17 aprile 2024

13. L’Europa nel Settecento e Ottocento

La Rivoluzione francese ha rappresentato l’avvio di grandi cambiamenti che dalla Francia si sono poi estesi, lentamente, all'intera Europa e al mondo. I rivoluzionari miravano soprattutto all'abolizione dei sistemi politici ritenuti oppressivi e alla creazione di nuove società basate sui principi liberali e democratici della cultura umanistico-rinascimentale e illuministica. Il primo obiettivo fu raggiunto quasi ovunque in Europa, dopo il periodo della Restaurazione imposto dalle grandi potenze (Austria, Prussia, Russia, Inghilterra), mentre il secondo obiettivo non può dirsi ancora interamente raggiunto in tutti i Paesi del continente. A rallentare il processo d’integrazione europea sono (stati) soprattutto i nazionalismi (ancora) presenti talvolta in forme subdole specialmente nelle grandi nazioni.

Rivoluzione e Restaurazione

Congresso di Vienna (1815), in un dipinto dell'epoca.
La Rivoluzione francese (1789-1799) aveva messo in luce sia i mali dei regimi monarchici assoluti (Ancien Régime) e dell’organizzazione sociale degli Stati europei basata su vecchi privilegi di origine feudale che la necessità di introdurre nella società i principi di libertà e di democrazia sostenuti da alcuni ambienti filosofici e letterari europei.

Napoleone Bonaparte (1769-1821), imperatore dei francesi, mescolando ambizioni personali e ideali rivoluzionari, aveva cercato di esportare in Europa le nuove idee col sostegno del suo potente esercito, sfidando persino la lontana Russia. Il suo tentativo, com'è noto, naufragò a Waterloo (18.6.1815). Le grandi potenze ripresero il sopravvento e al Congresso di Vienna (1815) imposero in Europa i vecchi regimi (Restaurazione).

Da allora si è assistito in Europa, fino alla seconda guerra mondiale, a una lotta continua tra gli ideali della Rivoluzione francese (libertà, uguaglianza, fraternità) e le aspirazioni nazionalistiche dei vari Stati europei. Spesso, purtroppo, si trattò non solo di lotte di idee ma anche di lotte fratricide con eserciti sempre più efficienti, potenti e dotati di armi micidiali. Furono milioni gli europei che morirono non tanto per le idee libertarie e democratiche, quanto piuttosto per le ambizioni nazionalistiche.

Europa reazionaria

Il Congresso di Vienna, riunendo per la prima volta tutti gli Stati europei coinvolti dal «disordine» provocato da Napoleone, prese forse una saggia decisione per mettere fine alla guerra e prevenirne possibilmente altre del genere, ma avviò anche un processo di frammentazione e stabilizzazione degli Stati che avrebbe reso estremamente difficile fino ad oggi l’integrazione europea.

Napoleone (1769-1821), di Jacques-Louis David 
Oltre a ridisegnare la carta geopolitica dell’Europa, riducendo i territori di alcuni Stati (specialmente Francia e Polonia), consolidandone altri o ingrandendoli (Russia, Austria, Prussia), il Congresso istituì due nuove alleanze: la Santa Alleanza tra Russia, Austria e Prussia e la Quadruplice Alleanza, costituita dagli Stati precedenti più l’Inghilterra. Esse impegnavano gli Stati aderenti a intervenire con le armi qualora uno di essi avesse avuto difficoltà a reprimere eventuali disordini rivoluzionari e a impedire il contagio di altri Stati.

Nessuna decisione, invece, fu presa per l’abolizione delle monarchie assolute, per l’abolizione della tortura, per il riconoscimento dei diritti fondamentali dei cittadini attraverso costituzioni liberali e democratiche. Si era ripiombati nell'assolutismo e ogni Stato era libero di adottare al proprio interno gli strumenti (di repressione o di promozione) che riteneva più idonei.

Nazionalismi in azione

Ovviamente non tutti gli Stati usarono arbitrariamente qualsiasi strumento, ma tutti cercarono di rimediare al deficit di «senso dello Stato» o di «patriottismo» con la propaganda, esaltando le virtù della nazione («Primato morale e civile degli Italiani» di Vincenzo Gioberti), costituendo società patriottiche, pubblicando libri atti a commuovere più che a far pensare, diffondendo «miti di fondazione» dell’identità nazionale (Svizzera), ecc.

Fu totalmente assente, in questo periodo sette-ottocentesco, qualunque serio progetto europeistico. Persino l’ecumenismo religioso era inerte. L’ispirazione che aveva cristianizzato tutti i popoli europei si era spenta, l’entusiasmo che aveva animato i flussi dei crociati nella lotta per la liberazione dei luoghi santi o per la difesa dei valori cristiani dal pericolo ottomano era scemato.

Nessuno, forse, si chiedeva allora se ci sarebbe mai stata una ripresa dell’europeismo, se i popoli europei, una volta uniti dalla fede cristiana e dall'esaltazione dell’uomo artefice della propria sorte (faber suae quisque fortunae»), sarebbero stati nuovamente uniti da un profondo senso di appartenenza comune, se il Papato, già promotore di grandi movimenti popolari, avrebbe avuto ancora la forza di mobilitare le masse per promuovere in Europa la concordia e la prosperità comune!

Giovanni Longu
Berna, 17.04.2024