07 agosto 2019

Immigrazione italiana 1950-1970: 22. La seconda generazione


Molti studiosi dell’immigrazione italiana in Svizzera nel periodo in esame (1950-1970) considerano la xenofobia (la paura degli stranieri e in parte l’odio verso di essi), rappresentata dal suo massimo esponente, James Schwarzenbach, il più grande pericolo incontrato dagli immigrati italiani nel dopoguerra. In realtà la vera emergenza di quel ventennio fu costituito non tanto dagli attacchi degli xenofobi, ma dalla seconda generazione (ossia i figli nati in Svizzera da genitori stranieri nati all’estero, come pure i figli nati all’estero e giunti in Svizzera in età prescolastica o scolastica). Nessuno ne aveva previsto l’entità, le problematiche, le soluzioni.

La prima generazione
Gli italiani immigrati in Svizzera nel dopoguerra, dapprima soprattutto donne e dalla fine degli anni Cinquanta soprattutto uomini, erano generalmente giovani, non sposati e pensavano di tornare definitivamente in Italia nel breve periodo. L’idea di fondare una famiglia in Svizzera era inizialmente estranea alla maggior parte di essi. I figli avrebbero potuto rappresentare un ostacolo all’ottenimento di un permesso di lavoro e alla stabilizzazione della residenza (permesso di soggiorno annuale).
Già negli anni Cinquanta, tuttavia, divennero sempre più frequenti non solo i matrimoni tra connazionali, ma anche i matrimoni misti (fino al 1961 soprattutto tra svizzeri e italiane: 1714 nel 1950). Negli anni Sessanta i matrimoni di italiani aumentarono notevolmente, raggiungendo il massimo storico nel 1969: 4561, cifra mai più superata. I matrimoni misti avvenivano soprattutto tra italiani e svizzere (1343 nel 1968).

La seconda generazione

Per la seconda generazione il primo scoglio da superare
è stato l’apprendimento della lingua locale (foto CISAP)
Il numero di figli di nazionalità italiana nati negli anni Cinquanta è relativamente basso: circa 30.000 in tutto il decennio (compresi i nati da madre italiana non sposata: 2429). Negli anni Sessanta, invece, i nati italiani furono oltre 157.000 (compresi i nati da madre italiana non sposata: 4072). Il record fu raggiunto nel 1969 con ben 19.379 nascite. Per comprendere questo straordinario incremento è doveroso ricordare che i cittadini italiani residenti in Svizzera erano 140.366 nel 1950 e 583.855 nel 1970.
Per capire pienamente l’emergenza della seconda generazione nel periodo considerato va anche ricordato che dalla seconda metà degli anni Cinquanta cominciarono a intensificarsi i ricongiungimenti familiari, grazie agli interventi mirati delle autorità politiche e diplomatiche italiane e a un ammorbidimento della politica svizzera in materia. Il periodo di attesa per il ricongiungimento familiare, fissato a tre anni nel 1960, fu ridotto, con l’Accordo italo-svizzero del 1964, a 18 mesi di ininterrotto soggiorno, purché l’interessato riuscisse a trovare un alloggio adeguato.

Problematiche in cerca di soluzioni
A questo punto è facile capire non solo la consistenza numerica della seconda generazione, ma anche gli innumerevoli problemi ch’essa poneva a tutto il sistema della migrazione. Basti pensare al fabbisogno di abitazioni per accogliere le nuove famiglie, agli ospedali, ai centri commerciali, agli asili nido, ai giardini d’infanzia, all’enorme problematica sulla formazione (scolarizzazione in Svizzera o in Italia? Scuola privata italiana o scuola pubblica svizzera? Con quale prospettiva professionale?), ai centri per il tempo libero, al problema dell’integrazione per coloro che decidessero di restare, ai problemi che si venivano a creare in famiglia, ecc.
Il tema della xenofobia fu in parte alimentato dalla crescita esponenziale degli immigrati e dei loro figli perché secondo molti svizzeri avrebbe potuto portare entro pochi decenni a una superiorità non solo numerica degli stranieri sugli svizzeri. Gli anni Sessanta non diedero le soluzioni ai vari problemi, ma sicuramente hanno dato una preziosa indicazione sul metodo da seguire: tutte le problematiche concernenti gli stranieri andavano affrontate e avviate a soluzione partendo da una nuova politica nazionale ampiamente condivisa e proattiva mirante all’integrazione linguistica, scolastica, professionale e sociale della seconda generazione. Seguire questa indicazione è stata per la Svizzera, a partire dagli anni Settanta, la strategia vincente. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 7 agosto 2019