1991: 700° della Confederazione e apertura
all'Europa
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Flavio Cotti (1939-2020) |
Nel 1991, celebrando i suoi 700 anni di esistenza, la
Confederazione ha avuto l’opportunità di ripensare il proprio passato dalle
origini mitiche al presente non troppo rassicurante (lieve recessione in corso,
forte rincaro e leggero calo del prodotto interno lordo), ma anche di scrutare
il futuro in una visione che sembrava avvicinarla molto al resto del mondo e
specialmente all'Europa («L’Europa è una parte di noi stessi, e noi siamo
parte di essa. Così è sempre stato. Così sarà sempre», Flavio Cotti,
7.9.1991). L’Europa sarà il nuovo orizzonte anche della politica immigratoria
federale.
In alcune celebrazioni è stato riconosciuto anche il
contributo importante degli immigrati italiani sia nell'ampia cornice dei
rapporti italo-svizzeri che nella prospettiva dei futuri rapporti tra la
Svizzera e l’Europa. Alcune considerazioni al riguardo sono state espresse
dall'allora Presidente della Confederazione Flavio Cotti e dal Presidente della
Repubblica italiana Francesco Cossiga nella prefazione a un libro commemorativo
sul 700° offerto alla Svizzera dal governo italiano.
Interventi di Cotti e Cossiga
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Francesco Cossiga (1928-2010) |
Il nuovo quadro di riferimento dell’immigrazione italiana in
Svizzera sarà in effetti sempre più l’Europa e il processo d’integrazione
europea condizionerà, lentamente come tutti i processi di cambiamento in questo
Paese, anche l’integrazione della «collettività italiana». Questa espressione
sarà d’ora in poi quella più giusta per segnalare la trasformazione in atto e
in parte già avvenuta degli italiani residenti sempre più stabilmente in
Svizzera.
Politica immigratoria di fronte a nuove
sfide
I problemi politici che poneva la questione degli stranieri
in Svizzera all'inizio degli anni Novanta erano notevoli. In un Rapporto del
Consiglio federale sulla politica in materia di stranieri e di rifugiati
del 15 maggio 1991 venivano così riassunti:
«La politica svizzera in materia di stranieri deve far
fronte a un numero rilevante di sfide. Il mercato del lavoro è ancora sempre
prosciugato, e si fa più forte la richiesta d'ammissione di altri stranieri. Lo
statuto dello stagionale è contestato. Gli si rimprovera di essere inumano e di
promuovere il deperimento occulto della capacità concorrenziale dell'economia
svizzera. Lo sviluppo demografico futuro è infausto. Anche gli effettivi degli
stranieri crescono rapidamente. A livello mondiale s'infittiscono i movimenti
migratori. Dall'Europa centrale e orientale, apertesi al mondo occidentale,
sorgono nuove sfide. Sottostanno a nuovi indirizzi anche l'attitudine
migratoria degli stranieri che vivono in Svizzera e le possibilità migratone all'interno
dell' Europa occidentale. Il numero degli stranieri originari dei Paesi membri
della Comunità Europea (CE) diminuisce in percento da ormai 20 anni, il che
lascia intendere che scema l'attrattività dei posti di lavoro in Svizzera.
Permane tuttora rilevante la quota degli stranieri residenti in Svizzera che
rientrano nel Paese d'origine».
Per il Consiglio federale una sfida importante era costituita
dalla crescente attuazione del mercato interno della CE, che poneva la Svizzera
di fronte alla necessità di modificare la sua politica in materia di stranieri
perché quella seguita sino ad allora non era più compatibile con il diritto
comunitario. In particolare avrebbe dovuto affrontare la questione della
«libera circolazione», reclamata per altro da tempo dall'immigrazione italiana.
Alcune di queste sfide avrebbero riguardato anche gli
italiani residenti in Svizzera sia di prima che di seconda generazione, ma a
beneficiarne sarebbero stati soprattutto i secondi. Specialmente la prospettiva
della libera circolazione, ormai una condizione acquisita nella CE, avrebbe
infatti garantito maggiori possibilità d’integrazione scolastica, professionale
e sociale e migliori condizioni generali, certamente non inferiori a quelle
garantite da altri Paesi. Qualsiasi cambiamento avrebbe interessato sempre meno
gli italiani vicini al pensionamento o già decisi a rientrare in Italia in
tempi brevi.
La popolazione italiana diminuisce…
Il censimento federale della popolazione del 1990 aveva attestato che la
popolazione residente straniera era nuovamente in crescita, ma non quella
italiana, ancora in diminuzione nonostante risultasse ancora il gruppo
straniero più consistente (30,8%). Il numero degli italiani era sceso in dieci
anni da 420.700 a 381.493 persone.
Poiché a rientrare in Italia erano stati soprattutto gli adulti in età
vicina alla pensione, si potrebbe pensare che la popolazione italiana restante
risultasse più giovane. Si nota invece una progressiva diminuzione della
popolazione giovane. Se infatti nel 1980 la fascia d’età da 0 (zero) a 29 anni
costituiva il 46,6 per cento degli italiani, nel 1990 non costituiva che il
42,4 per cento e nel 2000 scendeva addirittura al 32,2 per cento.
In realtà, la diminuzione era dovuta a diversi fattori, che verranno
analizzati in altra occasione, ma si può già anticipare ch'essa denota un
progressivo adeguamento del tasso di natalità degli italiani a quello degli
svizzeri e, in generale, ad una
trasformazione della struttura demografica della popolazione italiana residente.
… e si trasforma
Osservando la popolazione italiana per fasce d’età si nota anche la
tendenza alla prevalenza della seconda generazione e specialmente dei nati in
Svizzera. Nel 1990, su 383.204 italiani censiti, il 33,6 per cento era nato in
Svizzera e nel 2000 la percentuale salirà al 37,1 per cento. Sono
particolarmente significativi i dati sul luogo di nascita dei giovani nella
fascia d’età dai 15 ai 29 anni. Se nel 1990 gli appartenenti alla seconda
generazione nati in Svizzera costituivano circa il 63 per cento dei 15-29enni
(poco più di 100.000 persone) e solo il 37 per cento risultava nato all'estero
(Italia), nel 2000 la tendenza sarà abbondantemente confermata perché i giovani
nati in Svizzera costituiranno oltre il 70 per cento dei poco meno di 60.000
15-29enni e meno del 30 per cento quelli nati all’estero (Italia).
Un’altra conseguenza della diminuzione e della trasformazione
dell’immigrazione dall'Italia è stata nel decennio in esame la riduzione della
proporzione di italofoni, scesa dal 9,3 all'8 per cento. In cifre assolute il
numero degli italofoni (italiani e svizzeri) è sceso da 376.426 (1980) a 282.389.
Poiché il numero
degli svizzeri italofoni risultava abbastanza stabile, il calo di oltre 94.037
persone è imputabile soprattutto alla componente italiana. Non è dipeso
tuttavia solo dal saldo migratorio negativo (a causa del maggior numero di
italiani rientrati in Italia rispetto ai nuovi arrivati), ma anche
dall'incremento delle naturalizzazioni e dall'intensificarsi dell’integrazione
della seconda generazione. In entrambi i casi, la tendenza a considerare il
tedesco o il francese come lingua materna risultava sempre più diffusa anche
tra i titolari della sola cittadinanza italiana. La salvaguardia
dell’italianità diventerà per gli italiani, ma anche per molti svizzeri, una
sfida importante da non perdere.
Giovanni Longu
Berna 30.03.2022