Molti studiosi dell’immigrazione
italiana in Svizzera nel periodo in esame (1950-1970) considerano la xenofobia
(la paura degli stranieri e in parte l’odio verso di essi), rappresentata dal
suo massimo esponente, James Schwarzenbach, il più grande pericolo incontrato
dagli immigrati italiani nel dopoguerra. In realtà la vera emergenza di quel
ventennio fu costituito non tanto dagli attacchi degli xenofobi, ma dalla seconda
generazione (ossia i figli nati in Svizzera da
genitori stranieri nati all’estero, come pure i figli nati all’estero e giunti
in Svizzera in età prescolastica o scolastica). Nessuno ne aveva previsto l’entità, le problematiche, le soluzioni.
La prima generazione
Gli italiani immigrati in Svizzera nel
dopoguerra, dapprima soprattutto donne e dalla fine degli anni Cinquanta
soprattutto uomini, erano generalmente giovani, non sposati e pensavano di tornare
definitivamente in Italia nel breve periodo. L’idea di fondare una famiglia in
Svizzera era inizialmente estranea alla maggior parte di essi. I figli
avrebbero potuto rappresentare un ostacolo all’ottenimento di un permesso di
lavoro e alla stabilizzazione della residenza (permesso di soggiorno annuale).
Già negli anni Cinquanta, tuttavia, divennero
sempre più frequenti non solo i matrimoni tra connazionali, ma anche i
matrimoni misti (fino al 1961 soprattutto tra svizzeri e italiane: 1714 nel
1950). Negli anni Sessanta i matrimoni di italiani aumentarono notevolmente, raggiungendo
il massimo storico nel 1969: 4561, cifra mai più superata. I matrimoni misti
avvenivano soprattutto tra italiani e svizzere (1343 nel 1968).
La seconda generazione
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Per la
seconda generazione il primo scoglio da superare è stato l’apprendimento della lingua locale (foto CISAP) |
Il numero di figli di nazionalità italiana
nati negli anni Cinquanta è relativamente basso: circa 30.000 in tutto il
decennio (compresi i nati da madre italiana non sposata: 2429). Negli anni
Sessanta, invece, i nati italiani furono oltre 157.000 (compresi i nati da
madre italiana non sposata: 4072). Il record fu raggiunto nel 1969 con ben 19.379
nascite. Per comprendere questo straordinario incremento è doveroso ricordare
che i cittadini italiani residenti in Svizzera erano 140.366 nel 1950 e 583.855
nel 1970.
Per capire pienamente l’emergenza della seconda generazione nel periodo
considerato va anche ricordato che dalla seconda metà degli anni Cinquanta
cominciarono a intensificarsi i ricongiungimenti familiari, grazie agli
interventi mirati delle autorità politiche e diplomatiche italiane e a un
ammorbidimento della politica svizzera in materia. Il
periodo di attesa per il ricongiungimento familiare, fissato a tre anni nel
1960, fu ridotto, con l’Accordo italo-svizzero del 1964, a 18 mesi di
ininterrotto soggiorno, purché l’interessato riuscisse a trovare un alloggio
adeguato.
Problematiche in cerca di soluzioni
A questo
punto è facile capire non solo la consistenza numerica della seconda
generazione, ma anche gli innumerevoli problemi ch’essa poneva a tutto il
sistema della migrazione. Basti pensare al fabbisogno di abitazioni per
accogliere le nuove famiglie, agli ospedali, ai centri commerciali, agli asili
nido, ai giardini d’infanzia, all’enorme problematica sulla formazione (scolarizzazione
in Svizzera o in Italia? Scuola privata italiana o scuola pubblica svizzera? Con
quale prospettiva professionale?), ai centri per il tempo libero, al problema
dell’integrazione per coloro che decidessero di restare, ai problemi che si venivano
a creare in famiglia, ecc.
Il tema
della xenofobia fu in parte alimentato dalla crescita esponenziale degli
immigrati e dei loro figli perché secondo molti svizzeri avrebbe potuto portare
entro pochi decenni a una superiorità non solo numerica degli stranieri sugli
svizzeri. Gli anni Sessanta non diedero le soluzioni ai vari problemi, ma
sicuramente hanno dato una preziosa indicazione sul metodo da seguire: tutte le
problematiche concernenti gli stranieri andavano affrontate e avviate a
soluzione partendo da una nuova politica nazionale ampiamente condivisa e
proattiva mirante all’integrazione linguistica, scolastica, professionale e
sociale della seconda generazione. Seguire questa indicazione è stata per la
Svizzera, a partire dagli anni Settanta, la strategia vincente. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 7 agosto 2019
Berna, 7 agosto 2019