala. Molti l’hanno sicuramente votata con convinzione, altri solo per convenienza e un certo numero con l’intenzione dichiarata di voler condizionare il governo nell’applicazione del programma. E già si parla di ultimatum con scadenza addirittura a settimane! Difficile a questo punto prevedere la durata del governo e soprattutto se sarà in grado di avviare le riforme promesse. Paradossalmente, infatti, nonostante i numeri alti della fiducia, il governo è ora obiettivamente più debole, con una spada di Damocle continuamente sulla testa.

Poco rispetto della democrazia
Nonostante la situazione così precaria e deficiente della politica e il danno gravissimo che ne deriva all’Italia, tutti i big dei partiti sembrano soddisfatti del loro ruolo, che tutti credono di interpretare al meglio in nome del popolo italiano.
Sono ormai in molti a ritenere che la lotta politica in questi ultimi anni si è incattivita. Basta osservare il linguaggio di certi politici, che non si rendono nemmeno più conto di quanto le loro parole e le loro azioni siano lontanissime da quei valori a cui dicono d’ispirarsi. Basta osservare come viene trattato il dissenso in seno ai partiti, tanto di destra che di sinistra o di centro. Anche in occasione del recente voto di fiducia sono stati messi alla gogna mediatica tutti quei parlamentari che in qualche modo hanno dissentito dalla linea del capo. Si è parlato di scomunica, di tradimento, di compravendita di parlamentari, di corruzione, di stupro della democrazia, come se un parlamentare una volta eletto in un partito non avesse più diritto ad avere una sua opinione personale e un’autonomia di giudizio.
C’è in tutti i partiti un irrigidimento pericoloso. Si ammette (magari a denti stretti) che la coalizione che ha ottenuto più voti abbia il diritto e il dovere di governare, ma non si ammette che anche chi è stato relegato in forza dei numeri all’opposizione abbia il diritto e il dovere di contribuire al buon governo. Si dimentica, perché l’imbarbarimento della politica porta anche a questo, che nessun deputato e senatore è eletto per stare all’opposizione, per cui non è di per sé oltraggioso passare dalla minoranza alla maggioranza, se il passaggio avviene per convinzione personale. Naturalmente è valido anche il passaggio inverso, purché non si tratti dei famosi ribaltoni, ormai sconfessati da tutta la cultura politica. Spesso si dimentica anche che i candidati, una volta eletti, non rappresentano i rispettivi partiti d’appartenenza e nemmeno il proprio elettorato, ma tutta la nazione e dovrebbero votare liberamente secondo coscienza.
Concludo con un’ultima costatazione. Purtroppo la litigiosità dei partiti romani ha contagiato anche gli eletti all’estero. Così, invece di avere a Roma un gruppo di difesa dei diritti degli italiani all’estero, abbiamo anche all’estero personaggi legati a doppia mandata ai leader nazionali che finiscono per alimentare tensioni e divisioni inutili e dannose. Sono convinto che una loro collocazione distinta dai gruppi parlamentari dei partiti più litigiosi, ad esempio in un Gruppo Misto, riuscirebbero ad incidere maggiormente su qualunque governo, difenderebbero meglio gli interessi degli italiani all’estero e l’immagine dell’Italia, spesso ingiustamente offesa, e sarebbero molto più stimati dalla collettività che li ha eletti.

Giovanni Longu
Berna, 6.10.2010