19 agosto 2020

Immigrazione italiana 1970-1990: 22. Il contributo delle Chiese

Negli sforzi per l’integrazione degli immigrati il contributo delle Chiese fu enorme. Se ne parla poco perché una diffusa opinione, anche tra gli storici e ricercatori, considera l’influenza delle istituzioni ecclesiali di natura esclusivamente religiosa e privatistica. Si sa invece che le Chiese cristiane, in quanto organizzazioni di diritto pubblico (tranne che nei Cantoni di Ginevra e Neuchâtel) hanno in Svizzera una grande importanza politica, sociale e persino economica. Nei riguardi degli italiani, tradizionalmente cattolici, è stata specialmente la Chiesa cattolica a interessarsene fin dai tempi dei grandi lavori ferroviari, ma anche le Chiese protestanti sono spesso intervenute in loro favore.

Le Chiese contro la xenofobia e il razzismo

Sede attuale della Missione cattolica di lingua italiana di Berna.

Dagli anni Sessanta del secolo scorso le Chiese, quella cattolica e quelle protestanti, misero più volte in guardia contro la xenofobia e il pericolo razzista, ma apparve chiaro a tutte le istituzioni contrarie ai movimenti xenofobi che solo un cambiamento significativo della politica immigratoria svizzera avrebbe potuto impedire il loro dilagare in tutta la Svizzera. Per raggiungere la forza di contrasto sufficiente era però indispensabile un’efficace sinergia tra Confederazione, Cantoni, Comuni, Chiese, associazioni padronali e sindacali, associazioni di immigrati e cittadini svizzeri.

Questa unità d’intenti c’è stata e garantì la sconfitta sistematica delle principali iniziative antistranieri, ma anche un sostanziale miglioramento della legislazione e delle buone pratiche nei confronti degli stranieri. Il contributo delle Chiese, come accennato, è stato enorme sia in sede politica (per esempio con l’impegno dei parlamentari cattolici e protestanti durante i dibattiti riguardanti la politica immigratoria nelle camere federali, nelle consultazioni sui disegni di legge, nelle prese di posizione) che nell’opinione pubblica (interventi nei media e nelle attività ecclesiali in favore di una società più accogliente, più dialogante, più umana).

Il contributo delle Missioni cattoliche italiane

Per gli immigrati italiani dei primi decenni del secondo dopoguerra le Missioni cattoliche italiane (MCI) hanno svolto un ruolo straordinario, complesso ed efficace. E’ vero che il «luogo» ordinario della liturgia e della pratica religiosa anche per gli stranieri è la chiesa locale (svizzera), ma allora era del tutto evidente, anche solo per le difficoltà linguistiche di comunicazione, che gli italiani non potevano usufruire a pieno delle strutture ecclesiali svizzere (comprese quelle riguardanti l’associazionismo, l’assistenza, la formazione, ecc.) e anche i vescovi svizzeri sostennero l’importanza del ruolo sussidiario delle Missioni.

Di fatto la rete delle MCI ebbe uno sviluppo straordinario per riuscire a soddisfare non solo i bisogni di carattere religioso di una popolazione in costante crescita, ma anche altri bisogni individuali e collettivi riguardanti l’assistenza sociale, l’organizzazione del tempo libero, il disbrigo di pratiche burocratiche, la scuola per i figli degli immigrati temporanei, ecc. Per decenni le MCI hanno svolto anche un importante ruolo nella formazione di una coscienza sociale, nel miglioramento professionale, nell’integrazione.

Dialogo costruttivo

Col tempo, tra le organizzazioni di vertice (Conferenza dei vescovi svizzeri e Federazione delle Chiese evangeliche), ma anche tra MCI e chiese locali, è andato intensificandosi un dialogo costruttivo, che ha portato dapprima a superare vecchi contrasti risalenti alle lotte di religione (fino al Sonderbund del 1847-48 e al Kulturkampf del 1871-74) e successivamente a sviluppare un’ampia collaborazione, di cui hanno sicuramente beneficiato anche gli immigrati. Basti pensare all’impegno comune contro la xenofobia e il razzismo, al sostegno di misure volte a migliorare le condizioni esistenziali degli stranieri (iniziativa «essere solidali» del 1981, ricongiungimenti familiari, matrimoni misti, scolarizzazione dei bambini, formazione professionale, integrazione, partecipazione, ecc.).

Ritenere che la collaborazione tra cattolici e protestanti sia stata sempre facile sarebbe un errore, ma sarebbe altrettanto sbagliato ritenere che il Cristianesimo non abbia influito positivamente nel progressivo miglioramento della convivenza tra svizzeri e stranieri. Il dialogo non ha garantito solo la pace religiosa, ma anche lo sviluppo di una società multiculturale più aperta e solidale, più umana. (Segue)

Giovanni Longu
Berna, 19 agosto 2020