Molti italiani residenti in Svizzera sanno quanto siano importanti nel passato e nel futuro di questo Paese i miti, non solo quelli antichi di Guglielmo Tell, Arnold von Winkelried, ecc., ma anche quelli moderni della neutralità, della democrazia diretta, della pace del lavoro, della collegialità, ecc. Essi contribuiscono, infatti, a garantire coesione a una realtà etnica, linguistica, culturale, confessionale, economica alquanto eterogenea, che rischierebbe facilmente, soprattutto in tempi di crisi, di dissolversi senza un collante forte. Gli stessi italiani sanno benissimo che i miti esistono anche in Italia, ma risulta difficile riconoscere loro la stessa funzione e la stessa efficacia che hanno quelli svizzeri. Eppure nessuno dubita che anche l’Italia avrebbe bisogno di maggiore coesione, solidarietà, sviluppo sostenibile, aiuto sociale e soprattutto di un forte collante tra nord e sud.
I miti svizzeri servono
molto
Berna,
mosaico della cupola del Palazzo federale con la croce svizzera e il motto «UNUS PRO OMNIBUS / OMNES PRO UNO» (uno per tutti, tutti per uno) |
Attualmente, in concomitanza
con la guerra in Ucraina, quello più discusso è il mito della neutralità, ma la
maggioranza e il governo federale sono dell’opinione ch'esso non vada abolito o
snaturato anche se risulta talvolta penalizzante, ma solo adeguato alle
circostanze, ad esempio per segnalare che la Svizzera è contro la guerra, ma
anche per chiarire ch'essa ha fatto una scelta di campo, quello dell’occidente
democratico, e intende restarci.
I miti inefficaci in Italia
Anche in Italia i miti non
mancano e proprio nella propaganda elettorale di questo periodo vengono
riproposti all'opinione pubblica, pur sapendo che non saranno mai così efficaci
come lo sono in Svizzera, per una semplice ragione: quasi tutti non sono nati
da esigenze popolari ma di
parte, a cominciare da quelli risorgimentali. Persino l’antifascismo, che ha
caratterizzato il secondo dopoguerra, non fa più presa nell'opinione pubblica.
Perché allora rievocarlo? Perché i miti consentono ai partiti di raccogliere
consensi attorno a ideali (anche se irrealizzabili).
I miti del centro-destra sono
noti: libertà garantita per tutti, pace fiscale tra cittadini e Stato
(considerato troppo invasivo), «tassa piatta» o flat tax («riduzione
della pressione fiscale per famiglie, imprese e lavoratori autonomi»!),
pensioni minime sufficienti per vivere dignitosamente, priorità dell’interesse
nazionale e lotta all'immigrazione clandestina, presidenzialismo, ecc.
Sono noti anche i miti della
sinistra, a cominciare da quello sulla superiorità (morale e politica) della
sinistra, della lotta alle disuguaglianze, della lotta alla povertà, delle
priorità di governo in caso di vittoria: scuola, lavoro, ambiente, diritti, a
cui si è aggiunto di recente quello della cosiddetta «agenda Draghi», ossia i
progetti che l’attuale governo aveva in animo di realizzare... se non fosse
caduto.
Come ben si sa i miti delle
destre non vanno bene alle sinistre e viceversa e già per questo saranno
inefficaci comunque vadano le prossime elezioni. Gli italiani non voteranno in
base ai miti, per altro generici e poco seducenti, ma in base alle proposte
concrete.
Miti credibili se
sostanziati
Per vincere, data la
situazione, una coalizione seria dovrebbe sostanziare i miti con elementi
credibili di realtà e fattibilità, dando risposte vincolanti, per esempio a
domande come queste: quanto intende investire la coalizione vincente nella
formazione e nella ricerca? Come intende stimolare lo sviluppo sostenibile?
Come pensa di ridurre il divario insostenibile tra nord e sud? Come intende
abbattere il debito pubblico (perché resta un tabù la patrimoniale?) e
contrastare l’evasione fiscale? Quando intende attuare una seria politica
d’immigrazione e d’integrazione degli stranieri, soprattutto della seconda generazione?
Quali politiche intende avviare per frenare la denatalità e promuovere il
benessere delle famiglie?
I miti servono non se sono
suggestivi, ma se migliorano la realtà!
Giovanni Longu
Berna, 17.8.2022